Secondo le denunce di Survival International e altre organizzazioni, i masai in Tanzania stanno subendo violenti sfratti.
Le loro terre vengono “liberate” per far posto a progetti di compensazione e conservazione e per il turismo di massa.
La Commissione europea ha riconosciuto queste proteste e ha interrotto i suoi finanziamenti.
In un’azione senza precedenti, la Commissione europea ha deciso di ritirare i finanziamenti destinati ai progetti di conservazione in Tanzania, dopo aver ricevuto segnalazioni di violenti sfratti del popolo masai dalle loro terre. Questi sfratti, finalizzati a liberare spazio per il turismo di massa, la caccia ai trofei e i progetti di compensazione di anidride carbonica hanno suscitato una vasta indignazione internazionale. Che ora è stata riconosciuta.
Perché la Commissione europea ha interrotto i finanziamenti in Tanzania
La Commissione aveva inizialmente previsto uno stanziamento di 18 milioni di euro per sostenere progetti di “conservazione” in Kenya e Tanzania nell’ambito del programma – da diverse realtà considerato controverso – NaturAfrica. Ma a seguito delle pressioni e delle denunce da parte di organizzazioni come la Maasai international solidarity alliance (Misa) e Survival international, Bruxelles ha deciso di destinare tali fondi esclusivamente al Kenya, escludendo la Tanzania. Sono state inoltre introdotte nuove condizioni per l’erogazione dei fondi, che prevedono il rispetto dei diritti umani delle popolazioni indigene e locali.
Nel giugno dello scorso anno, in Tanzania, le forze armate hanno sparato sui #Masai che protestavano contro il furto di 1500 kmq della loro terra ancestrale – rubati loro per far spazio alla “conservazione” e alla caccia da trofeo. [Segui il thread👇🧶1/5]#DecolonizeConservationpic.twitter.com/abbX4cg93u
— Survival International Italia (@survivalitalia) June 14, 2023
I masai vengono sfrattati per far posto al turismo di massa
Le autorità tanzaniane sono state accusate di sfrattare brutalmente decine di migliaia di masai, nonostante numerose sentenze giudiziarie abbiano dichiarato tali azioni illegali. Grandi organizzazioni internazionali per la conservazione, come la Frankfurt zoological society (Fzs) e il Wwf, che da tempo collaborano con il governo della Tanzania, sono state anche loro accusate di non aver condannato questi sfratti. Alcuni di questi, inoltre, sono stati eseguiti per creare nuove aree di caccia ai trofei, destinate anche alla famiglia reale di Dubai, denuncia l’ong Survival, che ha anche pubblicato il dossier sul “carbonio insanguinato”, in cui si spiega come le aree di conservazione, protette e utilizzate per progetti di compensazione di CO2 da parte dei governi e delle multinazionali occidentali, spesso finiscano per allontanare le popolazioni ancestrali le quali, oltre a perdere la propria terra, sono escluse dalle ricadute economiche dei progetti di compensazione. Intanto, i crediti di carbonio derivanti da quest’area continuano a essere venduti a grandi aziende, tra cui Meta (Facebook) e Netflix.
Ma ora la decisione della Commissione europea potrebbe rappresentare un passo significativo verso il riconoscimento e la protezione dei diritti dei popoli indigeni, segnalando un cambiamento nella politica di finanziamento della conservazione. Questo atto potrebbe inaugurare una nuova era in cui la conservazione non avverrà più a spese delle comunità locali, ma con il loro coinvolgimento e rispetto.
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