Tabù alimentari. Le vacche sacre

Perch

L’india è lo stato con il maggior numero di bovini al mondo.
Ci sono 180 milioni di capi di Bos indicus, più circa 50
milioni di bufali, a fronte di 700 milioni circa di abitanti.
Secondo la Costituzione federale indiana è proibito
macellare vacche, vitelli e altri animali da latte e da tiro. Gli
Indù considerano sacri la vacca e il vitello, e ritengono
che accudire e venerare le vacche porti alla beatitudine.

La protezione delle vacche non è sempre stata al centro
dell’induismo. I testi sacri più antichi dell’induismo (i
Rig – Veda) celebrano i costumi dei Veda, un popolo di agricoltori
e allevatori che dominò sulla parte settentrionale
dell’India tra il 1800 e l’800 a.C. La società vedica era
già organizzata, come l’odierna società indù,
in caste; la casta sacerdotale dei Brahmani si occupava della
macellazione rituale dei bovini, la cui carne veniva consumata in
molte occasioni collegate a eventi particolari (matrimoni,
funerali, visite importanti e così via).

Con la crescita della popolazione in India, si è avuto un
radicale cambiamento: per nutrire un maggior numero di persone si
è reso necessario limitare il consumo della carne,
ricorrendo in maggior misura ai latticini e, soprattutto, agli
alimenti di origine vegetale, trasformando sempre più
pascoli in zone per la coltivazione di vegetali destinati
all’uomo.

Questo perché se, anziché mangiare direttamente
vegetali e granaglie, questi si usano per nutrire il bestiame per
poi mangiarne la carne, 9 calorie su 10 e 4 grammi di proteine su 5
si “perdono per strada” nel percorso dalla pianta alla bocca
dell’uomo.

Finché la densità della popolazione è bassa,
il bestiame può pascolare su terreni incolti, e la
produzione di carne può mantenersi a livelli elevati; ma se
la popolazione aumenta, e i pascoli vengono trasformati in campi
coltivati, i bovini diventano concorrenti dell’uomo per quanto
riguarda le risorse alimentari. Ma il bestiame non può
essere eliminato del tutto per far posto all’uomo: gli agricoltori
hanno bisogno di buoi per tirare l’aratro, soprattutto su un
terreno duro e pesante come quello delle pianure del Gange.
Considerando anche che le vacche producono latte e latticini, e che
lo sterco è utile come fertilizzante e come combustibile, in
pratica si sono venute a creare le condizioni per cui era molto
più produttivo un bue vivo che uno morto.

Intorno al 600 a.C. il livello di vita dei contadini era nettamente
peggiorato, e guerre, siccità e carestie si facevano sentire
pesantemente; i sacerdoti continuavano a macellare i bovini e a
mangiarne la carne, che non era però più sufficiente
per le caste meno privilegiate. È in questo contesto
economico e sociale che nacque, intorno al 500 a.C., il buddismo,
la prima religione contraria a ogni tipo di uccisione. Per nove
secoli buddismo e induismo lottarono per conquistare lo stomaco e
il cervello del popolo indiano; alla fine prevalse l’induismo,
più vicino alla sensibilità e all’immaginazione
popolare, ma solo dopo che i sacerdoti ebbero adottato il principio
di non violenza e si furono presentati come protettori, e non
più come macellatori, dei bovini. Il latte sostituì
la carne come alimento rituale della casta brahmanica,
nonché come fonte di proteine nobili alla portata di
tutti.

Francesca Marotta

 

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