In Svezia è stato scoperto un enorme giacimento di terre rare

La Svezia ha annunciato la scoperta di un enorme giacimento di terre rare, fondamentali per la transizione verde e per le quali la Ue dipende dalla Cina.

  • In Svezia è stato rinvenuto il più grande giacimento europeo di terre rare.
  • Si tratta di elementi chimici difficili da estrarre, ma necessari per la transizione verde.
  • Al momento dipendiamo esclusivamente dalla Cina.

In Svezia è stato scoperto un enorme giacimento di terre rare, il più grande mai rinvenuto in Europa, che potrebbe diventare fondamentale per sottrarre l’Unione Europea al monopolio quasi totale esercitato oggi dalla Cina su queste preziosissime risorse. La scoperta è stata fatta a Kiruna dalla Lkab, la società statale mineraria svedese di proprietà statale: in una conferenza stampa indetta per l’occasione, il Ceo Jan Moström ha parlato di risorse per oltre un milione di tonnellate di terre rare.

“Questa è una buona notizia, non solo per Lkab, la regione e il popolo svedese, ma anche per l’Europa e il clima – ha spiegato Moström – Questo è il più grande deposito conosciuto di elementi di terre rare nella nostra parte del mondo e potrebbe diventare un elemento fondamentale per la produzione delle materie prime fondamentali che sono assolutamente cruciali per consentire la transizione verde. Ci troviamo di fronte a un problema di approvvigionamento. Senza terre rare, non ci possono essere veicoli elettrici”.

Che cosa sono le terre rare 

Per terre rare si intende un gruppo di elementi chimici con proprietà fisiche e chimiche simili, utilizzati in una vasta gamma di applicazioni high-tech, tra cui dispositivi elettronici, telefoni cellulari, display a cristalli liquidi, batterie, turbine eoliche e magneti.

 Si tratta di 17 elementi chimici: scandio, ittrio e i 15 lantanoidi ovvero, nell’ordine della tavola periodica, Lantanio, Cerio, Praseodimio, Neodimio, Promezio, Samario, Europio, Gadolinio, Terbio, Disprosio, Olmio, Erbio, Tulio, Itterbio e Lutezio.

A dispetto del nome, il termine “terre rare” viene assegnato a questi speciali elementi chimici presenti nei minerali non per la loro scarsa presenza, ma per via della loro difficile identificazione oltreché per la complessità del processo di estrazione e lavorazione del minerale puro. Complessità che comporta anche, in molti casi, impatti ambientali non indifferenti.

Il più grande deposito in Europa

Kiruna, la città più settentrionale della Svezia, si trova a circa 20 miglia dal circolo polare artico nella Lapponia svedese. L’operazione mineraria di Lkab si svolge nelle immediate vicinanze, in quella che era già considerata la più grande miniera sotterranea di minerali del mondo, e chiamata Per Geijer. Le grandi quantità di terre rare (Rare earth metals, o Ree) trovate sarebbero sufficienti per soddisfare gran parte della domanda futura dell’Ue per la produzione dei magneti permanenti necessari per i motori, tra l’altro, nei veicoli elettrici e nelle turbine eoliche, dando un grande impulso all’utilizzo di fonti rinnovabili.

Ad oggi, nessun elemento di terre rare viene estratto in Europa e, allo stesso tempo, la domanda dovrebbe aumentare drasticamente nei prossimi anni a causa dell’elettrificazione cui gli stati europei stanno ricorrendo per far fronte agli impegni di riduzione di CO2 di origine fossile: questo, spiega, Lkab, “porterà a una sotto-offerta globale, e di conseguenza a una fase di crescenti tensioni geopolitiche”. Secondo la valutazione della Commissione europea, la domanda di elementi di terre rare per auto elettriche e turbine eoliche, tra gli altri, dovrebbe aumentare di oltre cinque volte entro il 2030.

Oggi l’Europa dipende quasi totalmente dalle importazioni di questi minerali, in cui la Cina domina completamente il mercato, con una produzione annua di circa 130mila tonnellate (dati del 2019) e detenendo circa il 37 per cento delle riserve mondiali. Seguono gli Stati Uniti, con il 12 per cento, il Myanmar (10,5) l’Australia (10) e poi diversi paesi africani, generalmente instabili politicamente e caratterizzati da una forte influenza economica cinese.  Dalla scoperta del giacimento di Kiruna può passare dunque la strada l’autosufficienza e l’indipendenza dell’Ue da Russia (per quanto riguarda i fossili) e Cina.

Una strada ancora lunga

Una strada che però è ancora lunga. Il primo passo per arrivare a una possibile estrazione delle terre rare dal giacimento di Per Geijer, poste a circa 700 metri di profondità, è fare una richiesta di concessione, che Lkab punta a ottenere entro il 2023. Dopodiché, come spiegato dallo stesso Ceo Jan Moström, “ci vorranno almeno 10-15 anni prima che possiamo effettivamente iniziare a estrarre e fornire materie prime al mercato. Ma l’attenzione della Commissione europea su questo tema è molto alta, per garantire l’accesso ai materiali critici, e il Critical Raw Materials Act su cui la Commissione sta lavorando, è decisiva. Dobbiamo modificare i processi di autorizzazione per garantire una maggiore estrazione di questo tipo di materia prima in Europa. L’accesso è oggi un fattore di rischio cruciale sia per la competitività dell’industria europea che per la transizione climatica”.

Gli impatti ambientali negativi

C’è anche un aspetto più critico della vicenda. L’estrazione e la lavorazione delle terre rare infatti possono avere impatti ambientali negativi, come la deforestazione, l’inquinamento delle acque e la perdita di habitat per le specie animali. Prima di essere utilizzabili, infatti, le terre rare infatti devono essere sottoposte a un procedimento di scioglimento in acidi, filtraggio e pulizia, così che durante la lavorazione vengono emessi prodotti tossici e, in alcuni casi, radioattivi. Illuminante a tal senso quanto riportato dalla Bbc in un reportage che parla dell’estrazione di terre mare in Mongolia. 

Per questo, è importante che le attività di estrazione e lavorazione siano condotte in modo responsabile e sostenibile. In generale, le terre rare sono elementi essenziali per lo sviluppo e la crescita economica, ma la loro disponibilità limitata e gli impatti ambientali dell’estrazione richiedono una gestione attenta e una diversificazione delle fonti. Anche per questo l’Unione europea ha annunciato nel settembre 2022 il varo di un Critical Raw Materials Act, con l’obiettivo di affrontare la dipendenza dell’Europa dalla Cina per le terre rare e più in generale per tutte quelle materie prime critiche (tra cui il fosforo e il cobalto) essenziali per superare la produzione di energia da fonti fossili: il piano dovrebbe essere presentato entro la fine di marzo 2023 e identificherà i progetti strategici lungo tutta la catena di approvvigionamento, dall’estrazione alla raffinazione, dalla lavorazione al riciclo.

Nel suo discorso sullo stato dell’Unione europea del settembre 2022, la presidente della Commissione europea Ursula Von der Leyen aveva ricordato che “senza un accesso sicuro e sostenibile alle materie prime necessarie, la nostra ambizione di diventare il primo continente climaticamente neutro è a rischio”.

 

“Dobbiamo evitare di diventare di nuovo dipendenti, come abbiamo fatto con petrolio e gas”, aveva avvertito Von der Leyen. “Presto il litio e le terre rare saranno più importanti del petrolio e del gas.  La nostra domanda di terre rare da sola aumenterà di cinque volte entro il 2030 e dobbiamo evitare di diventare nuovamente dipendenti” come accaduto drammaticamente con la Russia per le fonti fossili. Nelle mire della Commissione, l’approvvigionamento dovrà essere soprattutto sostenibile e responsabile, dal momento che l’elevata concentrazione dell’offerta in paesi con standard sociali e ambientali più bassi non solo rappresenta un rischio per la sicurezza dell’approvvigionamento, ma può anche aggravare i problemi sociali e ambientali. Motivo per cui in Europa si guarda con molto interesse al ritrovamento effettuato in un paese dagli standard elevati come la Svezia.

 

 

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