La stagione delle piogge si è intensificata, aggravando la tremenda crisi umanitaria causata dallo scoppio della guerra civile in Sudan.
Le piogge incessanti non danno tregua alla popolazione del Sudan, già in ginocchio dopo quasi sedici mesi di sanguinosa guerra civile. Le ultime piogge hanno provocato morti e feriti nel nordest del Paese, compromettendo pesantemente i raccolti e costringendo decine di migliaia di persone a lasciare le proprie abitazioni. Gli effetti devastanti della stagione delle piogge – a cui da tempo le organizzazioni internazionali invitavano a prestare attenzione – sono sale sulla ferita della guerra civile in corso tra l’esercito nazionale e le forze paramilitari, che ha portato il Paese sull’orlo del baratro.
Le piogge e la guerra nel Sudan allo stremo
Sono diciassette le vittime contate sino ad ora dalle autorità sudanesi a Abou Hamad, un piccolo villaggio situato nello stato del Nilo, a 400 chilometri a nordest di Khartoum. Secondo quanto riportato dalle organizzazioni attive sul luogo per prestare soccorsi, le piogge incessanti hanno causato il crollo di migliaia di case, lasciando senza elettricità i pochi edifici ancora agibili.
Secondo quanto riferito dal ministro delle Infrastrutture, Samir Saad, le case crollate a causa delle alluvioni sarebbero circa 11.500. I xdati resivi noti dalle Nazioni Unite parlano di oltre 21.000 persone sfollate a partire da giugno, la maggior parte delle quali risiede in zone pesantemente interessate dai combattimenti.
Nel fine settimana un simile situazione si era verificata nello stato di Cassala, nella parte orientale del Paese. Nella città omonima si erano riversate oltre diecimila persone vittime della guerra civile, che affollavano edifici stracolmi in assenza di misure di sicurezza sanitaria e alimentare. L’arrivo delle piogge ha allagato buona parte degli edifici, aggravando ulteriormente la situazione.
Il primo anno di una guerra di cui si parla troppo poco
Le piogge battono sui combattimenti iniziati nell’aprile del 2023, che vedono contrapposti l’esercito sudanese guidato dal generale Abdel Fattah al-Burhane e le Forze di supporto rapido, un gruppo paramilitare guidato dal suo ex vice, il generale Mohamed Hamdane Daglo. A seguito dei combattimenti circa 765.000 persone si sono rifugiate nello stato di Gadaref – a sudest – mentre a Cassala sarebbero più di 255.000 secondo le Nazioni Unite. Dopo i recenti scontri nello stato di Sennar, gli sfollati sarebbero oltre 165.000, molti dei quali si sono spostati a piedi sotto la pioggia in cerca di un luogo sicuro.
Secondo l’ultimo rapporto pubblicato un settimana fa dall’Ufficio delle Nazioni Unite per il Coordinamento degli Affari Umanitari a un anno dallo scoppio del conflitto, sarebbero oltre 25 milioni le persone in bisognose di assistenza e supporto umanitario, mentre quasi 800.000 mila risultano prossime alla carestia. Fra queste, l’Onu stima oltre 14 milioni di bambini. Complessivamente sono 10,7 milioni di persone – più del 16 per cento della popolazione totale – quelle fuggite dalle loro case all’inizio del conflitto in cerca di rifugio nelle città o nei Paesi vicini. Un’ecatombe a cui le piogge torrenziali previste fino a settembre non sembrano dare tregua.
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