Questo periodo storico è l’opportunità per una ripartenza più sostenibile. Troviamo il coraggio di abbandonare i sistemi produttivi obsoleti in favore di una nuova economia.
Sydney dichiara l’emergenza climatica
Anche la città australiana ha ufficialmente riconosciuto lo stato di emergenza e deciso di mobilitare le proprie risorse per ridurre le emissioni.
La crisi climatica sta peggiorando molto più rapidamente di quanto previsto e il tempo per intervenire è sempre meno. Siamo in uno stato di grave emergenza, ma molte nazioni preferiscono continuare a nascondere la testa sotto la sabbia. Eppure qualcosa si sta finalmente muovendo, lo scorso primo maggio il Regno Unito è stato il primo paese ad avere ufficialmente dichiarato un’emergenza climatica. Poi è stata la volta dell’Irlanda e del Canada, lo stato di emergenza climatica e ambientale è stato inoltre dichiarato da centinaia di consigli comunali in tutto il mondo. A questi si aggiunge Sydney, che diventa così la seconda capitale di uno stato australiano, dopo Hobart, a dichiarare ufficialmente un’emergenza climatica, poiché l’aumento delle temperature globali “rappresenta un serio rischio per la popolazione di Sydney”, si legge nella mozione.
The City of Sydney has officially declared a climate emergency. pic.twitter.com/RobatF87IK
— Clover Moore (@CloverMoore) 24 giugno 2019
Cosa cambia per Sydney
Il provvedimento è stato adottato nella notte di lunedì, quando i consiglieri, all’unanimità, hanno approvato una mozione presentata dal sindaco Clover Moore, la quale prevede di mobilitare le risorse della città per ridurre le emissioni di CO2 e minimizzare l’impatto ambientale. La dichiarazione ha sì un elevato valore simbolico, ma, soprattutto, presuppone l’adozione di misure concrete per arginare l’emergenza ambientale, il principale obiettivo è infatti quello di mettere i cambiamenti climatici al centro delle decisioni politiche e di pianificazione. La città di Sydney ha fissato l’obiettivo di ridurre le sue emissioni del 70 per cento entro il 2030, e di raggiungere le emissioni nette zero entro il 2050.
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Australia in fiamme
Per l’Australia affrontare immediatamente il riscaldamento globale è una necessità. Il Paese, lo scorso gennaio, ha infatti dovuto far fronte a temperature straordinariamente alte, fino a sedici gradi sopra la media. Gli abitanti di Marble Bar, nel nord-ovest del paese, hanno dovuto sopportare temperature sopra i 40 gradi per 22 giorni di fila, con picchi di 50 gradi, mentre a Noona, nel sud-est, la temperatura notturna di 35,9 gradi è stata la minima più alta mai registrata. Nonostante il clima diventi sempre più torrido e l’Australia sia tra i firmatari dell’Accordo di Parigi, le emissioni di gas serra australiane sono aumentate negli ultimi quattro anni.
Avviare la transizione
“Questa emergenza riguarda le nostre comunità, e il suo impatto è sentito da tutti noi, in particolare dai più poveri tra noi, i vulnerabili, gli emarginati e coloro che vivono in comunità remote”, ha affermato il sindaco di Sydney. La mozione presentata da Moore e approvata dai consiglieri, chiede al governo federale di rispondere con urgenza all’emergenza climatica ripristinando il prezzo del carbone e istituendo una “Just transition authority”, il cui ruolo sarebbe quello di garantire che gli australiani che lavorano nelle industrie legate ai combustibili fossili possano trovare un impiego alternativo adatto.
Economia a rischio
Gli effetti dei cambiamenti climatici produrranno in Australia anche gravi danni economici. Alcuni modelli prevedono perdite di 159 miliardi di dollari all’anno, provocate dall’impatto dell’aumento del livello del mare e dal crollo della produzione agricola conseguente ai sempre più prolungati periodi di siccità. L’impatto annuo dei cambiamenti climatici su ogni famiglia australiana ammonterà invece a circa 14mila dollari.
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