Nancy Pelosi è atterrata a Taiwan il 2 agosto. La Cina ha annunciato serie ripercussioni contro gli Usa.
La speaker Usa ha denunciato le violazioni dei diritti umani cinesi e ha parlato di rischio Ucraina per Taiwan.
In ogni caso da Washington fanno sapere che la politica su Taiwan non è destinata a cambiare.
La speaker della Camera Usa Nancy Pelosi è atterrata a Taiwan nella giornata del 2 agosto. La visita ha fatto salire la tensione a livello locale e internazionale, dal momento che la Cina considera Taiwan una propria provincia ribelle e da tempo annuncia l’imminenza di una riunificazione.
Che qualcosa stesse cambiando nel triangolo Stati Uniti-Taiwan-Cina lo si era già capito qualche mese fa, quando il presidente americano Joe Biden aveva detto che Washington sarebbe potuta intervenire militarmente nell’area in caso di attacco cinese a Taipei. Ora è arrivata la visita di Pelosi sull’isola, l’incontro di più alto grado dal 1997. La speaker Usa ha detto che la politica americana verso Taipei non cambierà, ma ha anche usato toni e parole dure a proposito della difesa della democrazia e del rischio Ucraina.
Le spiegazioni di Nancy Pelosi
10 minuti dopo l’arrivo a Taipei, capitale di Taiwan, sul sito del Washington Post è apparso un editoriale a firma Nancy Pelosi. La speaker Usa definisce l’isola una robusta democrazia, una delle più libere del mondo, un elemento già scomodo per la Cina dal momento che Taiwan viene implicitamente trattata alla stregua di un paese indipendente (per quanto ufficialmente non sia così per la diplomazia Usa). Vengono poi ricordati gli ottimi rapporti tra Taipei e Washington, il cui punto più alto è rappresentato dal Taiwan Relations Act del 1979. Poi Pelosi sottolinea come la democrazia nel paese sia sotto minaccia.
“Negli ultimi anni Pechino ha intensificato drammaticamente le tensioni con Taiwan. La Repubblica popolare cinese ha intensificato le pattuglie di bombardieri, aerei da combattimento e aerei di sorveglianza vicino e persino sopra la zona di difesa aerea di Taiwan, portando il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti a concludere che l’esercito cinese si sta probabilmente preparando a un’azione per unificare Taiwan con la Repubblica popolare cinese con la forza”, denuncia la speaker Usa. Esemplificativo che proprio mentre usciva l’editoriale aerei da guerra cinesi sorvolavano lo spazio sopra lo stretto di Formosa che divide la Cina continentale dall’isola. Pelosi continua scrivendo che la Cina sta cercando di soffocare Taiwan anche economicamente, mettendo in difficoltà il commercio e il turismo sull’isola. E poi arriva al punto, al perché di una visita così importante a Taipei a 25 anni dall’ultima volta, quando sull’isola volò Newt Gingrich, presidente della Camera.
Our visit reiterates that America stands with Taiwan: a robust, vibrant democracy and our important partner in the Indo-Pacific. pic.twitter.com/2sSRJXN6ST
“Di fronte all’aggressione crescente del Partito Comunista Cinese, la visita della nostra delegazione dovrebbe essere vista come un’affermazione inequivocabile che l’America è con Taiwan, il nostro partner democratico, mentre difende se stessa e la sua libertà”, tuona Pelosi. Toni forti, una presa di posizione netta che sembra molto lontana da quell’”ambiguità strategica” con cui si è soliti definire l’approccio Usa verso Taiwan. La dose viene rincarata con la denuncia delle violazioni sempre più massive dei diritti umani in Cina, con riferimenti anche a Hong Kong e agli uiguri dello Xinjiang (dove Pechino starebbe commettendo “genocidio”, scrive Pelosi) e per sottolineare l’importanza della difesa dei valori democratici, quelli che hanno casa a Taiwan appunto.
Nel finale la speaker della Camera statunitense cita anche l’Ucraina. “Facciamo questo viaggio in un momento in cui il mondo deve scegliere tra autocrazia e democrazia. Mentre la Russia conduce la sua guerra premeditata e illegale contro l’Ucraina, uccidendo migliaia di innocenti, persino bambini, è essenziale che l’America e i nostri alleati chiariscano che non cederemo mai agli autocrati”. E poi la chiosa: “Viaggiando a Taiwan, onoriamo il nostro impegno per la democrazia: riaffermando che le libertà di Taiwan – e di tutte le democrazie – devono essere rispettate”. Un attacco su tutti i fronti contro la Cina, solo in parte mitigato dal passaggio in cui Pelosi scrive che le relazioni diplomatiche con Taipei e Pechino, quelle basata sulla One-China policy, non sono destinate a cambiare.
Le reazioni da Pechino
La visita di Nancy Pelosi a Taiwan ha un significato economico-commerciale e geopolitico. Intanto permette agli Usa di coltivare e rafforzare i suoi interessi nell’isola, in particolare nel fiorente settore tecnologico che qui è particolarmente all’avanguardia. Taiwan è una delle economie più avanzate del mondo, con un Pil che supera quello di paesi come la Svizzera. Un importante partner commerciale per chiunque. Ma quello della Pelosi è anche un viaggio dal forte valore simbolico in termini di diplomazia, un messaggio contro l’espansionismo cinese sempre più dirompente ma anche un modo per assumere maggiore controllo sull’area del Pacifico.
Da Pechino hanno annunciato serie ritorsioni nei confronti degli Stati Uniti in conseguenza della visita di Nancy Pelosi a Taiwan. L’ambasciatore americano in Cina è stato convocato dalle autorità cinesi mentre il via vai di caccia militari cinesi nello spazio aereo dell’isola è aumentato nelle ultime ore e il comando orientale dell’Esercito popolare di liberazione ha intensificato le sue esercitazioni militari, con operazioni di tiro di artiglieria a lungo raggio e lanci di missili nel mare a est di Taiwan. Tanto che da Pechino è stato chiesto alle aviolinee che operano nell’area di evitare di sorvolarla per alcune ore.
Sul tema è intervenuto anche il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, secondo cui l’unico obiettivo di Washington è irritare la Cina. E da Pechino sono già partite le contromisure a danno di Taipei, per farle pagare il prezzo dell’accoglienza in pompa magna della speaker Usa. In particolare, è stata sospesa l’esportazione di sabbia naturale verso l’isola così da mettere in difficoltà la produzione locale di semiconduttori, mentre è stata bloccata l’importazione di agrumi, pesce e un altro centinaio di prodotti.
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