Ci sono voluti tre anni di indagini condotte dalla Earth league international (Eli), la prima agenzia di intelligence per il Pianeta, fianco a fianco con il comitato nazionale olandese dell’Unione internazionale per la natura (Iucn). Un lavoro lungo e non privo di rischi che, alla fine, ha portato i suoi frutti: cinque dei maggiori trafficanti di giaguari in tutto il Sudamericasono stati consegnati alla giustizia. Le cinque persone, tutte di nazionalità cinese, sono ora detenute a La Paz.
Tutto nasce dal mercato nero della tigre. La medicina tradizionale infatti attribuisce proprietà benefiche ad alcune parti di questi animali; come se non bastasse, le loro zanne vengono anche trasformate in gioielli, ritenuti uno status symbol. In Asia, però, le tigri scarseggiano; ne sono rimaste meno di 4mila allo stato selvatico, spiega il fondatore di Earth league international Andrea Crosta. Le organizzazioni malavitose, però, non si sono arrese a perdere una così fiorente fonte di introiti. “Purtroppo le ossa del giaguaro sono così grosse, e i denti così grandi, da poter essere venduti come tigre selvatica”, rivela.
Si spiega così l’esistenza di una vasta rete criminale che contrabbanda parti di giaguaro, a cavallo tra Asia e Sudamerica. Un fenomeno che diventa ancora più preoccupante in considerazione del fatto che il giaguaro è classificato come “prossimo alla minaccia” (near treathened) nella Lista rossa dell’Iucn. In natura ne sono rimasti tra i 130mila e i 208mila, di cui 2-3mila in Bolivia.
Come si è svolta l'”operazione giaguaro” di Eli e Iucn
Una volta identificato il problema, Eli e Iucn hanno intrapreso già nel 2017 una lunga attività di inchiesta, denominata “operazione giaguaro“. “Da un lato ci sono gli investigatori che lavorano sotto copertura. In tutta la nostra organizzazione, siamo soltanto in tre a conoscere la loro identità”, spiega Crosta. “Io e il mio braccio destro, che proviene dall’Fbi, ci interfacciamo con le forze dell’ordine, locali e internazionali. Mettiamo a disposizione gratuitamente le informazioni che abbiamo raccolto, per aiutarle ad arrestare queste persone. Poi ci sono quattro analiste che, tramite alcuni software, processano le informazioni fornite dal team e le incrociano con quelle ricavate dai documenti e dalla rete”. Già nel 2020 la Earth league international e il comitato nazionale olandese dell’Iucn avevano svelato tramite un report le dinamiche del contrabbando, indirizzato esclusivamente verso la Cina.
Sgominati i trafficanti di giaguari tra Bolivia e Cina
Così facendo, Eli e Iucn sono riusciti a identificare cinquanta persone coinvolte e, da lì, a focalizzarsi sui cinque trafficanti di giaguari al vertice della piramide. “In tutto il Sudamerica stiamo cercando di spostare l’attenzione sui veri responsabili, non sui pesci piccoli. In Bolivia è il bracconiere locale ad ammazzare il giaguaro, ma lo fa perché alle spalle c’è un trafficante che gli offre 22 dollari per un paio di denti. Ai suoi occhi, è una cifra enorme. Quei denti però vengono rivenduti a 400 dollari già in Sudamerica e, una volta in Cina, a 4-5mila dollari“, continua Andrea Crosta. “Noi ci concentriamo proprio sulle figure più importanti, raccogliamo informazioni e alla fine aiutiamo ad arrestarle. Questa è la parte più difficile perché spesso le forze dell’ordine locali non hanno i mezzi e le competenze, o anche solo la possibilità di tradurre dal cinese”.
Dopo il successo in Bolivia, la Earth league international sta allargando la sua indagine ad altri paesi del Sudamerica. Proprio le Ande e l’Amazzonia, che figurano tra i luoghi del mondo più ricchi di biodiversità, sono al centro delle mire di queste reti criminali. A livello globale, si stima che i reati ambientali (bracconaggio, contrabbando di animali selvatici, disboscamento e pesca illegale) aumentino a un ritmo del 7 per cento annuo, attestandosi su un giro d’affari di 260 miliardi di dollari.
Un pomeriggio di confronto sui temi della biodiversità in occasione della presentazione del primo Bilancio di sostenibilità territoriale della Sardegna.
Diversi studi hanno rivalutato, nel corso degli anni, il valore delle vespe per la salute umana, grazie al loro contributo per un’agricoltura meno chimica.