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La maggior parte degli incendi in Italia è di origine dolosa, ma i cambiamenti climatici esacerbano la situazione
Il 60 per cento dei roghi è doloso, ma esiste anche un nesso tra temperature estreme e incendi, in Italia come altrove: scopriamolo.
Da una parte, le temperature estreme registrate da più parti, come i 47 gradi di Palermo. Dall’altro, gli incendi che bruciano decine di migliaia di ettari di terreni boschivi e macchia mediterranea, dalla Sicilia alla Calabria passando per la Puglia, fino alle porte della stessa Palermo: 53.610 ettari finora in Italia quelli registrati dal sistema satellitare Copernicus, come se fosse andata a fuoco una superficie equivalente a tutto il Molise e Roma messe insieme.
Ma esiste un nesso tra queste due emergenze contemporanee, temperature estreme e incendi, che stanno flagellando il sud Italia? Oppure le cause delle fiamme che stanno distruggendo boschi e vallate e lambendo spiagge e centri abitati vanno solo ricercate nel dolo, nella mano di esseri umani criminali? La risposta, dati alla mano, sembra essere semplice: sì, è colpa del dolo. Ma c’è un “ma” perché esiste anche un nesso tra temperature estreme e incendi.
Qual è il nesso tra temperature estreme e incendi dolosi?
Il 60 per cento degli incendi boschivi, in Italia, ha origine dolosa, secondo una stima fornita dalla Coldiretti che si avvicina moltissimo al 54 per cento indicato un anno fa al parlamento dall’allora ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani: l’innesco viene dalla mano dell’uomo, di qualche piromane o più probabilmente per opera delle mafie locali. Lo abbiamo visto nei giorni scorsi grazie alle immagini catturate da un drone della Regione Calabria, che ha ripreso un uomo proprio nell’atto di appiccare volutamente un incendio.
Un dato che però non può essere considerato ufficiale: la giustizia italiana, infatti, ha riconosciuto la natura dolosa di un rogo solamente nel 4 per cento delle inchieste aperte lo scorso anno (non ci può essere ovviamente altro modo che una sentenza confermata in sede giudiziaria per avere un dato ufficiale in tal senso): Legambiente, in un report della scorsa estate, spiegava che nel 2021 le persone denunciate erano state 658, in aumento del 20 per cento rispetto all’anno precedente. Dando comunque per affidabili le stime di Coldiretti e del fu ministero della Transizione, l’impatto è oggettivamente innegabile. Altrettanto innegabile però è che uno dei fattori chiave che ha contribuito all’aggravarsi di questa emergenza è l’aumento delle temperature causato dalle emissioni di gas serra in atmosfera.
Il ruolo dei cambiamenti climatici
Il nesso tra temperature record e incendi si vede a partire dal fatto che i 53.522 ettari finora andati a fuoco in Italia rappresentano un incremento di 11mila ettari rispetto all’anno scorso. Secondo l’ultimo rapporto sullo stato dei servizi climatici, infatti, gli incendi, insieme a siccità, temperature estreme, alluvioni, frane e tempeste, rappresentano le cause principali dei disastri ambientali e delle conseguenze che ne derivano in termini di perdite di vite umane ed economiche. Ogni anno, circa mezzo milione di ettari di aree naturali vengono bruciati nell’Unione europea, e si prevede che il cambiamento climatico possa esacerbare ulteriormente i rischi di incendi.
E secondo l’analisi degli scienziati di World weather attribution, proprio il cambiamento climatico ha aumentato le possibilità di incendi per temperature estreme di almeno il 30 per cento. Come ricorda un dossier presentato da Alleanza Verdi Sinistra sulla situazione degli incendi in Italia, gli scienziati stimano che se le temperature globali dovessero aumentare di 2 gradi Celsius le condizioni meteorologiche di incendio sperimentate nell’estate 2019-20 “sarebbero almeno quattro volte più comuni come risultato del cambiamento climatico causato dall’uomo”.
Con questo quadro, a causa degli incendi che hanno devastato in particolar modo il sud Italia, della siccità e della desertificazione, con l’avvento dei primi temporali sono ad altissima e drammatica probabilità il rischio di frane e alluvioni.
Un terreno secco è “preda” delle fiamme
Il nesso di causa-effetto tra temperature estreme e incendi del resto è evidente: le alte temperature, insieme alla siccità dei mesi scorsi non risolta dalle pesanti e improvvise piogge delle settimane successive, hanno seccato i terreni, rendendoli altamente suscettibili alle fiamme. Quindi, da una parte diventa più semplice che si inneschi un incendio in modo accidentale; dall’altra, un incendio doloso ha comunque molte più probabilità di propagarsi velocemente in condizioni favorevoli. Questo, combinato con una gestione del territorio inadeguata e la negligenza umana, ha portato alla situazione che oggi vediamo: chi sulla propria pelle, i più fortunati attraverso le immagini in televisione o sul web.
Quei 15 miliardi per il dissesto idrogeologico rinviati
In definitiva, la risposta è sì: il riscaldamento globale, e con le temperature record di questi giorni, ha reso l’Italia più vulnerabile agli incendi e ha contribuito anche alla desertificazione del territorio. Il suolo è sempre più esposto all’erosione, alle conseguenze delle pratiche agricole intensive e alla salinizzazione del suolo e delle acque dolci.
Anche per questo, in Italia la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha annunciato “un grande piano contro il dissesto idrogeologico”: per ora, però, l’unica iniziativa è stata quella di spostare ad altre voci dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), fondi originariamente destinati all’azione sul cambiamento climatico e alla gestione del territorio.
Tra questi, per un totale di 15 miliardi, figurano anche fondi destinati a interventi per la resilienza e l’efficienza energetica dei Comuni, misure per la gestione del rischio di alluvioni e del dissesto idrogeologico, tutela e valorizzazione del verde urbano ed extraurbano. Teoricamente, questi fondi dovrebbero essere recuperati con la prossima rata del Pnrr, che la Commissione europea dovrebbe erogare entro la fine del 2023.
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