I sussidi pubblici globali ai combustibili fossili sono quasi raddoppiati nel 2021, raggiungendo la cifra di 700 miliardi di dollari. È il risultato dell’analisi fatta dall’Agenzia internazionale dell’energia (Iea). Dopo la pandemia da Covid-19, i sussidi sono aumentati vertiginosamente: da una parte, quindi, i governi iniettano soldi pubblici per proteggere i cittadini dall’aumento dei prezzi dell’energia, dall’altro sostengono economicamente i profitti delle compagnie di gas e petrolio. E a causa del protrarsi della guerra in Ucraina, si prevede che nel 2022 i sussidi aumenterannoulteriormente.
Da vantaggio a svantaggio: un meccanismo che distorce il mercato
L’analisi dell’agenzia copre 51 paesi chiave e rappresenta l’85 per cento dell’approvvigionamento energetico totale del mondo. L’Iea aveva affermato, nel maggio 2021, che se i paesi vogliono raggiungere gli obiettivi climatici non devono essere autorizzati nuovi progetti di estrazione e produzione di combustibili fossili.
Ma, a causa degli incentivi, estrarre petrolio e gas conviene. Inoltre, la ricerca mostra come la maggior parte di questi incentivi sia stata utilizzata per ridurre il prezzo finale dell’energia, quello che grava sulle tasche dei consumatori. Quella che può sembrare una misura a vantaggio dei cittadini, si dimostra invece un meccanismo che distorce il mercato: secondo l’Iea, infatti, ciò avvantaggia le famiglie più ricche, che sono anche quelle che utilizzano più energia, invece che sostenere i redditi più bassi.
L’unica soluzione sono le energie da fonti rinnovabili
“Le sovvenzioni ai combustibili fossili sono un ostacolo per un futuro più sostenibile. Un aumento degli investimenti in tecnologie e infrastrutture per l’energia pulita è l’unica soluzione duratura all’odierna crisi energetica globale e il modo migliore per ridurre l’esposizione dei consumatori agli elevati costi del carburante”, ha affermato Fatih Birol, direttore dell’Agenzia internazionale dell’energia.
“Un periodo di impennata dei prezzi dell’energia dei combustibili fossili, in cui le compagnie petrolifere e del gas stanno registrando profitti da record, dovrebbe essere il momento ideale per i governi per eliminare i sussidi alla produzione di combustibili fossili. Invece, assistere alla loro crescita è a dir poco irritante”, ha detto Gyorgy Dallos, a Greenpeace International.
I sussidi fossili costano 11 milioni di dollari al minuto
Dei 697 miliardi di dollari, la maggior parte sono sussidi “espliciti”, ovvero riduzioni di prezzo, finanziamenti governativi e agevolazioni fiscali. Questa cifra non include le sovvenzioni implicite, ovvero i costi derivanti da danni climatici e dall’inquinamento atmosferico causato dai combustibili fossili, altrimenti parleremmo di numeri molto più grandi. In particolare, le stime del Fondo monetario internazionale parlavano di 5.900 miliardi nel 2020, vale a dire una spesa di 11 milioni di dollari al minuto.
In Italia, gli utili dei bilanci delle società energetiche sono passati da 1,3 miliardi del primo trimestre 2021 a 5,2 miliardi nel primo trimestre 2022 secondo il quotidiano economico-finanziario Il Sole 24 Ore. Nonostante gli enormi guadagni, le compagnie energetiche in Italia – tra cui Eni, Edison e Enel – possono contare sugli 11 miliardi di euro in sussidi versati dal ministero dell’Economia e delle finanze nel solo periodo che va da ottobre 2021 a marzo 2022.
Promesse non rispettate sui sussidi alle fossili
Era il 2009 quando il G20 decise di eliminare gradualmente i sussidi ai combustibili fossili. Nel 2016, il G7 ha fissato una scadenza per il 2025, ma non ci sono stati progressi. A luglio di quest’anno, il quotidiano britannico Guardian ha rivelato che il settore petrolifero e del gas ha realizzato una media di 1.000 miliardi all’anno di puro profitto negli ultimi 50 anni. Secondo Aviel Verbruggen, l’autore di quell’analisi, queste ingenti somme hanno fornito alle compagnie stesse il potere ritardare l’azione sulla crisi climatica.
Ma anche senza sussidi, la crisi energetica si sta rivelando estremamente redditizia per le compagnie petrolifere: nei primi sei mesi del 2022, cinque big oil – Bp, Shell, ExxonMobil, Chevron e Total – hanno realizzato profitti per 100 miliardi di dollari circa. La stessa cifra che le nazioni ricche avevano promesso alle nazioni povere entro il 2020, per aiutare queste ultime ad affrontare la crisi climatica. Una cifra che non è mai stata consegnata.
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