I capitali in fuga da carbone e petrolio valgono 6.000 miliardi di dollari
Nato dal basso, il movimento per disinvestire da carbone e petrolio ormai è diventato grande. In tutto sono stati ritirati 6mila miliardi di dollari.
Nato dal basso, il movimento per disinvestire da carbone e petrolio ormai è diventato grande. In tutto sono stati ritirati 6mila miliardi di dollari.
Con l’Accordo di Parigi, le banche americane avevano promesso di tagliare i fondi alle miniere di carbone. Ma i numeri dipingono una realtà ben diversa.
Per mantenere le sue promesse elettorali a favore della lobby del carbone, Donald Trump ha presentato il piano “Affordable clean energy”, un lasciapassare per le vecchie e inquinanti centrali a carbone.
Per salvarsi il posto come primo ministro australiano, Malcolm Turnbull rinuncia al piano per la riduzione delle emissioni mentre gli aborigeni combattono contro una delle miniere di carbone più grandi al mondo.
Per la prima volta in assoluto, un fondo sovrano cede tutti i suoi investimenti nei combustibili fossili. La storica decisione è stata presa dall’Irlanda.
Le economie cosiddette avanzate spendono ancora enormi risorse per finanziare l’industria dei combustibili fossili, secondo uno studio pubblicato in concomitanza col G7.
Continuare in modo miope a investire nei combustibili fossili significa gonfiare una bolla, che presto esploderà e ci farà perdere miliardi di dollari.
Non è ammissibile investire capitali nelle fonti di energia più sporche: 35 organizzazioni cattoliche, tra cui Caritas Internationalis, danno l’esempio.
Presentato il progetto di riconversione dell’intera area, che da centrale termica diventerà un villaggio turistico a pochi passi dal parco regionale del Delta del Po.
Complice il drastico calo nell’impiego del carbone, sceso della metà in pochi anni, le emissioni di CO2 del Regno Unito sono agli stessi livelli degli ultimi anni dell’800.