Secondo la Corte costituzionale la sugar tax sulle bevande analcoliche edulcorate è pienamente legittima e risponde anche a una esigenza sociale.
- Secondo la Corte costituzionale la sugar tax sulle bevande analcoliche edulcorate è pienamente legittima e risponde anche a una esigenza sociale.
- La tassa, ricorda la Consulta, è stata introdotta nel 2019 seguendo le linee guida dell’Organizzazione mondiale per la sanità e consente di risparmiare sulle spese sanitarie.
- Peccato che dal 2019, come la plastic tax, sia sempre stata rimandata: l’entrata in vigore adesso è prevista per il 1 luglio 2024.
Più che una tassa, una raccomandazione a occuparsi della propria salute: secondo la Corte Costituzionale, la sugar tax, introdotta dalla legge di bilancio del 2020 (approvata a fine 2019), non solo è del tutto costituzionale, ma ha una funzione sociale perché serve a scoraggiare le persone a consumare tutte quelle bevande analcoliche che, per l’elevata presenza di zuccheri e anidride carbonica, fanno male alla salute e sono fattori di rischio per patologie serie come il diabete e l’obesità, come indicato direttamente dall’Organizzazione mondiale della Sanità.
La sugar tax fa bene al fisico più che al fisco
Con queste motivazioni, la Consulta ha bocciato un ricorso presentato dal Tar del Lazio, che aveva censurato la sugar tax per violazione del principio di eguaglianza tributaria. Secondo il tribunale amministrativo infatti la tassa andrebbe a colpire solo alcune bevande analcoliche, in maniera discriminatoria: succhi di frutta e di ortaggi e legumi, non fermentati, senza aggiunta di alcol, addizionati di zuccheri o di altri dolcificanti; nonché acque, comprese quelle minerali e gassate, con aggiunta di zucchero o di altri dolcificanti o di aromatizzanti, ottenute con l’aggiunta di edulcoranti, di origine naturale o sintetica, e ovviamente tutti i tipi di cola in commercio, e non anche altri prodotti alimentari diversi dalle bevande contenenti le medesime sostanze.
Nel respingere il ricorso, la Corte ha ritenuto che la scelta disincentivante del legislatore nei confronti delle bevande dolcificate – operata con l’introduzione della citata tassa non tanto “per fare cassa” ma per motivi sanitari – non risulta né irragionevole, né arbitraria, né ingiustificata: questo perché il perimetro della sugar tax è stato disegnato raccogliendo proprio l’invito dell’Oms, contenuto nel suo Rapporto del 2015 Fiscal policies for diet and prevention of noncommunicable diseases, ad introdurre una specifica tassazione delle bevande analcoliche prodotte con l’aggiunta di sostanze dolcificanti di origine naturale o sintetica, anche in virtù dei risultati, attestati dalla medesima organizzazione e da studi scientifici realizzati nei numerosi Paesi in cui la sugar tax viene applicata da tempo. Al 2020 nell’area definita dall’Oms come Zona Europa, che comprende oltre 53 paesi, la sugar tax era stata inserita in 10 Paesi, e si erano registrate diminuzioni nei consumi già a partire dai primi mesi. Di conseguenza, ha proseguito la Corte, “la medesima giustificazione scientifica risulta sufficiente a impedire che i prospettati profili di omogeneità, rispetto alle citate bevande, di altri prodotti alimentari edulcorati raggiungano una soglia di evidenza tale da rendere arbitraria, e quindi irragionevolmente discriminatoria, la scelta impositiva del legislatore”.
Per onore di cronaca Assobibe, l’associazione di categoria che rappresenta e assiste le imprese che producono e vendono bevande analcoliche in Italia e che ovviamente contesta la decisione, afferma invece che in mercati con tasse sulle bevande analcoliche come Messico, Finlandia, Cile, Regno Unito, Francia e Irlanda i tassi di obesità sono in crescita, “a dimostrazione che la tassa non si traduce in un miglioramento della dieta”.
Compensare le spese sanitarie
Certo una ragione economica, dietro all’introduzione della sugar tax, c’è, ammette la Corte Costituzionale, ma non è tanto guadagnare sull’acquisto di bevande dannose per la salute dei cittadini, quanto disincentivarne un eccessivo utilizzo “che può generare un aggravio di spesa pubblica, connesso alla conseguente necessità di assicurare appropriate cure attraverso il Servizio sanitario nazionale”: in pratica, meno bevande dolci beviamo, più restiamo in salute, meno avremo bisogno di ricorrere a cure apparentemente gratuite ma in realtà finanziate tramite la fiscalità generale, ovvero tutte le altre tasse.
Il problema, semmai, è un altro, ricorda la Corte costituzionale tra le righe, ed è questo: di fatto, anche se esiste da 5 anni, la sugar tax, che ammonterebbe a 10 euro per ogni ettolitro per bevande già pronte oppure 0,25 euro per ogni chilogrammo se si tratta di concentrati da diluire, non è ancora mai stata applicata a causa di reiterate proroghe, così come la plastic tax, che invece consta di 0,45 centesimi di euro per ogni chilo di prodotti di plastica monouso venduto: entrambe, al momento, dovrebbero finalmente scattare il 1 luglio prossimo.
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