Dall’ecoansia a sensazioni positive di unione con la Terra. Conoscere le “ecoemozioni” ci aiuta a capire il nostro rapporto con ciò che ci circonda e come trasformarle in azione.
Torino ospita la Generazione 2030: nelle scuole priorità all’educazione per la sostenibilità
Quando i giovani incontrano gli Obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite nasce la Generazione 2030. La Nuvola Lavazza di Torino ospita una tappa del festival di Asvis.
Nel 1992, Severn Suzuki, una bambina giapponese di 13 anni, rapì l’attenzione dei presenti alla conferenza Onu di Rio de Janeiro in occasione del Vertice della terra. Suzuki si fece portavoce della sua generazione dei temi ambientali e per mesi si parlò della “ragazzina che zittì il mondo per 6 minuti”. Sebbene Suzuki dicesse più o meno le stesse cose oggi riportare da Greta, quel messaggio cadde nel vuoto.
Generazione 2030: un movimento dal basso protagonista del cambiamento
Come evitare che capiti di nuovo e cogliere invece l’invito delle nuove generazioni a un mondo più sostenibile? Di questo si è parlato durante il Festival dello sviluppo sostenibile, organizzato da Asvis (Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile) e ospitato alla Nuvola Lavazza di Torino, sede dell’omonimo brand di caffè celebre per la sua campagna pubblicitaria con Carmencita. Ed è proprio alla Nuvola che la “Generazione Greta” ha incontrato i 17 obiettivi di sviluppo sostenibile (Sustainable development goals – Sdg) delle Nazioni Unite, ribattezzandosi per l’occasione “Generazione 2030”, dall’anno limite indicato dalle Nazioni Unite stesse come il termine massimo per invertire la rotta del cambiamento climatico.
L’incontro nel quartier generale di Lavazza è stato dedicato in gran parte al goal 4, cioè all’educazione allo sviluppo sostenibile: “Greta ci dimostra che la nuova generazione non è distratta e che chiede con risolutezza un cambiamento” ha detto Lorenzo Fioramonti, viceministro al Ministero dell’istruzione, che ha aperto l’evento alla Nuvola. “Che tipo di educazione stiamo dando ai nostri bambini? Che l’acqua venga dal rubinetto e il latte da una confezione? Dobbiamo riappropriarci della cultura ecologica. Per questo l’impegno del governo è quella di introdurre nell’educazione civica anche un percorso sull’educazione ambientale, di introdurre corsi universitari più trasversali e di basare il rating delle università, da cui dipende anche il loro finanziamento pubblico, anche sul criterio della sostenibilità”.
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La platea, che pullulava di ragazzi delle scuole, ha dimostrato come essi siano coinvolti non solo in qualità di destinatari delle iniziative, ma soprattutto come attivi protagonisti dei cambiamenti in atto. Non potevano allora mancare i ragazzi del Friday for Future di Torino, rappresentati da Luca Sardo e Andrea Borrello: “Che senso ha studiare per il nostro futuro se poi quel futuro rischiamo di non averlo?” ha chiesto alla platea il primo. “C’è un’indifferenza vergognosa su questo argomento. La nostra è quella di andare avanti fino a quando i governi non faranno davvero qualcosa. Abbiamo indetto il prossimo Global Strike per il 27 settembre” conclude il secondo.
Inoltre, secondo i recenti risultati di una ricerca commissionata da Fondazione Barilla e condotta da Ipsos dal titolo “I giovani, gli SDGs e il cibo”, incentrata proprio sul rapporto che c’è tra gli under 27 italiani e i 17 Sdg, sei giovani su dieci pensano che sia compito delle generazioni future – quindi quella dei loro figli – raggiungerli e che scuola e istituzioni (insieme alla famiglia) siano le realtà che dovrebbero aiutarli ad accrescere la loro consapevolezza sul tema.
Il Goal zero, ovvero la comunicazione ambientale
Lavazza, al centro di questo appuntamento, ha valorizzato il progetto “TOward 2030 – What are you doing”, inaugurato nel 2018, che ha vestito la città di Torino con i goals dell’Agenda 2030: in particolare, attraverso la street art, Lavazza ha commissionato la realizzazione di enormi murales, uno per ciascun goal, in giro per Torino, creando un percorso diffuso e trasformando la città in un museo a cielo aperto. “Da quando Lavazza ha aderito all’Agenda 2030, abbiamo moltiplicato le iniziative che rispondono a quello che chiamiamo il ‘goal zero’, che si prefigge di comunicare in senso più ampio lo sviluppo sostenibile, a tutti e in tutte le sue sfaccettature. In questi due anni abbiamo condotto un’approfondita analisi degli impatti delle attività di Lavazza sui 17 SDGs e in tutti in nostri programmi stiamo seguendo la matrice proposta dale Nazione Unite” evidenzia Mario Cerutti, chief institutional relations & sustainability officer di Lavazza. “Questo impegno capillare è espresso pienamente nel nostro Bilancio di Sostenibilità 2018 che, infatti, abbiamo intitolato A goal in every cup e che da oggi è disponibile per tutti i nostri interlocutori, dai collaboratori a fornitori, dai partner locali e internazionali ai consumatori e a tutta la società civile”.
Ernest “Zach” Zacharevic è stato uno dei primi street artist a firmare un murales della campagna “TOward 2030”. Di nazionalità lituana, Zach è stato anche l’ideatore della campagna “Splash&Burn“, un’iniziativa promossa da artisti che attraverso la creatività incoraggia a instaurare un dialogo più ampio sull’olio di palma non sostenibile e sugli effetti nocivi che questo può generare sulle foreste dell’Asia sud-orientale e sulle relative specie naturali selvatiche, ormai in declino. Murales, sculture e installazioni artistiche sono stati realizzati nel vasto paesaggio di Sumatra affrontando tematiche quali l’inquinamento, la deforestazione e la migrazione di esseri umani e della fauna.
Nuovi manager più consapevoli
“Da un nostro sondaggio il 75 per cento degli intervistati ritiene che questi argomenti siano una priorità. Ma questo significa che c’è ancora un 25 per cento che li ignora” afferma Enrico Giovannini, portavoce di Asvis, durante l’incontro a Torino. “Queste persone pensano che siano i governi e le imprese a dover risolvere il problema ma c’è anche molta gente che pensa che la soluzione vada trovata insieme e a partire dai cittadini” . E l’ex-ministro del lavoro aggiunge: “Se chiedi qual è il goal più importante e urgente, le persone rispondo quello relativo all’emergenza climatica. E solo al terzultimo posto troviamo quello relativo alle abitudini di consumo: eppure io credo che solo attraverso un cambiamento radicale dei nostri modelli di consumo possiamo cambiare effettivamente le cose. Le Nazioni Unite indicano fra i primi tre goals povertà, disuguaglianza e accesso alla salute: non sono questioni puramente ambientali ma questo dimostra come tutto è connesso”.
Le imprese hanno un ruolo fondamentale in tutto questo. Lo sforzo è quindi anche quello di formare manager più attenti alla sostenibilità, anzi, come si è ripetuto più volte durante il convegno, alla “innovability”: perché la sostenibilità passa prima di tutto attraverso l’innovazione.
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