Se qualcuno fosse rimasto possibilista dopo la nomina di Sultan Ahmed Al Jaber, amministratore delegato della compagnia petrolifera di stato di Abu Dhabi, alla presidenza della ventottesima Conferenza mondiale sul clima delle Nazioni Unite, la speranza sembra già essere perduta. Gli Emirati Arabi Uniti avevano infatti tentato di sottolineare il fatto che l’imprenditore è sì a capo di un colosso delle fonti fossili, ma che è allo stesso tempo dirigente della società pubblica dedicata allo sviluppo delle fonti rinnovabili, la Masdar. Ma i primi passi diplomatici da presidente della Cop28 prevista a dicembre a Dubai appaiono decisamente in direzione del business as usual.
Secondo Al Jaber le fossili saranno ancora fondamentali in futuro
Come riportato dall’agenzia Bloomberg, Al Jaber ha reiterato ciò che aveva già avuto modo di affermare: anche nel contesto di una transizione verso le energie pulite, le fonti fossili continueranno a suo avviso a ricoprire un ruolo cruciale. Una posizione in aperta contraddizione con quanto indicato dagli scienziati di tutto il mondo, secondo i quali occorre al più presto affrancarsi da carbone, petrolio e gas. Smettendo soprattutto di investire in nuovi giacimenti e miniere.
Ciò nonostante, i primi colloqui avviati con le diplomazie internazionali da parte del sultano puntano proprio a far passare il principio della transizione “graduale”. Secondo Al Jaber, altrimenti, si rischia di creare problemi soprattutto alle economie emergenti, che in molte aree presentano ancora un accesso limitato all’erogazione di energia elettrica.
Gli Emirati Arabi Uniti prevedono di aumentare la produzione di petrolio
“Il mondo – ha spiegato il numero uno della Abu Dhabi National Oil Company (Adnoc) a margine di una serie di incontri organizzati in India – ha ancora bisogno di idrocarburi e ne avrà bisogno anche in futuro, per poter passare dall’attuale sistema energetico al prossimo. Non possiamo staccare semplicemente la spina senza prima aver completato la transizione”.
Oil and gas will have a key role to play even as the world shifts to cleaner energy, according to the president of this year’s COP summit https://t.co/8zsv1eaquV
Se però gli Emirati Arabi Uniti avessero davvero a cuore un’accelerazione nel cambiamento, è ragionevole ipotizzare che non immaginino di, addirittura, aumentare la produzione di petrolio nei prossimi anni. Se oggi infatti vengono immessi sul mercato 3,4 milioni di barili di greggio al giorno, il piano è di aumentare il quantitativo a 5 milioni entro il 2027.
Le “soluzioni” di Al Jaber: nucleare, petrolio, idrogeno e cattura della CO2
Inoltre, dall’India Al Jaber ha sottolineato come occorra puntare su sistemi di cattura e stoccaggio della CO2 (che ancora sono lontanissimi dall’essere utilizzabili su larga scala), sul nucleare (i cui tempi di costruzione e i cui costi appaiono oggettivamente incompatibili con l’urgenza di agire per limitare da subito le emissioni climalteranti) e sull’idrogeno (per il quale occorre verificare se la produzione si basi su fonti pulite o meno).
Dopo il viaggio in India, Al Jaber ha in programma visite in Europa e negli Stati Uniti. Per lui, sarà l’occasione per cercare soprattutto di convincere a limitare gli investimenti in solare e eolico, a favore del mix di “soluzioni” da lui sostenuto: “La spesa per questi fattori fondamentali per la decarbonizzazione – ha affermato – è oggi inferiore al 5 per cento di quanto viene concesso alle rinnovabili. Questo deve cambiare”. Il vecchio che avanza.
Finanza climatica, carbon credit, gender, mitigazione. La Cop29 si è chiusa risultati difficilmente catalogabili in maniera netta come positivi o negativi.
Si parla tanto di finanza climatica, di numeri, di cifre. Ma ogni dato ha un significato preciso, che non bisogna dimenticare in queste ore di negoziati cruciali alla Cop29 di Baku.
Basta con i “teatrini”. Qua si fa l’azione per il clima, o si muore. Dalla Cop29 arriva un chiaro messaggio a mettere da parte le strategie e gli individualismi.