Il concerto milanese per Gaza, un successo di pubblico e raccolta fondi, è stata la presa di posizione più forte contro il genocidio della scena musicale italiana.
I Tinariwen e i commenti razzisti sui social
In vista di un loro concerto di settembre nella città di Winston-Salem nella Carolina del nord, i Tinariwen hanno ricevuto violente minacce e commenti razzisti sui social media.
Amadjar è il titolo del nuovo album dei Tinariwen – band di musicisti sahariani tuareg proveniente da Tessalit, nel nord est del Mali – la cui uscita è prevista per il 6 settembre prossimo. Nel frattempo la band ha lanciato Taqkal Tarha, il primo singolo tratto dal nuovo disco, e ha annunciato le date del tour mondiale che, fra settembre e novembre, toccherà Canada, Stati Uniti ed Europa.
Un album e un tour molto attesi, dal momento che i Tinariwen sono attualmente il gruppo musicale africano più conosciuto e apprezzato a livello internazionale. Nel 2012, con Tassili, la band si è aggiudicata un Grammy award come Best world music album; nel 2018 l’album Elwan – dove tra l’altro troviamo collaborazioni come quella con Kurt Vile e Mark Lanegan – ha ricevuto una nomination sempre per i Grammy awards; infine, i Tinariwen hanno condiviso il palcoscenico con i Rolling Stones e con il frontman dei Led Zeppelin, Robert Plant, per citarne solo alcuni.
I Tinariwen negli Stati Uniti e i commenti razzisti su Facebook
Negli Stati Uniti, i Tinariwen toccheranno diverse località, tra cui la cittadina di Winston-Salem nella Carolina del nord dove il live è previsto per il 17 settembre presso il club The Ramkat. Per promuovere lo spettacolo, il locale ha utilizzato due post sponsorizzati e ha pubblicato l’evento su Facebook, ricevendo un numero impressionante di commenti e battute razziste e cariche d’odio e persino minacce violente nei confronti della band. Il tenore dei commenti è stato del tipo: “Quindi l’ISIS suonerà al Ramkat? LOL”, oppure: “A me sembrano più che altro terroristi”.
In un primo momento, i gestori del locale hanno cancellato i commenti in una sorta di censura dell’odio. Ma le cose si sono aggravate, arrivando a pesanti minacce di violenza con armi da fuoco e bombe, come riportato dal magazine Triad City Beat. Per questo si è deciso di mantenere i commenti: “Inizialmente li ho cancellati perché mi vergognavo del fatto che questo tipo di cose stesse accadendo proprio qui a Winston-Salem”, ha detto Andy Tennille, uno dei proprietari del Ramkat intervistato dalla radio locale WFDD, “ma è meglio avere la possibilità di identificare queste persone e, nello stesso tempo, denunciare questo tipo di comportamento razzista che tutti dovrebbero sentire totalmente inaccettabile”.
Andy Tennille ha, inoltre, sottolineato la totale mancanza di informazione degli haters su Facebook: “Se avessero fatto una veloce ricerca sulla band, i Tuareg e la loro storia, avrebbero facilmente scoperto che i componenti della band sono stati perseguitati per tutta la loro vita e che Tinariwen stessi hanno resistito all’estremismo islamico nell’Africa nord occidentale (…) La cosa più deludente è il fatto che stiamo parlando di questi commentatori, invece di discutere di quanto i Tinariwen siano una band incredibile”.
La storia dei Tinariwen, gruppo esule del Mali
I componenti dei Tinariwen si sono conosciuti nel corso degli anni all’interno di campi profughi tuareg dell’Africa sahariana. Ibrahim Ag Alhabib, il fondatore del gruppo, dopo l’uccisione del padre da parte dei soldati del Mali nei primi anni Sessanta (perché accusato di essere in contatto con la ribellione tuareg), diventa esule e inizia il suo peregrinare per i campi profughi tra Algeria e Libia.
Proprio in uno di questi – nell’oasi algerina di Tamanrasset – incontra Alhassane Ag Touhami e Inteyeden Ag Ableine, suoi compatrioti anch’essi esiliati, con cui fonda i Tinariwen. Insieme iniziano a esibirsi nei campi in Libia, gli stessi in cui il colonnello Gheddafi arruolava i combattenti. A questo punto vengono “assoldati” anche gli ultimi tre componenti del gruppo e da qui inizia l’ascesa internazionale del gruppo.
Leggi anche: Robert Plant e Tinariwen in un nuovo album per sostenere i profughi
Nell’autunno del 2012, come riportato dal The Guardian, il gruppo fondamentalista chiamato Ansar Dine ha imposto un decreto sulla città di Gao, nel nord del Mali, per il quale tutti i musicisti sono stati perseguitati e gli strumenti musicali bruciati in nome della Sharia. Nel gennaio 2013, gli stessi Tinariwen sono stati costretti a fuggire dal Mali e il loro chitarrista, Abdallah Ag Lamida, è stato trattenuto per un breve periodo perché cercava di salvare le sue chitarre.
Insomma, i Tinariwen sono un gruppo esule i cui componenti da molto tempo non possono tornare in Mali, il loro Paese di origine, proprio a seguito delle persecuzioni che stanno subendo dagli estremisti islamici, gli stessi a cui i commentatori di Facebook vorrebbero che loro appartenessero.
La denuncia internazionale dei Tinariwen del fondamentalismo islamico
I membri dei Tinariwen da sempre hanno denunciato e contestato duramente il fondamentalismo islamico che da anni sta alimentano la crisi politica e umanitaria in Mali. Lo hanno fatto con la loro musica e le loro chitarre, trovando riscontri più che positivi in tutto il mondo. “Se gli haters percepiscono i Tinariwen come una minaccia ai valori occidentali, stanno dunque sbagliato”, come ha fatto giustamente notare Richard Emmett, partner del Ramkat.
Emmett lavora da anni nei locali della zona e non ricorda un così feroce accanimento razzista nei confronti di nessun altro gruppo o manifestazione che ha organizzato, forse dovuto al clima politico che si respira in questi ultimi tempi negli Stati Uniti.
Nonostante questa triste vicenda, il concerto si farà: le misure di sicurezza verranno aumentate per il giorno del concerto, ma molte sono le persone che hanno espresso la vicinanza al gruppo, acquistando i biglietti e inviando messaggi positivi sia alla band che ai proprietari del locale.
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