Secondo molte associazioni, il progetto sciistico Terminillo stazione montana comporta l’abbattimento di 17 ettari di bosco e rischi per l’habitat dell’orso marsicano.
Per la regione è una grande opera di riqualificazione e di sviluppo turistico. Per le organizzazioni ambientaliste è una palese violazione delle norme sulla conservazione del patrimonio naturalistico. Fa discutere nel Lazio il progetto Terminillo stazione montana (Tsm), pensato dalla giunta regionale guidata da Nicola Zingaretti per rivitalizzare il turismo nel comprensorio sciistico della principale montagna regionale, aumentando di sette chilometri le piste disponibili. A discapito però, accusano le associazioni, di molti ettari di bosco, ben 17 per la precisione.
Terminata con parere positivo la valutazione di incidenza ambientale che riguarda il comprensorio sciistico del #Terminillo: nei prossimi giorni si concluderà anche il procedimento di Via sul progetto di sviluppo e rilancio del complesso. Più info: https://t.co/FDEYPtMYb5pic.twitter.com/CcGTeShATr
Com’è stato approvato il progetto Terminillo stazione montana
Nei prossimi giorni è atteso il via libera definitivo al progetto di ristrutturazione e ampliamento del comprensorio sciistico, dopo che lo scorso 4 gennaio si è conclusa con parere positivo la procedura di valutazione di incidenza ambientale che riguarda il progetto volto a ripristinare i 17 impianti di risalita ormai in disuso tra i comuni di Rieti, Cantalice, Micigliano e Leonessa (su 24 esistenti, fino allo scorso inverno ne erano rimasti attivi solamente 7), realizzare un sistema infrastrutturale “compatibile con le direttive di salvaguardia e protezione dell’ambiente” in grado di collegare gli impianti e renderli parte di un sistema unico. Il progetto prevede sulla carta, tra le altre cose, la messa in sicurezza dal rischio frane e dal rischio valanghe delle infrastrutture e degli insediamenti presenti sul territorio e la valorizzazione delle risorse naturali del territorio montano, e secondo l’assessore al Lavoro e alle politiche per la ricostruzione Claudio di Berardino “è una sintesi tra le esigenze di sviluppo turistico nel pieno rispetto del territorio e delle bellezze naturalistiche”.
Ma un network di una decine di associazioni, tra cui molte locali e alcune nazionali o perfino internazionali come Wwf, Club alpino italiano(Cai),Lipu, sin dall’inizio di questo progetto (risalente al 2018) hanno individuato diverse criticità, a partire da quella legata alla prevista eliminazione di 17 ettari di bosco di faggi secolari che, come hanno scritto anche in un appello pubblicato su Change.org, “provoca ingenti disturbi alla fauna, in violazione delle norme di conservazione delle aree di alto valore ambientale e di quelle sulla valutazione di impatto ambientale”.
Secondo le associazioni tra l’altro “i nuovi impianti (previsti a quote inferiori i 1.900 metri), per la cronica mancanza di neve dovuta al cambiamento climatico, non avranno alcuna possibilità di essere redditizi, costituendo di fatto uno spreco di denaro pubblico, utilizzato a discapito di una delle zone montane appenniniche più belle e suggestive, tanto da meritare la tutela dell’Unione europea attraverso speciali aree di protezione”.
E se anche il progetto Tsm promette “il rimboschimento compensativo in aree non interferenti con altri habitat naturali, mediante produzione in loco delle essenze autoctone”, quello del disboscamento non è l’unico problema individuato. Le altre questioni aperte riguardano:
le risorse idriche, perché secondo le associazioni i sistemi di innevamento artificiale richiederanno ingenti quantitativi di acqua e creeranno problemi di ricarica delle falde già sottoposte a stress idrico per la crisi climatica in atto, e la protezione;
la protezione dell’orso bruno marsicano, perché il Tsm è in aperta contrapposizione con quanto certificato dall’Università di Roma La Sapienza che ha definito “l’intera area come di importanza critica e favorevole per l’espansione dell’areale dell’Orso bruno marsicano”, ricordando che “tale espansione viene riconosciuta come unica strategia possibile e coerente per la conservazione a lungo termine di questa relitta popolazione di orso”.
La petizione su Change.org sta per raggiungere ormai le 25mila firma poste come obiettivo dei promotori, ma con l’iter burocratico che è ormai arrivato alla conclusione il tempo per intervenire sembra ormai agli sgoccioli.
L’albero potrebbe avere fino a mille anni, ma è stato scoperto solo dal 2009, dopo la segnalazione di una band della zona, che ora gli dedicherà un brano.
Il 29 ottobre 2018, le raffiche di vento della tempesta Vaia hanno raso al suolo 40 milioni di alberi in Triveneto. Una distruzione a cui si sono aggiunti gli effetti del bostrico, che però hanno trovato una comunità resiliente.