Dopo l’era del carbone e l’era del petrolio, ora ci stiamo muovendo a velocità sostenuta verso l’era dell’elettricità. Grazie all’energia rinnovabile.
Cos’è la tassonomia europea per chi non è addetto ai lavori
Che cos’è la tassonomia verde europea? Perché gas naturale e nucleare possono rientrarci? L’approfondimento su significato e conseguenze.
- Cosa si intende per tassonomia verde?
- Perché gas e nucleare dovrebbero rientrare nelle “attività sostenibili”?
- La questione nucleare
- E i dubbi sul gas per la transizione
- Qual è l’iter di approvazione della tassonomia europea?
Il 31 dicembre 2021, la Commissione europea ha presentato una proposta legislativa in cui propone di includere la produzione di energia nucleare e, con alcune condizioni, il gas naturale tra le tecnologie considerate “verdi”, al pari di solare, eolico, idroelettrico e biomassa.
Il 2 febbraio, energia nucleare e gas vengono incluse nella tassonomia verde europea, anche se non tutti gli stati sono d’accordo. Ma cos’è la tassonomia? E perché è così importante?
Cosa si intende per tassonomia verde?
Per raggiungere gli obiettivi climatici ed energetici (in realtà c’è anche la tassonomia sociale, il cui primo progetto è stato presentato a settembre 2021) che l’Europa ha fissato al 2030 – riduzione del 55 per cento delle emissioni – e poi al 2050 – neutralità climatica –, nel marzo del 2018 Bruxelles ha lanciato un piano per dare forma a un insieme di regole attorno al mondo degli investimenti. È nato così l’Action plan on sustainable finance con l’obiettivo di ridurre l’impatto dell’economia sull’ambiente.
Una crescita sostenibile, però, richiede ingenti risorse: 180 miliardi di euro all’anno, per la precisione. I fondi pubblici non sono sufficienti e quindi si rende necessario il contributo dei capitali privati: il mondo della finanza è lo strumento principale per orientare i capitali verso business responsabili nel quadro di uno sviluppo economico sostenibile.
È qui che entra in gioco la tassonomia europea: un sistema di classificazione destinato alle imprese e agli investitori del Vecchio continente che introduce i criteri per stabilire quali attività possano essere considerate “sostenibili” e apportare dunque un contributo sostanziale al raggiungimento degli obiettivi del green deal. Il regolamento che definisce la tassonomia è entrato in vigore il 12 luglio 2020 e ogni settore d’intervento compreso nell’elenco (chiamato Eu taxonomy compass) è descritta in relazione alla sua capacità di mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici, i primi due dei sei obiettivi ambientali della tassonomia dell’Unione europea. Gli altri quattro obiettivi riguardano l’uso sostenibile e protezione delle risorse idriche e marine; la transizione verso l’economia circolare, con riferimento anche a riduzione e riciclo dei rifiuti; la prevenzione e controllo dell’inquinamento; la protezione della biodiversità e della salute degli eco-sistemi.
Per essere compatibile con l’ambiente, quindi, un’attività economica dovrebbe contribuire positivamente ad almeno uno dei sei obiettivi ambientali e non produrre impatti negativi su nessun altro obiettivo ed essere svolta nel rispetto di garanzie sociali minime, come ad esempio le linee guida delle Nazioni Unite su imprese e diritti umani.
I criteri tecnici per definire se un’attività sia sostenibile sono introdotti attraverso una serie di atti delegati. Dopo una prima bozza respinta da una decina di stati (nello specifico si tratta di Bulgaria, Croazia, Cipro, Repubblica Ceca, Grecia, Ungheria, Malta, Polonia, Romania e Slovacchia), il 9 dicembre 2021 è stato pubblicato il regolamento delegato 2021/2139. In questo documento vengono fissati i criteri di vaglio tecnico che consentono di determinare “a quali condizioni si possa considerare che un’attività economica contribuisce in modo sostanziale alla mitigazione dei cambiamenti climatici o all’adattamento ai cambiamenti climatici e se non arreca un danno significativo a nessun altro obiettivo ambientale”, recita il testo.
I settori economici considerati dal testo coprono diverse attività, tra cui:
- Silvicoltura
- Attività di protezione e ripristino ambientale
- Attività manifatturiere
- Energia
- Fornitura di acqua, reti fognarie, trattamento dei rifiuti e decontaminazione
- Trasporti
- Edilizia e attività immobiliari
- Informazione e comunicazione
- Attività professionali, scientifiche e tecniche
A queste si aggiunge il tentativo dell’agenzia Leonardo (azienda italiana attiva nei settori della difesa, dell’aerospazio e della sicurezza, il cui maggiore azionista è il Ministero dell’economia e delle finanze italiano e di cui l’attuale ministro della transizione ecologica Roberto Cingolani è stato responsabile del settore di innovazione tecnologica) che ha chiesto di inserire anche la produzione di armi tra le attività sostenibili (e ciò dimostra quanto sia necessario smetterla di concentrarsi solo sulle emissioni di CO2 senza un approccio olistico che rispetti un’etica della sostenibilità in senso più ampio).
L’ambito di applicazione dell’atto delegato del 9 dicembre include già circa il 40 per cento delle imprese quotate in Borsa, appartenenti a settori che sono responsabili di quasi l’80 per cento delle emissioni dirette di gas serra in Europa.
Perché gas e nucleare dovrebbero rientrare nelle attività sostenibili?
In generale, per le attività del settore energia, i criteri pubblicati il 9 dicembre affrontano i seguenti sotto-temi:
- Produzione di energia elettrica mediante tecnologia fotovoltaica, a concentrazione, eolica, energia oceanica, idroelettrica, geotermica, da combustibili liquidi e gassosi non fossili rinnovabili, dalla bioenergia
- Trasmissione e distribuzione di energia elettrica
- Accumulo di energia elettrica e termica
- Stoccaggio di idrogeno
- Produzione di biogas e biocarburanti destinati ai trasporti e di bioliquidi
- Reti di trasmissione e distribuzione di gas rinnovabili e a basse emissioni di CO2
- Distribuzione del teleriscaldamento/teleraffrescamento
- Installazione e funzionamento di pompe di calore elettriche
- Cogenerazione di calore/freddo ed energia elettrica a partire dall’energia solare, geotermica e da bioenergia
- Produzione di calore/freddo a partire dal riscaldamento solare-termico, da energia geotermica, da combustibili liquidi e gassosi non fossili rinnovabili, dalla bioenergia e utilizzando il calore di scarto.
La questione nucleare
Il Parlamento europeo, con il regolamento pubblicato a giugno 2020 e relativo all’istituzione di un quadro che favorisce gli investimenti sostenibili, riconosce il principio dell’energia “climaticamente neutra” e impone alla Commissione di valutare il contributo potenziale e la fattibilità di tutte le pertinenti tecnologie esistenti. In questo senso, la Commissione ha avviato un lavoro approfondito per valutare se includere o meno l’energia nucleare nella tassonomia delle attività sostenibili dal punto di vista ambientale.
Come primo passo, il Joint research centre (Jrc), il servizio interno della Commissione per la scienza e la conoscenza (che, va detto, conduce anche ricerche sulla sicurezza nucleare finanziate dall’Euratom, organizzazione istituita allo scopo di coordinare i programmi di ricerca degli stati membri relativi all’energia nucleare), ha redatto una relazione tecnica, concludendo che il nucleare “non rappresenta un danno irreversibile alla salute umana o all’ambiente, a condizione che le attività industriali connesse soddisfino appropriati criteri di screening tecnici”.
Tale relazione tecnica è stata esaminata da un altro comitato interno alla Commissione, lo Sheer (Scientific Committee on Health, Environmental and Emerging Risks), per il quale “i regimi normativi esistono e in linea di principio dovrebbe essere sufficiente, ma vi è una valida preoccupazione per quanto riguarda l’attuazione e il monitoraggio di tali regolamenti” e “gli incidenti permangono indipendentemente dalle misure di mitigazione”. Insomma, lo Sheer conferma che il nucleare difficilmente può soddisfare il requisito dell’innocuità (principio del do no significant harm), criterio indispensabile perché una tecnologia energetica rientri nella tassonomia.
Raccolti i pareri scientifici, la Commissione europea è giunta alla conclusione che il nucleare – alla luce della sua scarsa produzione di CO2 – può comunque essere considerato come fonte energetica in grado di facilitare la transizione verso la neutralità climatica, a patto che i progetti siano legati ai più alti standard di sicurezza già imposti dai vari accordi internazionali (per cui si parla di nucleare di quarta generazione) e che i progetti vengano realizzati entro il 2045 (e apportare le modifiche alle centrali esistenti entro il 2040) e dimostrare di poter avere un impianto di smaltimento delle scorie operativo entro il 2050. Tali limiti temporali preoccupano le organizzazioni pro-nucleare: infatti, nessuna centrale nucleare sarebbe in grado attualmente di rispettare queste scadenze. Lo ha detto a Euractiv Jessica Johnson, direttrice comunicazione di Foratom, l’associazione europea dell’industria nucleare.
E i dubbi sul gas per la transizione
Anche per quanto riguarda il gas naturale, la Commissione ha valutato che questa risorsa possa essere considerata “climaticamente neutra”, se rispetta certe condizioni. In particolare, qualora le emissioni di gas serra del ciclo di vita di una centrale a gas fossile non rispettino il limite imposto di 100 grammi di CO2 equivalenti per kilowattora (CO2e/kWh), i criteri di vaglio tecnico (qui di seguito riassunti dagli esperti di Ecco, think tank sui cambiamenti climatici e l’energia) riguardanti i nuovi progetti sono:
- il nuovo progetto di impianto a gas deve essere approvato entro il 31 dicembre 2030;
- deve essere situato in uno Stato Membro che ha confermato l’intenzione di uscire dalla generazione a carbone;
- deve sostituire una centrale a carburante fossile esistente in mancanza di alternative rinnovabili;
- deve avere emissioni dirette inferiori a 270 grammi di CO2e/kWh oppure emettere meno di 550 kg CO2e/kW in media all’anno misurato su un periodo di 20 anni; un verificatore indipendente deve presentare un rapporto annuale che dichiari se la centrale è in linea con questo media;
- deve presentare un piano per sostituire il gas fossile come carburante della centrale con un carburante rinnovabile o a basso carbonio (come biogas, idrogeno o metano sintetico) entro il 31 dicembre 2035, con dei passi intermedi obbligatori di miscelazione del 30% entro il 1 gennaio 2026 e del 55 per cento entro il 1 gennaio 2030;
- deve impegnarsi a monitorare ed eliminare fughe di metano nell’impianto.
Sull’inclusione di gas e nucleare all’interno della tassonomia, gli stati membri si sono divisi. Anche perché, secondo diversi esperti, gli impianti nucleari di ultima generazione non sarebbero comunque in grado di soddisfare il limite dei 100 grammi. In ogni caso, le attività economiche riguardanti il gas e il nucleare non potranno essere finanziate con i green bond del Next generation Eu, in quanto gli standard per questi titoli sono già stati definiti e non prevedono l’utilizzo di queste due fonti energetiche.
Inoltre, un recente rapporto del gruppo di esperti conosciuto come la Piattaforma sulla finanza sostenibile, sostiene che i criteri proposti dalla Commissione europea, usati per giustificare l’inclusione di gas e nucleare nella tassonomia, non sono né rigorosi né basati sulla scienza. La Piattaforma – che riunisce stakeholders privati dei settori finanziario, non finanziario e aziendale, le ong, la società civile, il mondo accademico e i think tank, gli esperti a titolo personale, così come le istituzioni pubbliche e internazionali – ha ribadito che il gas fossile genera enormi emissioni e il nucleare crea scorie altamente radioattive che non sappiamo ancora come gestire.
Qual è l’iter di approvazione della tassonomia europea?
Raccolte le osservazioni da parte degli stati membri, la Commissione ha prodotto il testo definitivo e lo chiamato Complementary climate delegated act, in cui gas e nucleare sono state ammesse come attività energetiche “ecocompatibili”.
La Commissione ora passa la palla a parlamento e consiglio europei. I due organi avranno quattro mesi di tempo (che possono essere estesi a sei) e, se lo ritengono necessario, potranno sollevare obiezioni. Per farlo, in Consiglio è necessaria una maggioranza “rafforzata” di paesi contrari: almeno 20 stati rappresentanti il 65 per cento della popolazione europea.
Ma la principale battaglia politica dovrebbe svolgersi al parlamento europeo, dove gli eurodeputati hanno già espresso di essersi sentiti emarginati dalla Commissione europea. Il parlamento potrà sollevare obiezioni se il testo riceverà un voto negativo della maggioranza dei suoi membri in seduta plenaria (ossia almeno 353 deputati). Una volta terminato il periodo di controllo e se nessuno dei co-legislatori solleva obiezioni, l’atto delegato complementare entrerà in vigore e si applicherà a partire dal 1 gennaio 2023.
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