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Sulle Alpi si torna indietro di 50 anni, presentato un piano per uccidere i lupi
Per difendere il bestiame in alcune regioni alpine potrebbe essere applicata una deroga alla legge europea che protegge il lupo, autorizzandone la caccia.
I lupi (Canis lupus italicus) in Italia hanno rischiato di scomparire per sempre, vittime di una visione arcaica che li voleva nemici giurati dell’uomo e quindi abbattuti senza remore. Si sono dovuti rintanare nelle zone più aspre e inaccessibili dell’Appennino, ma oggi, complici le misure di protezione, l’aumento delle prede e lo spopolamento delle aree pedemontane, i lupi sono tornati a popolare la penisola.
Eppure il ritorno del predatore più amato e temuto ha dato luogo a nuovi casi di intolleranza e conflitto. Dal 2013 ad oggi, secondo i dati di Legambiente, sono stati trovati morti per cause non naturali ben 115 lupi. Oltre il 40 per cento degli animali è stato vittima di arma da fuoco, alcuni sono stati uccisi dal veleno o dai lacci, mentre il restante 45,6 per cento dei decessi è dovuto a investimento stradale.
“È una vera e propria persecuzione, alimentata da castelli di false credenze e pregiudizi, a danno di una specie importantissima della nostra fauna selvatica”, si legge nel comunicato di Legambiente. Come se non bastassero le uccisioni illegali c’è chi propone di riaprire la caccia al lupo per contenerne la popolazione.
Sulle Alpi, nonostante il numero di esemplari sia esiguo (circa 150), il lupo viene considerato una minaccia per il bestiame. L’Unione Zoologica italiana, per conto del Ministero dell’Ambiente, sta dunque studiando un piano per ridurre il conflitto tra questi predatori e gli allevatori. L’approvazione del piano, che prevede una deroga alla direttiva europea che protegge il lupo, spetterà poi al Ministero dell’Ambiente e alle regioni coinvolte.
Il progetto è stato presentato lo scorso 21 gennaio a Cuneo, in occasione del convegno “La popolazione di lupo sulle Alpi: status e gestione”, organizzato nell’ambito di Life WolfAlps, progetto europeo di studio sul lupo, in collaborazione con il ministero dell’Ambiente, la Delegazione della Convenzione delle Alpi e Alparc.
L’effettivo contenuto del piano non è ancora chiaro, ne è stata presentata solo una bozza, non è in ogni caso possibile fissare un numero di “sfoltimento” basato su calcoli percentuali, considerato che il numero dei lupi è basso. Ogni eventuale abbattimento verrà dunque valutato caso per caso e, se il piano venisse approvato, potranno essere uccisi i lupi “colpevoli” di aggressività verso greggi o animali domestici, laddove si siano rivelate inefficaci tutte le altre difese.
Se da un lato il coinvolgimento di Luigi Boitani, titolare della cattedra di Biologia della conservazione ed ecologia animale all’Università La Sapienza di Roma, vera e propria autorità in materia di lupi, può essere una garanzia, dall’altro è forte il timore dell’interpretazione arbitraria di tale proposta che potrebbe dare la stura ad una nuova persecuzione nei confronti di queste splendide ed elusive creature. La caccia, lo testimonia il conflitto con altre specie, non è mai una soluzione.
Anche il Wwf ha espresso la propria contrarietà all’eventualità di riaprire la caccia al lupo. “Sebbene la popolazione nazionale del lupo possa essere in rapida ripresa, non esistono ancora dati scientificamente robusti sulla distribuzione ed abbondanza del carnivoro in Italia che attestino il raggiungimento di una sua condizione sicuramente favorevole nel lungo periodo – si legge nel comunicato del Wwf – recentemente è stato confermato che sulle Alpi il lupo è ancora lungi da essere fuori pericolo”.
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