Uno studio rivela come i dirigenti del colosso delle fossili francese Total fossero a conoscenza dei rischi climatici legati alle attività petrolifere.
Il colosso delle fonti fossili Total, già all’inizio degli anni Settanta, era a conoscenze delle conseguenze nefaste per il clima legate alle proprie attività. A rivelarlo è uno studio pubblicato sulla rivista scientifica Global Environmental Change e curato dal Consiglio nazionale della ricerca scientifica (Cnrs), dall’Istituto di studi politici di Parigi (SciencePo) e dall’università americana di Stanford. L’analisi si basa sulle informazioni contenute negli archivi del gruppo specializzato nello sfruttamento di petrolio, così come su quelle apparse su pubblicazioni ad uso interno e interviste.
“L’accumulo di CO2 e metano modificherà inevitabilmente l’ambiente”
Ebbene, il risultato al quale sono giunti gli autori dello studio è che, a partire dal 1971, Total era cosciente del fatto che la combustione di fonti fossili provocava “la liberazione di enormi quantità di biossido di carbonio” e un conseguente aumento della concentrazione di tale gas nell’atmosfera. Un testo di 50 anni fa sottolineava tra l’altro come tale effetto collaterale delle attività economiche della compagnia fosse “assai preoccupante”.
Oggi su @lemonde due pagine illuminanti: “In un articolo sulla rivista scientifica Global Environment Change le prove che Total, gigante francese dell’energia, per anni ha costruito consapevolmente una ‘fabbrica dell’ignoranza’ per negare la crisi climatica” #ClimateCrisispic.twitter.com/ge1cmdd3Lf
Ciò nonostante, nulla è trapelato da parte del colosso francese. Eppure lo stesso Bernard Tramier, dal 1983 al 2003 responsabile ambientale presso Elf, dapprima, e poi Total, racconta di essere stato informato della gravità dei cambiamenti climatici nel corso di una riunione dell’associazione internazionale dell’industria petrolifera per la conservazione ambientale (Ipieca) fino dal 1984. Due anni più tardi, il dirigente aveva anche avvisato i massimi dirigenti di Elf, esprimendosi a chiare lettere: “L’accumulo di CO2 e di metano nell’atmosfera e l’effetto serra che ne deriva modificheranno inevitabilmente il nostro ambiente. Tutti i modelli concordano nel prevedere un riscaldamento climatico, anche se l’ampiezza del fenomeno è ancora indeterminata. È evidente che l’industria petrolifera dovrà difendersi”.
Finora solo Exxon era stata smascherata
“La novità – ha commentato Christophe Bonneuil, tra gli autori dello studio – è che si pensava finora che soltanto Exxon e i gruppi americani avessero fatto questo doppio gioco. Ci rendiamo conto invece che anche i colossi francesi del settore hanno partecipato”. Il docente universitario ha quindi definito il comportamento del settore petrolifero “una fabbrica di ignoranza”.
Anziché ammettere i rischi e avvisare l’opinione pubblica, si è scelto di “esercitare pressione, con successo, sui decisori politici che volevano ridurre le emissioni di gas ad effetto serra”. Lanciando al contempo impegni ambientali per cercare di risultare più credibili. Una gigantesca campagna di disinformazione, dunque, orchestrata con l’obiettivo di poter mantenere intatti i propri business.
[ÉDITION SPÉCIALE] Réchauffement climatique : Total savait dès 1971.
A partire dagli anni Novanta, poi, Total ha “smesso di tentare di confutare pubblicamente le scienze climatiche, ma ha continuato ad aumentare i propri investimenti nella produzione di combustibili fossili”, il tutto “minimizzando l’emergenza”. Infine, alla metà degli anni Duemila il gruppo Total (che aveva assorbito Elf nel 1999) ha scelto un’altra strategia: l’amministratore delegato dell’epoca, Thierry Desmarest, per la prima volta riconosceva la realtà dei cambiamenti climatici e le conclusioni degli scienziati. Ma adottando al contempo una posizione secondo la quale “si tentava di creare una distinzione di ruoli tra gli esperti che descrivevano il riscaldamento globale e le imprese che pretendevano di essere deputate a risolvere il problema”.
Sappiamo dunque che da decenni compagnie come Exxon e Total fossero al corrente di tutto. E con ogni probabilità è il caso anche di numerosi altri colossi internazionali del settore. Difficile comprendere come si possa oggi confidare su un loro sincero impegno per il clima, dopo mezzo secolo passato a nasconderci la verità.
Si parla tanto di finanza climatica, di numeri, di cifre. Ma ogni dato ha un significato preciso, che non bisogna dimenticare in queste ore di negoziati cruciali alla Cop29 di Baku.
Basta con i “teatrini”. Qua si fa l’azione per il clima, o si muore. Dalla Cop29 arriva un chiaro messaggio a mettere da parte le strategie e gli individualismi.