Time 100. Tra le cento persone più influenti c’è anche la paladina dei diritti degli indigeni

La rivista Time ha pubblicato Time 100, la selezione delle cento persone più influenti del 2020. Oltre a politici e manager, compaiono anche gli attivisti.

L’attivista indigena che si scaglia contro le mire delle società petrolifere, l’infermiera che ha contratto la Covid-19 prendendosi cura di un paziente, le fondatrici del movimento Black lives matter. Si incontrano tanti volti femminili e tante storie di coraggio all’interno di Time 100, la classifica delle cento persone più influenti del 2020 redatta come ogni anno dalla rivista statunitense Time. Pionieri, artisti, leader, titani e icone: queste le cinque categorie in cui è suddivisa la lista, in cui ogni personaggio viene descritto da una firma d’eccezione.

Leader

C’è molta America nella categoria dei Leader, tra la speaker della camera Nancy Pelosi, il presidente Usa in carica Donald Trump, il suo sfidante alle elezioni del 3 novembre Joe Biden e la vice presidente da lui designata, Kamala Harris. Non manca nemmeno Anthony Fauci, l’immunologo che ha coordinato la risposta statunitense all’emergenza sanitaria.

Ma ci sono anche vite ben distanti dai palazzi del potere. Come quella di Nemonte Nenquimo, presidente di Conconawep, il consiglio di coordinamento degli indigeni Waorani di Pastaza, la più estesa provincia dell’Ecuador. Lo scorso anno ha preso le redini di una lunga contesa legale contro il governo dell’Ecuador, che era intenzionato ad aprire alle esplorazioni petrolifere una vasta area dell’Amazzonia. Una vicenda che si è chiusa mettendo a segno una vittoria tanto inaspettata quanto preziosa, perché stabilisce un precedente a cui anche altre comunità potranno appellarsi.

Nemonte Nenquimo “ha mantenuto la sua parola e continua a essere portavoce e difensore della sua comunità”, scrive di lei l’attore e ambientalista Leonardo DiCaprio su Time. In questi mesi la leader è stata impegnata su un altro campo, molto diverso ma altrettanto decisivo: quello della pandemia da coronavirus, di fronte alla quale i popoli indigeni rischiavano di trovarsi vulnerabili e isolati. La loro resistenza passa attraverso una capillare opera di informazione e una raccolta fondi per assicurare i beni di prima necessità.

“Gli incendi, la pandemia e i cambiamenti climatici sempre più veloci ci ricordano duramente che il nostro Pianeta ha perso il suo equilibrio” dichiara lei stessa a seguito della pubblicazione di Time 100. “Insieme alle mie sorelle e ai miei fratelli indigeni, speriamo che il riconoscimento da parte del Time ispiri le persone di tutte le nazioni e di tutti i Paesi a stare dalla nostra parte, chiedere rispetto per i diritti dei popoli indigeni e prestare ascolto al loro sapere e alle loro soluzioni. È giunto il momento di essere uniti per proteggere l’Amazzonia, il nostro Pianeta e il clima per il bene delle future generazioni”.

Waorani durante una riunione
Rappresentante della popolazione indigena ecuadoriana Waorani © Fernando Sandoval/Asamblea Nacional/Flickr

Pionieri

È annoverata tra i Pionieri Shiori Ito, giornalista e filmmaker giapponese che ha accusato di violenza sessuale un celebre giornalista televisivo e, dopo una contesa legale durata quattro anni, ha ottenuto una storica vittoria in sede civile. “Storica” perché la legge giapponese non menziona il tema del consenso, e culturalmente vige una certa reticenza a denunciare tali crimini. Di fatto, Shiori Ito ha portato anche in Giappone il movimento #metoo, infondendo a molte altre donne il coraggio di esporsi.

Insieme a lei nella classifica Time 100 c’è Nathan Law, che nel 2016 è stato il più giovane mai eletto al Consiglio legislativo di Hong Kong. Oggi è in esilio, dopo aver partecipato per mesi alle proteste di piazza contro il crescente controllo di Pechino.

Nathan Law, Hong Kong
L’attivista di Hong Kong Nathan Law © Anthony Kwan/Getty Images

Artisti

Il volto del trentenne Abel Tesfaye, meglio noto come The Weeknd, campeggia in cima alla lista degli Artisti. A tracciare il suo ritratto è Elton John, autore del celeberrimo verso “I hope you don’t mind” che in Scared to live diventa “I hope you don’t know”. Poi c’è la popstar Selena Gomez, che in più occasioni ha messo la sua enorme visibilità al servizio di cause sociali; prima fra tutte, quella dei diritti dei migranti negli Stati Uniti. Una questione che la tocca personalmente (la sua famiglia è originaria del Messico) e che è al centro della docu-serie Netflix Living Undocumented, di cui è produttrice esecutiva.

Titani

Scorrendo l’elenco dei Titani ci si imbatte nei vertici di aziende iconiche. Come Sundar Pichai, l’amministratore delegato di Google, che ha appena annunciato un piano per rendere carbon free il colosso di Mountain View entro il 2030. O Eric Yuan, fondatore della piattaforma di videochiamate Zoom, che ha spopolato durante il lockdown.

A rappresentare l’Africa c’è Tunji Funsho, cardiologo in pensione ora a capo del programma del Rotary International per l’eradicazione della polio in Nigeria. È anche merito suo e del suo team se, a quattro anni di distanza dall’ultimo caso accertato, dal mese di agosto del 2020 la poliomielite selvaggia risulta ufficialmente debellata nell’intero Continente.

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Secondo l’Oms, le campagne di vaccinazione condotte in Africa hanno salvato 180mila vite © Chris Hondros/Getty Images

Icone

Era l’inizio di marzo quando all’ospedale di Wyckoff, a Brooklyn, è stato ricoverato il primo paziente malato di Covid-19. A prendersi cura di lui è stata Amy O’Sullivan, infermiera con diciott’anni di esperienza, che dopo pochi giorni ha iniziato a mostrare i primi sintomi, trovandosi ben presto intubata e attaccata a un respiratore. Una volta guarita, si è presa appena due settimane di pausa prima di tornare al lavoro. Con il suo esempio si apre la quinta e ultima sezione di Time 100, quella dedicata alle Icone.

Generazioni di donne di colore a una manifestazione Black lives matter © Jeff J Mitchell/Getty Images

Ne fanno parte anche Patrisse Cullors, Alicia Garza e Opal Tometi. I loro nomi magari non suonano familiari ai più, ma è a loro che dobbiamo il movimento Black lives matter (letteralmente, “le vite dei neri contano”) che ha riunito migliaia di attivisti nelle piazze fisiche e virtuali per protestare contro le discriminazioni razziali tuttora presenti nel tessuto sociale americano. A scrivere il loro profilo è Sybrina Fulton, madre di Trayvon Martin, ragazzo americano che nel 2012 fu ucciso a colpi di pistola per strada. Il caso fece molto discutere soprattutto per la clamorosa sentenza di assoluzione per il suo assassino, la guardia giurata George Zimmerman. “35 anni fa avrei potuto essere Travyon Martin”, disse di lui l’allora presidente degli Stati Uniti Barack Obama.

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