La crisi umanitaria in Sudan si aggrava a causa della carestia e del colera

Per l’Oms il bilancio delle vittime della guerra in Sudan supera le 20mila vittime. Ad aggravare la situazione ci sono la carestia e l’epidemia di colera.

Il bilancio della guerra in corso in Sudan da aprile 2023 ha causato più di 20mia morti. Così ha dichiarato Tedros Adhanom Ghebreyesus, direttore generale dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), ha dichiarato, durante il suo viaggio ufficiale a Port Sudan a inizio settembre. A diciannove mesi dall’inizio della guerra sono morte più di 23mila persone, secondo l’ultimo report dell’Armed conflict location and event data project (Acled), che ritiene questa cifra una sottostima.

Il conflitto ha creato la più grande crisi umanitaria per numero di rifugiati al mondo. Secondo l’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim), più di 13 milioni di persone sono fuggite dalle loro case dall’inizio dei combattimenti, di cui oltre 2,3 milioni si sono rifugiate nei paesi confinanti.

Questa guerra, oltre ad aver colpito in tempi molto rapidi tutto il territorio nazionale, è caratterizzata dalle accuse di crimini di guerra e contro l’umanità, in particolare nella regione del Darfur. Entrambe le fazioni in conflitto sono state accusate dalla Corte penale internazionale di stare commettendo gravi violazioni, tra cui stupri di massa, pulizia etnica e arruolamento di bambini soldato. A inizio settembre, un team di esperti dei diritti umani sostenuti dalle Nazioni Unite ha sollecitato la creazione di una “forza indipendente e imparziale” per proteggere i civili e l’ampliamento dell’embargo sulle armi per proteggere i civili nell’escalation del conflitto, e sottolineato che nell’ultimo mese si è raggiunto un nuovo record di violenze.

La carestia aggrava la situazione umanitaria

Il conflitto tra i generali al-Burhan e Hemedti hanno portato il paese nella peggiore carestia degli ultimi 40 anni. In questi 19 mesi di conflitto, entrambe le fazioni hanno utilizzato il cibo e gli aiuti umanitari come arma da guerra. A causa del conflitto, 25 milioni di persone, più della metà della popolazione del Paese, vivono in condizioni di fame acuta. Secondo diverse agenzie umanitarie, più di due milioni di sudanesi potrebbero morire entro la fine dell’anno.

Nelle aree in cui il cibo è disponibile, le estorsioni e gli attacchi ai commercianti ai posti di blocco hanno fatto aumentare i prezzi. Sono diverse le testimonianze di donne costrette ad avere rapporti sessuali con i soldati dell’esercito regolare, le Saf, in cambio di cibo.

La carestia è stata dichiarata nel campo di Zamzam, che ospita circa 500mila sfollati vicino alla città assediata di El Fasher, la capitale dello stato del Nord Darfur, la regione ormai sotto assedio da mesi e la Rsf stanno bloccando l’arrivo degli aiuti umanitari. C’è una possibilità realistica di carestia anche in altre aree del Sudan, ma le cifre precise sono difficili da confermare. Il mese scorso, l’esercito regolare ha accettato di aprire il valico di frontiera di Adré dal Ciad per un periodo di tre mesi, ma le agenzie umanitarie internazionali hanno riferito che l’esercito ha complicato l’arrivo degli aiuti dando le autorizzazioni che assicurano l’ingresso solo a poche spedizioni.

La drammatica situazione umanitaria è stata discussa in questi giorni all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Joyce Msuya, sottosegretaria generale ad interim per gli Affari umanitari e coordinatore degli aiuti di emergenza (Ocha), ha invitato gli Stati membri a esercitare tutta l’influenza possibile per porre fine alla crisi in Sudan. Msuya ha sollecitato gli Stati ad attivarsi diplomaticamente affinché si aumenti l’assistenza e l’accesso degli aiuti umanitari attraverso il valico aperto al confine con il Ciad, senza introdurre nuove procedure che potrebbero ostacolare le operazioni.

I focolai di colera

Ad aggravare la già drammatica situazione nel paese c’è l’epidemia di colera che ha colpito il Sudan centrale e orientale, portando ulteriori rischi per la salute e vittime. Le autorità sudanesi hanno dichiarato lo scoppio dell’epidemia ad agosto negli stati di Kassala, Gedaref, del Nilo, ad Al Jazirah e nella capitale Khartoum. Secondo il Ministero della Sanità, sono stati segnalati oltre 18mila casi e 545 decessi. Nella seconda metà di agosto i casi settimanali si sono moltiplicati per quattro.

Nei mesi estivi, la zona centrale e orientale del Sudan è stata colpita da forti alluvioni che hanno causato lo sfollamento di 27mila persone e hanno aggravato lo stato in cui vivono le popolazioni già sfollate. Le inondazioni e l’inadeguato accesso all’acqua potabile ha creato le condizioni per la diffusione del colera. A Kassala, ad esempio, le forti piogge e le inondazioni del fiume hanno distrutto le infrastrutture idriche e igienico-sanitarie, mettendo le comunità di sfollati interni e i rifugiati eritrei ed etiopi presenti nell’area in condizioni di vita ancora più terribili.

Il colera aggiunge un’altra sfida alla crisi in Sudan e un ulteriore peso al sistema sanitario decimato, che già lotta con la crescente malnutrizione infantile, l’alto numero di feriti di guerra e le malattie. Ostacolata regolarmente da entrambe le parti in guerra, la risposta umanitaria rimane molto al di sotto delle necessità.

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