Perché vincolarsi alla vita frenetica in città, ora che è possibile lavorare ovunque? Da questa domanda nasce il fenomeno di digital nomad e south working.
Thomas Cook, il profeta del viaggio organizzato
Le orde di turisti che colonizzano località balneari, giungle e montagne lo devono, in parte, a Thomas Cook, considerato il “padre” del viaggio organizzato.
Intuizione geniale quanto sventurata che a partire dal 1841 si
affianca alla moda del Gran Tour, esperienza formativa
irrinunciabile e appannaggio di nobili e intellettuali, affermatasi
in Europa verso la metà del Settecento. Pioniere del viaggio
di gruppo, Thomas Cook riuscì soprattutto nell’impresa di
rendere accessibile alle classi meno abbienti dell’ Inghilterra
vittoriana, abbrutite e sfiancate dalla rivoluzione industriale e
capitalistica, inclini al gin e alla birra, di evadere sia pur per
breve tempo dal clima nazionale. Una missione, la sua,
apparentemente sincera e altruista, degna di un semplice tipografo
e battista di confessione quale egli era, che in breve tempo
però diede vita ad un impero turistico parallelo a quello
britannico.
Ciò che Thomas Cook non avrebbe mai immaginato sono gli
sviluppi e l’impatto sulla cultura, la società e l’ambiente
che la sua intuizione avrebbe generato con il passare del tempo,
l’espansione e la trasformazione di un’idea, il viaggio tutto
compreso, in un’industria su cui non tramonta mai il sole.
Chissà se oggi il buon Thomas Cook sarebbe felice di vedere
che il suo disegno di elargire viaggi modesti e spartani agli
escursionisti del suo tempo e a sparute comitive di lavoratori
pallidi, emaciati e col penny contato, è approdato a esiti
ben diversi da quelli auspicati. E chissà come fremerebbe
nella tomba il profetico “santo patrono del viaggio organizzato” se
avesse notizia che proprio quei suoi primi connazionali sarebbero
diventati le avanguardie delle future orde dei dannati delle
vacanze “tutto compreso”.
Maurizio Torretti
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