Desertificazione, dalla Cop16 di Riad passi avanti ma senza un accordo vincolante
Alla Cop16 si sperava in un protocollo per fronteggiare siccità e desertificazione, ma la decisione è stata rimandata.
Nel linguaggio comune, quando parliamo di desertificazione ci viene spontaneo immaginare immense distese di sabbia che guadagnano spazio. Ma in cosa consiste la desertificazione, di preciso? In realtà la definizione ufficiale è un po’ più ampia perché si riferisce al “degrado delle terre nelle aree aride, semi-aride e sub-umide secche, attribuibile a varie cause, inclusi i cambiamenti climatici e le attività umane”. Secondo l’Atlante globale della desertificazione, pubblicato nel 2018 dal Centro comune di ricerca della Commissione europea, oltre il 75 per cento del suolo globale è già in qualche misura degradato. Da qui al 2050, circa 700 milioni di persone potrebbero essere costrette a migrare a causa di questioni legate alla scarsità di risorse legate al suolo. Non solo in Africa o nelle steppe dell’Asia, ma anche nei paesi affacciati sul Mediterraneo. Le cause della desertificazione sono legate da un lato alla carente gestione del suolo, dall’altro lato a fattori legati al clima. Il suo rapporto con i cambiamenti climatici è peculiare, perché ne è causa e conseguenza al tempo stesso. I gravi danni della desertificazione si ripercuotono sulla biodiversità animale e vegetale, sulla sussistenza delle comunità locali (visto che l’acqua è indispensabile per la produzione alimentare, per l’igiene e per qualsiasi attività umana), sull’economia. La Banca mondiale sostiene che il costo del degrado del suolo sia pari a 15mila miliardi di dollari all’anno. Per fare luce su queste problematiche, il 17 giugno ricorre la Giornata mondiale per la lotta alla desertificazione e alla siccità. A questo tema è stato dedicato anche il decennio Onu 2010-2020.
Alla Cop16 si sperava in un protocollo per fronteggiare siccità e desertificazione, ma la decisione è stata rimandata.
La capitale dell’Arabia Saudita, Riad, ospita la sedicesima Conferenza mondiale delle Nazioni Unite sulla desertificazione, la Cop16.
Il territorio dell’Iraq è tra i più vulnerabili all’impatto della crisi climatica. Per proteggerlo, il governo vuole piantare 5 milioni di alberi e palme.
Il progetto spagnolo Life Nieblas sfrutta l’acqua rilasciata dalla nebbia per irrigare le zone verdi colpite da siccità o da incendi.
Era il secondo bacino per estensione dopo il mar Caspio e ora è un deserto: a causa della coltivazione intensiva del cotone stiamo perdendo il lago Aral.
Si tiene fino al 20 maggio la Cop15 desertificazione, dalla quale ci si attendono risposte su degrado dei suoli, deforestazione, siccità e inquinamento.
Nel nordest della Siria il livello dell’Eufrate è così basso che cinque milioni di persone rischiano di rimanere senza acqua potabile.
1,14 milioni di persone in Madagascar si trovano in stato di insicurezza alimentare a causa della peggiore carestia degli ultimi decenni. Non c’entrano conflitti e malattie, ma i cambiamenti climatici.
Il Brasile è alle prese con uno dei periodi di siccità più gravi dell’ultimo secolo. La colpa è soprattutto della deforestazione (e di chi la consente).
Nel Sahel la crisi climatica costringe la popolazione a guerre fratricide per le risorse. Un conflitto sfruttato dai terroristi: il caso del Mali.