Pu’er: cos’è, a cosa serve e come scegliere lo straordinario tè dalle proprietà preventive e medicinali

I tè Pu’Er possiedono proprietà interessanti per la salute e possono essere utilizzati nella prevenzione quotidiana. Ne abbiamo parlato con gli esperti Alessandro Beghini e Renato Crepaldi.

  • Il tè Pu’er è un tè proveniente dalla Cina e, in particolare, dallo Yunnan.
  • Le materie prime e il rigore con cui viene prodotto sono fondamentali per determinarne la qualità.
  • Il biologo Alessandro Beghini e il dottor Renato Crepaldi, esperto di Medicina tradizionale cinese, ci forniscono alcuni dettagli sul tè Pu’er e le sue potenzialità.

Il Pu’er è un tè che vede i natali nella provincia dello Yunnan, a sud-ovest della Cina. Coltivata da tempi remoti, la Camellia sinensis, varietà assamica, è la pianta che dà origine al Pu’er, presentando un lungo trascorso come rimedio medicinale. Il prodotto che ne scaturisce è unico nel suo genere, caratterizzandosi per una fase peculiare di invecchiamento e post-fermentazione. A seconda del metodo applicato, il tè può classificarsi come Pu’er Sheng o Pu’er Shu, differenziandosi nelle sue peculiarità.

In linea generale, il Pu’er si rivela notevole in termini di utilizzo terapeutico, vantando interessanti proprietà antinfiammatorie e antiossidanti, ma anche effetti benefici sul microcircolo, sui valori di glicemia e sui livelli di lipidi ematici.

Fiori di tè © puerteasociety.com

Ne abbiamo parlato con Alessandro Beghini, biologo e fondatore con Alessandra Artiano, della Pu’er tea society, e con Renato Crepaldi, medico esperto di Medicina tradizionale cinese e agopuntura.

Beghini, come inizia la sua passione per il Pu’er?
Tutto è iniziato con un primo avvicinamento, tanti anni fa, alle culture orientali. Il tè verde giapponese entrò a far parte della nostra quotidianità, e con mia moglie Alessandra abbiamo voluto esplorare le origini della pianta del tè, conoscendone le radici cinesi e la grande diversificazione. Seguendo un percorso a ritroso nel tempo, siamo arrivati nello Yunnan, una regione a sud-ovest della Cina che può definirsi come la patria del tè, oltre che la zona di origine di tutti gli endemismi. Ancora oggi, lì esistono piante selvatiche o, comunque, dei precursori genetici della pianta. È solo ed esclusivamente nello Yunnan che il Pu’er viene prodotto.

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Alessandra Artiano e Alessandro Beghini, fondatori della Pu’er tea society © puerteasociety.com

La Pu’er tea society è un punto di riferimento per gli appassionati del Pu’er in Italia. Come nasce?
Il Pu’er è estremamente affascinante, sia per gli aspetti degustativi, sia per gli aspetti medicinali. Acquisendo questi tè, che presentano una certa rarità, è stato possibile entrare in connessione con personalità esperte di medicina cinese e di medicina preventiva. È in tale contesto, infatti, che gli aspetti medicinali del tè vengono esplorati. La Pu’er tea society nasce nel periodo della pandemia, quando, con Alessandra, decidemmo di rompere gli indugi e di farne un’attività. Lo scopo è quello di divulgare l’esperienza legata a questi tè straordinari, così come la relativa cultura scientifica e la forma d’arte che si associa all’infusione. La valenza della Pu’er tea society è, in qualche modo, anche economica, dal momento che rende disponibile un prodotto che, in Europa, non esiste a questo livello qualitativo.

La produzione del Pu’er segue degli standard di qualità o esistono delle varianti più o meno “tarocche” del processo produttivo?
Questo è un aspetto molto importante. Il fattore qualità tiene conto non solo dell’ambiente di coltivazione, ma anche del lato produttivo. Esiste una sorta di disciplinare che caratterizza i vari passaggi, che sono quasi tutti manuali. Uno step cruciale per la qualità prevede l’inattivazione al calore del tè entro un’ora dal raccolto. Lo si esegue per evitare l’ossidazione dei composti enzimatici, che porterebbe al deterioramento della qualità. Un altro passaggio fondamentale è l’essiccazione al sole, che conferisce al tè una particolare energia. È una caratteristica che non si può definire scientificamente, mentre se ne può fare esperienza consumando il tè. La differenza tra un’essiccazione al sole e l’utilizzo di un essiccatore è enorme. I tè di bassa qualità, che sono la maggior parte di quelli presenti sul mercato, passano in essiccatore a temperatura controllata. L’essiccazione al sole consente l’attivazione dei microrganismi presenti sulle foglie, ed è molto utile per innescare il processo post-fermentativo che deve avvenire successivamente. Il procedimento di produzione segue dunque uno standard, ma la meccanizzazione esiste, e serve per aumentare la produttività, soprattutto a livelli qualitativi più bassi.

La fase di appassimento del tè Pu’er © puerteasociety.com

Quale relazione tra coltivazione del Pu’er e presenza di contaminanti?
Il tè in generale è un prodotto potenzialmente contaminato da pesticidi. La monoclonalità e la coltivazione intensiva inducono, per le temperature della fascia sub-tropicale, il trattamento con pesticidi di vario genere. Relativamente alla qualità da noi selezionata, questo non succede. Le foreste del tè sono un ecosistema che vanta la collocazione delle piante in un ambiente preservato, ad alta biodiversità e resilienza. Noi facciamo testare i tè che importiamo per oltre 570 sostanze utilizzate in agricoltura, constatando la negatività secondo gli standard europei. Inoltre, abbiamo selezionato le piante coltivate a partire dai mille metri di altitudine. Più si sale e più la pianta è esposta a un’irradiazione solare molto forte, producendo sostanze secondarie ad alto valore medicinale. Dai mille metri verso il basso esistono le colture intensive, atte a soddisfare le richieste di mercato e soggette a una parte di trattamenti.

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Vecchie piante di tè sul Monte Nannuo, Yunnan – Cina © puerteasociety.com

In termini organolettici e fitoterapici, cosa differenzia un Pu’er Sheng da un Pu’er Shu?
Tutto il processo di produzione è strutturato perché questo tè possa invecchiare. Si tratta di una delle caratteristiche uniche del Pu’er. Il periodo medio di invecchiamento si colloca intorno ai trent’anni, mentre un tè invecchiato di settant’anni ha raggiunto il suo apice, presentando anche un certo valore. Il Pu’er si avvicina molto al tè verde per i tratti organolettici, poi si trasforma attraverso un processo di post-fermentazione. Viene infatti definito come un tè post-fermentato e in Cina viene chiamato anche tè nero, quando viene fermentato naturalmente. Uno Sheng può essere ‘giovane’, e quindi ricco di polifenoli come il tè verde, e può trasformarsi durante l’invecchiamento, divenendo uno Sheng “invecchiato”, che presenta caratteristiche ancora diverse. Si ha, in quest’ultimo caso, un meccanismo che è sia ossidativo, con la micro-ossidazione dei composti fogliari, sia fermentativo, mediante l’attività dei microrganismi naturalmente presenti sulle foglie essiccate.

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Preziosi tè Pu’er in forma di torta, mattone e tuo cha racchiusi in tong di foglie di bambù © puerteasociety.com

Un metodo differente è quello che dà origine al Pu’er Shu, e che serve ad accelerare il processo di invecchiamento naturale, inducendo una fermentazione artificiale. In tal caso, si ottiene un prodotto fermentato in 45-50 giorni, che assomiglia molto al tè invecchiato naturalmente, pur non raggiungendo mai i suoi livelli. L’invecchiamento naturale, infatti, permette di conservare tutti gli intermedi di reazione, mentre nella fermentazione vigorosa, innescata in poco tempo, queste sostanze si riducono, originando un prodotto che manca di alcune caratteristiche in termini di tridimensionalità organolettica. D’altra parte, lo Shu guadagna alcune proprietà, che sono soprattutto digestive, ed è adatto alla sera, dopo i pasti, perché è carente degli alcaloidi eccitanti, come la teina. Lo Shu non spicca per l’apporto di statine, che invece caratterizza lo Sheng invecchiato. Il metodo di produzione dello Shu è stato sviluppato negli anni settanta, per i consumatori meno abbienti. Un tè Pu’er Shu, in effetti, presenta un prezzo più contenuto, se comparato a un tè Sheng invecchiato vent’anni.

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Mattonella pressata di tè Pu’er Shou con maturazione accelerata © puerteasociety.com

Dottor Crepaldi, come viene inserito l’utilizzo del Pu’er nella sua pratica professionale?
Generalmente il paziente che visito viene sottoposto al percorso diagnostico della Medicina tradizionale cinese, dove viene valutata la sua “condizione energetica”. Jì xiàn lín, un grande maestro della cultura cinese, nel suo libro ‘Studi sull’antica civiltà cinese, Tán guó xué’ , fa notare che la cultura occidentale ha un approccio analitico mentre la cultura orientale, al contrario, muove da una visione sintetica della realtà: ‘c’è chi vede gli alberi e non la foresta, c’è chi vede sia gli alberi che la foresta’. La medicina cinese ha dunque un approccio olistico dove i sintomi vengono inseriti in un quadro più ampio e sono il segno di un disequilibrio energetico. Questo avviene sia attraverso l’anamnesi, che include il contesto sociale, affettivo e famigliare in cui il paziente vive, ma soprattutto attraverso l’osservazione della lingua e l’analisi del polso radiale. Il nostro obiettivo è quello poi, attraverso gli strumenti della terapia (agopuntura, rimedi erboristici, massaggio, dietetica e ginnastiche mediche) di riportare l’organismo in equilibrio. Il tè rientra in questi metodi terapeutici. Pratico questo approccio da molti anni. Ho cominciato a interessarmi del tè in quanto la tradizione cinese fa risalire l’inizio dell’uso del tè al sovrano mitologico Shen Nong, il divino agricoltore, padre dell’agricoltura cinese, che avrebbe regnato nel III millennio a.C. Si dice che abbia assaggiato centinaia di erbe per valutarne il valore medicinale e che abbia scoperto che il tè agiva da antidoto alle erbe velenose. Così ebbe inizio la storia del tè e la storia della terapia del tè. Oggi, con lo sviluppo della medicina moderna e della Medicina tradizionale cinese, vengono utilizzati principalmente farmaci ed erbe medicinali per curare le malattie, mentre il tè viene considerato piuttosto come una bevanda.
La terapia del tè, invece, propone di utilizzare il tè come sostituto alla medicina cinese, per prevenire le malattie e rimanere in salute.
Per anni mi sono dibattuto tra tè bianchi, rossi, neri e tè oolong, ma dopo l’incontro con Alessandro e Alessandra, ho cominciato a utilizzare soltanto il Pu’er. Tra le varie tipologie utilizzate in Cina, il Pu’er è sicuramente quello più efficace per quanto concerne l’equilibrio armonico della persona.

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Tè Pu’er servito in teiera d’argilla © puerteasociety.com

Nello specifico, quali sono i casi clinici che traggono giovamento dall’utilizzo del Pu’er?
Il Pu’er ha un’azione molto profonda, molto medicale. Riequilibra l’organismo in modo potente. Con Alessandro abbiamo cercato di indirizzare i vari Pu’er verso sindromi legate allo stress della vita caotica moderna in supporto ai rimedi erboristici, alla dieta e all’agopuntura. Spesso l’uso è legato all’ambito dell’energia del fegato. Il fegato nella Mtc è l’organo che muove l’energia di tutto il corpo ed è molto sensibile alle emozioni. Si tratta di una condizione che comprende tanti elementi ma non dimentichiamo che tutto è relato e quindi non può essere circoscritto. Altri organi che beneficiano sono il rene, la milza-stomaco, il cuore ed il polmone. Come si vede alcuni Pu’er riescono a rimettere in circolo l’energia agendo sui blocchi che sono la prima vera causa delle patologie. L’insonnia, l’ansia, gli attacchi di panico, i sintomi della menopausa e le funzionalità digestive, sia a livello gastrico che intestinale, le problematiche della tiroide e l’assetto lipidico sono esempi su cui possiamo operare con i vari Pu’er.

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Torta di tè Pu’er Zhen Cang © puerteasociety.com

Esistono delle indicazioni sui tempi di utilizzo e sulle quantità?
In Oriente la preparazione e il consumo del tè è un rituale, infatti viene chiamata la cerimonia del tè. Nel contesto di uno stile di vita caotico come attualmente è il nostro, questo rituale determina la rottura del ritmo giornaliero, e consente di fermarsi un istante, di ascoltarsi. In questo modo, si ha un momento di recupero. Nella mia pratica, valuto gli effetti iniziali del tè, e poi, se procede bene, consiglio l’utilizzo per tutto l’anno. Quello che si può fare, è variare le tipologie di tè a seconda dei momenti della giornata, della stagione e/o della patologia da trattare: un tè indirizzato a problemi gastrici, per esempio, viene consigliato prima o dopo i pasti. Questi tè, tra l’altro, possono essere utilizzati anche la sera per rilassare e conciliare il sonno. In altri casi, il Pu’er può essere assunto la mattina, per facilitare l’inizio delle attività giornaliere. Per quanto concerne le quantità, si fa riferimento alla necessità individuale di apporto di liquidi. Non esiste, dunque, una posologia specifica. In ogni caso, è consigliabile un utilizzo quotidiano.

Si tratta, dunque, di un rimedio preventivo?
Quello del tè è soprattutto un percorso preventivo. Il Pu’er va a rinforzare le energie difensive, aiutando l’individuo a sentirsi tonico rispetto agli affronti della vita. In modo importante, viene tutelato tutto l’aspetto psichico della persona. Tra i fattori che maggiormente incidono sulle nostre difese si collocano gli eventi traumatici che assorbiamo ogni giorno. Il tè conferisce una forma di prevenzione rispetto a questo tipo di cose.

Collocandosi un ambito estremamente vasto, ormai non più relegato al mondo orientale, il te Pu’er costituisce una risorsa promettente per il benessere umano, trovando ampio riscontro nelle indagini scientifiche dedicate.

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