La finanza ha la fondamentale responsabilità di traghettare i capitali verso la transizione energetica. Se ne è discusso al Salone del Risparmio 2022.
Svizzera, le foto delle banche “occupate” dagli ambientalisti
A sorpresa, decine di attivisti hanno organizzato un sit-in davanti alle più grandi banche della Svizzera, che si ostinano a finanziare carbone e petrolio.
Nella mattinata di un lunedì come tanti altri, chi si presenta alla filiale della propria banca di fiducia si aspetta, nella peggiore delle ipotesi, di dover attendere in coda qualche minuto. Non certo di trovare l’ingresso sbarrato da una pila di carbone, biciclette, piante in vaso o rami secchi. Possiamo quindi immaginare l’effetto-sorpresa scatenato dall’originale sit-in di protesta organizzato in Svizzera dalle organizzazioni ambientaliste Collective Climate Justice e Greenpeace Svizzera l’8 luglio. Le sedi di Credit Suisse e Ubs, che si trovano rispettivamente a Zurigo e Basilea, sono rimaste bloccate per circa un’ora, fino a quando le forze dell’ordine non sono intervenute per sgomberarle e arrestare una ventina di attivisti.
L’appello alle banche svizzere: “Mai più soldi ai combustibili fossili”
Con questa manifestazione non violenta, gli ambientalisti chiedono a gran voce alle banche di tagliare i fondi ai combustibili fossili. “La Svizzera non ha miniere di carbone o pozzi petroliferi, ma le loro attività sono finanziate da qui”, ha dichiarato a Reuters Frida Kohlmann, portavoce di Collective Climate Justice.
Nello specifico, continua Kohlmann, Credit Suisse ha sostenuto finanziariamente le attività di numerosi operatori energetici che si affidano ancora ai combustibili fossili. In questo gruppo c’è anche la tedesca Rwe, che da circa un anno è nell’occhio del ciclone. La società infatti ha intenzione di radere al suolo la foresta di Hambach pur di espandere un’immensa miniera di lignite a cielo aperto, la più grande del Vecchio Continente. Dopo innumerevoli proteste, il progetto è stato bloccato fino alla fine del 2020. Ma non è ancora detta la parola “fine” sulla vicenda.
Leggi anche: I combustibili fossili non sono più finanziabili, lo dicono gli economisti
Per il momento, riporta Reuters, sia Credit Suisse sia Ubs hanno preferito non commentare le motivazioni della protesta. Entrambi gli istituti di credito hanno pubblicato le loro strategie per il contrasto ai cambiamenti climatici, che prevedono per esempio di incentivare i clienti che vogliono investire i loro risparmi nelle energie rinnovabili, o ancora di fare ricorso il meno possibile ai voli aerei per le trasferte dei dipendenti.
#Zürich: Die Credit Suisse am Paradeplatz ist blockiert! Kommt vorbei und unterstützt die Aktivist*innen mit Getränken, Musik, Snacks – setzen wir uns gemeinsam für #Klimagerechtigkeit ein! #ClimateJustice #fossilfree
Mehr Infos: https://t.co/UCFIgH1dcn pic.twitter.com/gsNkAlJYZx— Collective Climate Justice (@climategames_ch) 8 luglio 2019
1.700 miliardi di euro per i combustibili fossili, in tre anni
Le due banche prese di mira fanno parte della lista dei 33 colossi globali che continuano come se niente fosse a erogare denaro a pioggia a petrolio, carbone, gas naturale e sabbie bituminose. Insomma, a quelle fonti di energia che stanno distruggendo il nostro Pianeta. Secondo la più recente edizione del rapporto Banking on climate change (pubblicata a fine marzo da Rainforest action network, Banktrack, Indigenous environmental network, Oil change international, Honor the earth e Sierra club), a partire dal 2016 gli investimenti nei combustibili fossili hanno raggiunto un totale di 1.700 miliardi di euro. Nemmeno la firma dell’Accordo di Parigi è riuscita a invertire questa tendenza: se infatti nel 2016 le 33 banche esaminate avevano investito 546 miliardi di euro, nel 2017 il totale è salito a 576 e nel 2018 a 583.
Leggi anche: I paesi del G7 sovvenzionano ancora, nel 2018, pesantemente petrolio e carbone
Qua e là si intravedono dei segnali positivi, e sembrano esserci sempre più remore soprattutto a stanziare soldi per il carbone e le sabbie bituminose. Ma ancora non basta. Perché i flussi finanziari sono quelli che spostano gli equilibri industriali, risultando quindi determinanti per il futuro di tutti. E non possiamo più permetterci di procedere a passi piccoli e incerti, se speriamo di arginare la catastrofe climatica.
Foto in apertura © Collective Climate Justice
Siamo anche su WhatsApp. Segui il canale ufficiale LifeGate per restare aggiornata, aggiornato sulle ultime notizie e sulle nostre attività.
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 4.0 Internazionale.
Il Green Deal europeo e i piani di ripresa post-Covid incideranno sulla finanza sostenibile? L’abbiamo chiesto a Davide Tentori, ricercatore dell’Ispi.
Servono investimenti immensi per realizzare gli Sdgs, ma il percorso è tracciato. Ne abbiamo parlato con Francesco Timpano di Asvis.
Il Pnrr potrebbe aprire una stagione diversa per gli investimenti a impatto nel nostro paese. Parola di Giovanna Melandri, presidente di Human foundation e Social impact agenda per l’Italia.
Cos’è un investimento responsabile? Come può il risparmiatore orientarsi in un panorama sempre più articolato? Ecco una breve guida.
La finanza sostenibile cresce, ma il nostro Pianeta resta in crisi. Eurosif, il Forum europeo per gli investimenti sostenibili e responsabili, propone alcune vie d’uscita.
Entro il 2026 l’Unione europea emetterà 250 miliardi di euro in obbligazioni verdi per finanziare le iniziative previste dal piano Next Generation Eu.
La finanza sostenibile crea valore nel lungo periodo, sia per l’investitore sia per il Pianeta e la società. Un approccio che riscuote sempre più successo.
La ripresa post-Covid è un’opportunità da non perdere per rendere più sostenibile la nostra economia. Anche grazie alla finanza etica.