La trama del film Nome di donna racconta la fatica di una madre per difendere il diritto di essere donna

Con il film Nome di donna, il regista Marco Tullio Giordana racconta la storia di Nina, una ragazza alla disperata ricerca di un lavoro e della verità in un mondo dove le violenze vengono spesso taciute.

Non è una denuncia, non è la mitizzazione di un mostro, non è la conseguenza dell’odierna risonanza mediatica di un fenomeno che esiste da millenni. È soltanto la storia di una donna, in tutta la sua semplicità. La storia di una ragazza madre che ha il disperato bisogno di un lavoro, ma l’ardente desiderio di essere un esempio per sua figlia. Nonostante la frustrazione, nonostante sembri “una che si è inventata tutto”, nonostante chi dovrebbe sostenerla sia il primo a scoraggiarla. Questa è la storia di Nina: a raccontarla è il regista Marco Tullio Giordana nel suo nuovo film, Nome di donna.

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La trama del film Nome di donna in uscita l’8 marzo

La pellicola, della durata di 98 minuti, è in uscita nelle sale l’8 marzo: proprio in occasione della Giornata internazionale della donna. La protagonista è Nina, madre di una bambina di nove anni, che da Milano si trasferisce in un paesino della Lombardia per lavorare in una prestigiosa residenza per anziani. Sembra il lavoro perfetto per lei, un luogo placido e sereno dove stringere subito un legame speciale con Ines, un’attrice nostalgica e senza peli sulla lingua.

L’atmosfera tranquilla e rilassata lascia il posto alla tensione quando Nina viene convocata a fine turno dal direttore della struttura, il dottor Marco Maria Torri. È preoccupatissima, pensa di rischiare il licenziamento; in realtà, i rischi che dovrà correre saranno ancora più alti: è da quel momento che la sua battaglia ha inizio. Una battaglia contro una torbida verità, contro i soprusi e le violenze di un uomo che fa leva sul suo potere, contro l’omertà di chi non ha il coraggio di esporsi. Per difendere il diritto di essere donna.

Il cast della pellicola diretta da Marco Tullio Giordana

A recitare nella parte di Nina è Cristiana Capotondi, che descrive il suo personaggio come una “leonessa”. Valerio Binasco interpreta il dottor Torri, mentre a prestare il volto a Ines è Adriana Asti, già vista ne La meglio gioventù, successo di Marco Tullio Giordana. Il regista ha diretto pellicole come Romanzo di una strage e I cento passi, è vincitore di quattro David di Donatello e con i suoi capolavori ha saputo dipingere un ritratto tanto tormentato quanto fedele del nostro paese.

Nome di donna non vuole proseguire sulla scia del caso Weinstein

“Coincidenza?”, commenta Giordana in un’intervista per FilmIsNow riferendosi al caso Weinstein, il produttore di Hollywood accusato di molestie sessuali da decine di donne, e agli scandali che a stretto giro di posta hanno coinvolto altri personaggi del mondo dello spettacolo. “Ad alcuni potrebbe sembrare una manna, invece un po’ mi disturba, perché quando qualcuno sente ripetere una cosa in continuazione, magari pensando che non abbia soluzione, figurati se va al cinema a sentirne parlare ulteriormente. D’altra parte questo film racconta con precisione tutto ciò che prova una persona che decide di ribellarsi. Il che potrebbe essere interessante”.

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Il regista Marco Tullio Giordana e l’attrice Cristiana Capotondi © Stefania M. D’Alessandro/Getty Images for FuoriCinema

Le tematiche che entrano in gioco sono molteplici

Il tema delle molestie sul posto di lavoro va ad intrecciarsi con quello della precarietà, della difficoltà a trovare e conservare un impiego al giorno d’oggi, che rende le persone vulnerabili perché, continua Giordana, “ci sono in gioco il proprio destino, la famiglia, il futuro”. Un film tutt’altro che scontato dunque, che cerca di capire perché, nonostante le donne abbiano lottato per guadagnarsi il proprio spazio all’interno della società, sembra che le lancette dell’orologio stiano girando al contrario. Un film che parla del coraggio di andare contro corrente, di affrontare un processo pur di tenere fede ai propri ideali, e di credere nel proprio valore. Perché non sono gli altri a decidere quanto valiamo: è la nostra fermezza nel dimostrare chi siamo.

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