I gioielli, la medicina tradizionale, l’arredamento, l’oggettistica, e volte anche la fame, sono alcuni dei motivi che hanno portato all’uccisione di 1,1 milioni di tartarughe marine nel corso degli ultimi trent’anni. Un dato che spaventa, uccidere questi animali per un lusso insensato.
Sono ben 44mila le tartarughe illegalmente uccise in circa 65 paesi nel mondo, negli ultimi dieci anni, secondo uno studio portato avanti dai ricercatori dell’Università dell’Arizona. A farne le spese principalmente sono la tartaruga embricata (Eretmochelys imbricata) e la tartaruga verde (Cheloniamydas).
Questi numeri sono stati raggiunti nonostante le numerose leggi per la protezione delle tartarughe, ma c’è dell’altro: “i numeri sono alti, ma sicuramente questo numero è sottostimato, e di tanto, poiché è impossibile raccogliere i dati su tutte le attività illegali che vengono svolte”, come affermato da Jesse Sanko, ricercatore dell’Università dell’Arizona e principale autore dello studio.
La caccia illegale delle tartarughe
Il traffico illegale e la caccia delle tartarughe sono parte del mercato mondiale di animali che genera ogni anno circa 23 miliardi di dollari, secondo i report delle Nazioni Unite sui traffici illegali. Per raccogliere questi dati, pubblicati sul giornale Global Change Biology, i ricercatori hanno analizzato circa 209 documenti, tra cui articoli peer-reviewed (processo di revisione degli articoli per essere pubblicati su riviste scientifiche), notizie riportate dai media, questionari e report di organizzazioni per la protezione delle specie; sono state prese in considerazione sia tutte le tartarughe uccise illegalmente, sia tutte quelle trafficate nel mondo. Dallo studio è emerso che il Sudest asiatico e il Madagascar sono i luoghi dove la caccia alle tartarughe è più accesa; mentre il Vietnam è il paese dove prende il via il traffico illegale, la Cina e il Giappone rappresentano i mercati più importanti di merce illegale.
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A fare maggiormente le spese del traffico illegale – per circa il 95 per cento – sono la tartaruga embricata e la tartaruga verde. La carne di quest’ultima viene considerata una prelibatezza, mentre l’embricata è trafficata maggiormente per la bellezza del suo carapace. Sebbene queste specie siano considerate rispettivamente a rischio critico e minacciate dalla Iucn (Unione internazionale per la conservazione della natura), nelle aree dove sono maggiormente cacciate hanno delle popolazioni abbastanza numerose e stabili, il che fa sperare che gli effetti della caccia e dei traffici illegali siano in qualche modo “contenuti”. Un altro fattore importante da sottolineare è che queste attività sono diminuiti di quasi il 28 per cento nel corso degli ultimi dieci anni, grazie probabilmente alle misure di protezione più severe.
Cosa possiamo aspettarci?
I traffici in diminuzione possono fare sperare, ma sono come degli specchietti per allodole. Perché finché nei paesi più ricchi non cesserà questa smania di possedere carcasse di animali come parti di arredamento o come gioielli, i paesi in via di sviluppo continueranno a cacciare questi animali per poterli vendere nei mercati illegali. Secondo Sanko: “in alcuni paesi avere in casa una tartaruga imbalsamata rappresenta uno status symbol“. Tuttavia, questi dati hanno rimesso sul tavolo una problematica molto seria, che dovrebbe portare i diversi governi a rispondere, concentrando e focalizzando gli sforzi per la protezione in quelle aree conosciute in cui la caccia prosegue.
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