Dal mischiglio della Basilicata alla zucca malon del Friuli al cappero di Selargius, in Sardegna: i presìdi Slow Food che valorizzano prodotti dimenticati, ma di fondamentale valore per la biodiversità, il territorio e le comunità.
A Torino, comunità e rigenerazione al centro di Terra Madre Salone del Gusto
Dal 22 al 26 settembre 2022 a Torino c’è Terra Madre Salone del Gusto. 700 espositori e più di 3000 persone unite da una sola parola chiave: rigenerazione.
Terra Madre Salone del Gusto torna a Torino dal 22 al 26 settembre 2022. La manifestazione organizzata da Slow Food animerà le architetture ex industriali di Parco Dora con le sue forme, i colori e i profumi, le sue voci ma anche con la gioia e l’entusiasmo di potersi incontrare di nuovo.
Giunta alla 14esima edizione, Terra Madre rappresenta una delle manifestazioni sul cibo più importanti sulla scena internazionale. Oltre 3mila contadini e allevatori provenienti da tutto il mondo si riuniranno per poter scambiare buone pratiche e raccontare al grande pubblico le proprie esperienze. I numeri dell’evento sono notevoli: a Torino giungeranno persone da 150 paesi diversi e saranno 700 gli spazi espositivi del mercato.
E sono proprio le buone pratiche quelle di cui il pubblico può fare esperienza durante i cinque giorni di Terra Madre, incontrando gli espositori italiani, i produttori dei presìdi Slow Food, partecipando alle attività e ai percorsi interattivi dedicati alla biodiversità, all’educazione e all’attivismo, agli oltre 500 eventi, tra cui laboratori del gusto e appuntamenti a tavola, grandi conferenze e incontri con filosofi ed economisti, attivisti, artisti e ricercatori, tra i quali Telmo Pievani, filosofo ed evoluzionista, che ricopre la prima cattedra italiana di filosofia delle scienze biologiche; Elena Granata, docente associata di urbanistica al Politecnico di Milano; Raj Patel, economista britannico, attivista e studioso della crisi alimentari mondiale.
La parola chiave di Terra Madre è “rigenerazione”
Il claim scelto per la manifestazione è #RegenerAction: la rigenerazione deve partire dal cibo affinché questo diventi motore della transizione ecologica necessaria al profondo rinnovamento del pensiero e della società, unica via per affrontare le crisi in atto. Rigenerare le pratiche agricole, i sistemi di produzione e distribuzione, le diete e le abitudini di consumo, nelle città come nei piccoli borghi, sono tutte azioni tangibili e concrete che la comunità globale può e deve sostenere.
Il tema della rigenerazione è ampio e trasversale e Slow Food lo affronta da diversi punti di vista. Durante Terra Madre se ne parlerà con un approccio olistico al tema dell’alimentazione, superando le barriere e i confini disegnati sulle mappe geografiche e scommettendo sulla conoscenza e sulle buone pratiche delle comunità presenti in tutto il mondo.
“Nel corso dei secoli, in ogni angolo del pianeta, generazioni di contadini si sono adattate alle condizioni peculiari dei diversi ecosistemi e territori, selezionando i semi migliori e le razze animali più rustiche, escogitando sistemi per coltivare su pendii scoscesi o nelle terre più aride, preservando il bene più prezioso a nostra disposizione: la fertilità del suolo“, spiega Serena Milano, direttrice di Slow Food Italia. “Questo bagaglio di saperi, insieme alla capacità di innovazione di generazioni sempre più sensibili al rispetto per la terra, può consentirci ancora oggi di rigenerare la biodiversità a ogni livello: dai microrganismi del suolo agli insetti impollinatori fino alla ricchezza e complessità dei paesaggi”.
Solo le comunità possono fare innovazione
“Dobbiamo superare la visione che vede innovazione e tradizione come elementi contrapposti” sottolinea Carlo Petrini, fondatore di Slow Food. “Questa dicotomia è controproducente: sono convinto che esista vera innovazione quando una tradizione ha successo. Solo le comunità possono fare vera innovazione, perché esse si fondano sulla sicurezza affettiva, sulla socialità, sulle relazioni personali: tutti fattori che hanno a che vedere con la gioia e la felicità, e dai quali può scaturire un vero cambio di paradigma”.
“Le comunità, inoltre, possono produrre innovazione perché conservano salde radici territoriali e possiedono la consapevolezza che il patrimonio esistente può generare ricadute positive in maniera diffusa” conclude Petrini. Ricordandoci come attraverso le comunità sarà possibile affrontare con successo il lungo periodo di transizione agroecologica che ci attende.
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