Dall’inizio dell’offensiva gli attacchi israeliani su Gaza hanno causato oltre 23mila morti, di cui il 40 per cento bambini.
A novembre esperti dell’Onu hanno parlato di un “rischio genocidio” e poi di “atti di genocidio”.
Ora la Corte dell’Aja è chiamata a pronunciarsi sulla denuncia del Sudafrica, supportata da diversi stati.
Giovedì 11 gennaio è iniziata la prima udienza della Corte internazionale di giustizia dell’Aja sull’accusa di genocidio contro Israele. La denuncia è stata presentata a fine dicembre dal Sudafrica, che ha annunciato la sua opposizione in sede giuridica al massacro in corso a Gaza e ha ottenuto il sostegno di diversi paesi arabi, oltre che di Cile e Brasile.
Il procedimento potrebbe durare anni e fino a ora la Corte, che ha compito di dirimere le controversie tra stati ed emette pronunce vincolanti, non ha mai condannato alcuno stato per genocidio. Nel frattempo nel giro di poco tempo i giudici dell’Aja potrebbero emettere una richiesta di cessate il fuoco nei confronti di Israele che nel concreto avrebbe poco valore visto che sistematicamente gli stati ignorano le sue pronunce, ma che potrebbe contribuire a ridefinire il posizionamento della comunità internazionale e dell’opinione pubblica sull’offensiva nella Striscia di Gaza.
Il Sudafrica accusa Israele di genocidio
A fine dicembre il Sudafrica ha presentato alla Corte internazionale di giustizia dell’Onu un dossier di denuncia di 84 pagine nei confronti di Israele. L’accusa è di atti di genocidio nei confronti del popolo palestinese, nell’ambito dell’offensiva via aerea, terra e mare avviata da Tel Aviv sulla Striscia di Gaza il 7 ottobre 2023, a seguito dell’attacco di Hamas.
South Africa’s justice minister Ronald Lamola outlined the country’s genocide case against Israel, as a landmark hearing opened at the International Court of Justice ⤵️ pic.twitter.com/AvlM8BwhQI
“La nostra opposizione al massacro in corso della popolazione di Gaza ci ha spinto come paese a rivolgerci alla Corte internazionale di giustizia, come popolo che ha assaggiato i frutti amari dell’espropriazione, della discriminazione, del razzismo e della violenza sponsorizzata dallo Stato, siamo chiari sul fatto che staremo dalla parte giusta della storia”, sono state le parole del presidente sudafricano Cyril Ramaphosa. Dichiarazioni che ricordano quelle dello storico leader sudafricano premio Nobel per la Pace, Nelson Mandela, che nel 1997 disse: “Sappiamo bene che la nostra libertà è incompleta senza la libertà dei palestinesi”.
Del fatto se Israele stia compiendo un genocidio o meno nella Striscia di Gaza se ne discute da mesi. Dall’inizio dell’offensiva gli attacchi israeliani hanno causato oltre 23mila morti, di cui il 40 per cento bambini. Circa la metà degli edifici sono andati distrutti e tra le vittime ci sono centinaia tra giornalisti, medici e membri dello staff delle Nazioni Unite.
Drone footage over Gaza on 1/8 shows the scale of the devastation after 90 days of relentless bombardment by Israel.
— Palestinian Youth Movement (@palyouthmvmt) January 9, 2024
A novembre esperti dell’Onu hanno parlato di un “rischio genocidio” in corso, mentre qualche settimane più tardi dalle Nazioni Unite si è parlato espressamente di “atti di genocidio”. Proprio a inizio 2024 l’organizzazione per i diritti umani Law for Palestine ha pubblicato un dossier con oltre 500 dichiarazioni di rappresentanti politici e militari di Israele che hanno una retorica genocida e alcune di queste frasi si trovano anche nel documento presentato dal Sudafrica all’Aia. Per esempio, la dichiarazione del presidente israeliano Isaac Herzog secondo cui “non ci sono palestinesi innocenti”.
Che cosa aspettarsi dalla Corte
Giovedì 11 ottobre sono iniziati i lavori della Corte Internazionale di Giustizia nella causa sudafricana contro Israele. Da una parte si lavora sull’accusa di genocidio, per cui potrebbero volerci anni per arrivare a una condanna che finora non c’è mai stata da parte dei giudici dell’Aia nei confronti di uno stato. Dall’altra – ed è su questo che si concentreranno le prime udienze – c’è la richiesta da parte del Sudafrica di arrivare a una sentenza che ordini l’interruzione delle operazioni militari israeliane sulla Striscia di Gaza. Per arrivarci ci potrebbe volere poco tempo.
Per la prima volta nella sua storia Israele ha deciso di presenziare alle udienze con un proprio team legale molto esperto. Come sottolinea il New York Times, questo “attesta la gravità dell’accusa e l’alta posta in gioco per la sua reputazione internazionale”. Non è infatti tanto la condanna in sé a preoccupare Israele, dal momento che le sentenze della Corte sono sì vincolanti, ma vengono costantemente disattese. Per esempio, anche la Russia di Putin nel 2022 ha ricevuto ordine di sospendere le sue operazioni in Ucraina, che sono state disattese senza grandi conseguenze concrete. Ma per Israele il tema rilevante è come uscirà da questo processo in termini di opinione pubblica. Se le sue ragioni non venissero accolte dai giudici, il quadro internazionale sarebbe ancora più compromesso di quanto non sia ora.
🇿🇦 South Africa's case against Israel 🇮🇱 at the International Court of Justice has been supported by the following states and international organizations:
🇧🇩 Bangladesh 🇧🇴 Bolivia 🇧🇷 Brazil 🇨🇴 Colombia 🇯🇴 Jordan 🇲🇾 Malaysia 🇲🇻 Maldives 🇳🇦 Namibia 🇳🇮 Nicaragua 🇵🇰 Pakistan 🇵🇸…
Ad aggiungere pressione c’è il fatto che dopo il sostegno al Sudafrica di vari paesi arabi, nelle ultime ore è arrivata la presa di posizione di altri paesi contro Tel Aviv. Il Brasile di Lula ha diramato un comunicato ufficiale in cui viene dato sostegno all’iniziativa sudafricana davanti alla Corte dell’Onu. Anche il Cile ha annunciato che si rivolgerà alla Corte penale internazionale per chiedere un’indagine sull’operato israeliano nella Striscia di Gaza. E supporto è arrivato anche da paesi come Bolivia, Malesia e Venezuela. Israele, insomma, rischia di trovarsi sempre più isolata. Anche gli Stati Uniti, che hanno ribadito che le accuse di genocidio siano infondate, da qualche settimana chiedono con più insistenza a Tel Aviv il rispetto del diritto internazionale. Segno che qualcosa sta cambiando rispetto ai mesi scorsi nel modo in cui l’offensiva su Gaza è vista dalla comunità internazionale, alleati compresi.
La versione di Israele
Il 12 gennaio è toccato a Israele prendere parola davanti ai giudici della Corte internazionale di giustizia. Il team legale ha rispedito al mittente le accuse di genocidio, definendole “completamente distorte”. E ha aggiunto che l’unico genocidio nell’area è stato “quello di Hamas compiuto il 7 ottobre”.
Il governo di Israele ha poi puntato il dito contro il Sudafrica, definendolo il “braccio giuridico di Hamas”. E il premier Benjamin Netanyahu, prima dell’avvio dell’udienza, ha messo in chiaro che le operazioni militari nella Striscia di Gaza andranno avanti e che il paese non si farà intimidire dal procedimento giudiziario in corso.
Abbiamo parlato con l’associazione che riunisce i familiari degli ostaggi israeliani nelle mani di Hamas, che da mesi guida le proteste contro Netanyahu.
La risoluzione del Consiglio di sicurezza Onu ordina il rilascio degli ostaggi, il ritiro delle truppe israeliane e la ricostruzione di Gaza. Israele la ignora.
Israele ha accusato dodici dipendenti dell’Unrwa su 13mila (0,09 per cento) di avere legami con Hamas. Molti paesi hanno sospeso i finanziamenti all’agenzia Onu.
Mentre si intensifica l’offensiva israeliana nel sud di Gaza, a nord sono in corso i rastrellamenti nelle case. Ma gli Usa mettono il veto al cessate il fuoco.
Numerose ong hanno sottolineato la situazione drammatica della popolazione palestinese a Gaza, chiedendo a Israele di rispettare il diritto umanitario.
Il presidente Biden ha annunciato nuovi aiuti all’agenzia Onu per la Palestina, sconfessando la sospensione dei finanziamenti voluta da Trump nel 2018.