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Tracking extinction lions: alla ricerca dei leoni quasi estinti del Kgalagadi
Raccontare la storia dei leoni “criniera nera” per comprendere meglio la sesta estinzione di massa: è Tracking extinction lions, un progetto di reportage a cui tutti possono dare un piccolo contributo.
Le popolazioni di leoni si stanno estinguendo, tutte. Non tutte però sono adeguatamente conosciute e protette. Alcune sono persino dimenticate. Lo sanno bene la giornalista ambientale Elisabetta Corrà e il fotografo esperto in fotografia naturalistica Davide Cisterna che il prossimo 8 luglio, nell’ambito del progetto Tracking extinction lions, partiranno per le praterie sabbiose e semi-desertiche che si trovano tra Sudafrica e Botswana per raccontare la storia sconosciuta dei leoni “dalla criniera nera” della Kgalgadi wilderness.
Il viaggio, che i due si stanno autofinanziando attraverso un crowdfunding, si svolgerà nell’ambito del progetto ideato dalla stessa Corrà, Tracking extinction (letteralmente Monitoraggio dell’estinzione), per raccogliere testimonianze concrete sulla sesta estinzione di massa. Quella che, silenziosamente, stiamo vivendo oggi.
Tracking extinction lions: perché raccontare proprio i leoni dalla criniera nera?
Quando parliamo di leoni, abbiamo tutti un’idea molto precisa in mente: manto dorato, folta criniera rossiccia, sguardo fiero. Immagini da documentario in TV. Eppure, non tutti i leoni sono come quelli delle foto più cliccate sui social media, e non tutti si trovano nelle riserve più conosciute. Tutte le popolazioni di questi grandi felini, però, sono a rischio estinzione.
“Tutti conoscono il Kruger e soprattutto il Serengeti, per via del lavoro eccezionale di Craig Packer sui leoni del parco, che dura ormai da tre decenni. Questo è stato sicuramente un motivo, la sfida di raccontare una vera area selvaggia – molto simile all’outback australiano – poco famosa, e apparentemente poco adatta ai leoni, che qui sono circa un centinaio” afferma Elisabetta Corrà.
Per documentare un pericolo imminente e futuro, però, bisogna partire dal passato. E allora, per il suo Tracking extinction lions, Corrà ha deciso di andare indietro nel tempo, trovare delle fonti e delle testimonianza storiche, e capire chi fossero i leoni del Kgalagadi e perché Google li descrive come ‘leoni criniera nera’. “Mi sono immersa negli archivi del Museo di storia naturale di Milano e grazie all’aiuto di uno staff fantastico ho trovato taccuini di caccia del periodo coloniale inglese e catalogazioni di tarda età vittoriana che parlano di questi leoni dalla criniera nera, oggi confinati al Kgalagadi. Questa popolazione è forse l’ultima di uno scenario più ampio, in termini quantitativi. Ma soprattutto ci racconta che cosa può diventare un leone quando ha abbastanza spazio per esprimersi nelle sue caratteristiche ecologiche”.
Tracking extinction lions: la spedizione
Corrà e Cisterna partiranno dal lato sud est del Kgalgadi, dalla !Xaus community che appartiene giuridicamente al Sudafrica ed è un ottimo esempio condiviso di gestione delle risorse naturali nel rispetto della cultura San, “perché il Kgalagadi appartiene storicamente alle popolazioni di cacciatori e raccoglitori San” precisa la giornalista. “Procederemo poi verso nord, per raggiungere la parte del parco che cade sotto la giurisdizione del Botswana e arrivare a Rooiputs e Polentswa, due avamposti che si trovano dentro i territori più battuti dai leoni. Se c’è una lezione che l’Africa insegna è che gli animali non danno appuntamenti sicuri e l’inatteso fa parte della vita”.
“Di solito i parchi nazionali finiscono sui giornali come posti adatti al turismo, ma noi vogliamo proporre qualcosa di molto diverso:”, continua Elisabetta. “una riflessione su che cosa serve ai leoni per essere leoni, e cioè un territorio da cui la pressione umana deve cedere il passo”.
I due cercheranno di documentare non solo la popolazione di questi felini dalla criniera nera, ma anche grossi branchi di orici (gemsbok) e poi i rapaci, di cui il Kgalagadi e’ ricchissimo. “Davide avrà però anche un compito molto arduo, che mette in gioco la sua sensibilità di fotografo allenata in spazi selvaggi: catturare la sensazione fisica dello spazio immenso, libero, uno spazio che ‘respira’ perché gli esseri umani sono in minoranza e a parlare è solo la storia evolutiva delle faune e quella geologica del terreno e delle rocce. Ci aspettiamo di documentare lo spazio così come lo abbiamo quasi del tutto perduto: un paesaggio, ma anche un contesto mentale”, afferma Corrà.
Tracking extinction lions: cosa puoi fare tu
Davide ed Elisabetta stanno autofinanziando la loro spedizione attraverso un crowdfunding sulla piattaforma Produzioni dal basso, perché entrambi credono nel giornalismo ambientale ben documentato, eticamente libero e sperimentale. Ma perché bisognerebbe supportarli in questa loro difficile impresa?
“Il collasso globale della biodiversità ci riguarda tutti e sostenere i giornalisti e i fotografi che lo documentano dovrebbe essere uno sforzo collettivo, un fare squadra, un modo per unire le forze e provare a fare la differenza,” ricorda ancora la giornalista. “Paolo Crepet ha appena pubblicato un libro sul coraggio e sulla copertina c’è un leone: l’autore ha scritto in questo suo saggio che l’indignazione è tale solo se il minuto dopo che ti sei indignato pianifichi un cambiamento perché quella cosa che ti ha fatto star male non accada più. Io e Davide vogliamo scrivere un reportage su questo problema, e cioè che se vogliamo i leoni dobbiamo loro concedere spazio. Punto. Cinque euro per noi sono tantissimi non solo perché ci aiuteranno a partire e a portare a casa foto e appunti, ma perché quei cinque euro in particolare ci hanno dimostrato che a quella persona il futuro del leone e del pianeta sta davvero a cuore”.
Tracking extinction lions serve a dimostrare che le popolazioni di leoni sono già ampiamente perdute in Africa e che dobbiamo sostenere in ogni modo i parchi nazionali più estesi per non lasciar scivolare nell’oblio dell’estinzione quel che resta.
E noi siamo certi che in molti saranno pronti a condividere e supportare la loro causa.
Immagine di copertina: © Deon de Villiers
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