Gli studi sulla cui base sono state concesse le autorizzazioni alla commercializzazione in Europa del glifosato sono attendibili? Per la prima volta, due ricercatori austriaci hanno avanzato dubbi sulla qualità delle analisi utilizzate dall’Unione europea per accordare i via libera all’erbicida con il quale viene prodotto dalla Monsanto, oggi Bayer: il Roundup.
Il glifosato autorizzato in Europa fino alla fine del 2022
Come noto, il glifosato è l’erbicida più diffuso al mondo. Nei paesi membri dell’Ue il suo uso è autorizzato fino al mese di dicembre del 2022, grazie ad una decisione giunta nel 2017 da parte della Commissione di Bruxelles. Ma già si parla del “poi”: nello scorso mese di giugno quattro stati membri hanno fornito i primi risultati sulle valutazioni che potrebbero consentire al glifosato di essere utilizzato nei campi agricoli europei per un ulteriore quinquennio.
Corporate studies asserting herbicide safety show many flaws, new analysis finds.
— Health and Environment Alliance (HEAL) (@HealthandEnv) July 3, 2021
Secondo quanto rivelato dai quotidiani Le Monde, The Guardian, Der Spiegel, De Standaard, tuttavia, la maggior parte dei 53 studi che sono stati forniti all’Unione europea per prendere la decisione non risponderebbero a sufficienti criteri qualitativi. Si tratta di una notizia di particolare importanza, non soltanto perché avanza dubbi sull’attendibilità delle analisi, ma anche perché, finora, queste ultime erano rimaste totalmente segrete.
“La maggior parte degli studi forniti all’Unione europea è un disastro”
Nessuno, prima dei due ricercatori austriaci – tossicologi specializzati in oncologia dell’Istituto per la ricerca sul cancro dell’università di Vienna – aveva dunque potuto verificare i documenti. E il giudizio, appunto, è senza appello: “Qualcuno di tali studi è accettabile, ma la maggior parte è un disastro”, hanno spiegato. D’altra parte, una quota di tali studi è stata realizzata dalle stesse aziende che producono i pesticidi: difficile immaginare che possano essere davvero indipendenti.
A destare ulteriori dubbi è inoltre uno studio francese, condotto dall’Istituto nazionale della salute e della ricerca medica (Inserm). Le conclusioni alle quali sono giunti i ricercatori indicano che esistono “forti sospetti” di un legame tra l’esposizione al glifosato e l’insorgere di sei malattie gravi: tre tipi di tumori (alla prostata, linfomi non Hodgkin e mielomi multipli), Parkinson, disturbi cognitivi e la broncopneumopatia cronica ostruttiva.
📢 L'INSERM établit une "présomption forte" de lien entre le #chlordecone et les cancers de la prostate ; des liens étant par ailleurs établis entre différents #pesticides dont le #glyphosate et les leucémies pour les enfants.
Una decisione definitiva su un possibile rinnovo delle autorizzazioni per il glifosato dovrà esser resa entro la fine del prossimo anno. La battaglia a colpi di studi e rapporti è dunque appena cominciata. La speranza è che chi assume decisioni lo faccia sulla base di un principio di precauzione.
Nonostante studi contrastanti sugli impatti sanitari, e malgrado la divisione dei paesi membri, l’Unione europea ha autorizzato ancora l’uso di glifosato.
Gli attivisti di Pan Uk spiegano come i pesticidi contribuiscono a causare i cambiamenti climatici e come l’aumento di temperatura richieda, a sua volta, un maggiore impiego di pesticidi.
Secondo l’Efsa, il glifosato non soddisfa i criteri scientifici per essere classificato come cancerogeno, mutogeno o reprotossico. Perché le ong ambientaliste non sono d’accordo.