Profilazione razziale, xenofobia nel dibattito politico e omofobia nel report dell’Ecri. Tra le sue richieste c’è quella di rendere indipendente l’Unar.
Trasformare i problemi in occasione di crescita
Una guida pratica per cambiare atteggiamento e soprattutto strategia nei confronti degli innumerevoli problemi che ci assillano nella vita quotidiana.
L’etimologia greca della parola “problema” – proballein, che
significa “gettare oltre” – lascia intuire il reale significato dei
problemi: qualcosa che ci fa andare oltre i nostri limiti, che ci
aiuta a gettare il cuore oltre l’ostacolo, ad allargare la nostra
zona di agio. Non è poi così difficile e i risultati
sono assicurati, basta provare.
Allarga la tua zona di agio
Ciascuno di noi si sente a suo agio a fare certe cose, mentre altre
lo mettono a disagio. Forse ti senti a tuo agio a cantare, o a
ballare, mentre parlare in pubblico ti crea grossi problemi. Per
altri è il contrario. Ebbene, cantare e ballare sono dentro
la tua zona di agio: uno spazio immaginario all’interno del quale
ti senti sicuro, a tuo agio. Superando il problema, cioè
imparando a parlare di fronte alla gente, avrai ampliato la tua
zona di agio. Per questo i problemi ci fanno migliorare:
perché espandono le nostre capacità. Perché
sono sfide che dobbiamo vincere.
Affronta le sfide
Ecco cosa sono i problemi: sfide. L’uomo medio ama le sfide. I
problemi, no; sono una brutta gatta da pelare. Ma la sfida è
qualcosa di eccitante, di stimolante. Ecco perché ti
consiglio di chiamare sfide i tuoi problemi.
Stai pensando: ma cosa cambia, è solo una questione di
parole! Eh no, ti devo correggere. Le parole sono pietre. Sono il
modo con cui etichettiamo la realtà; e attaccarle
un’etichetta piuttosto che un’altra può cambiare tutto. Lo
sanno bene i maghi del marketing: chiamare una bambola Barbie o
Genoveffa non è la stessa cosa. .
Trova le domande potenzianti
Quando hai un problema ? pardon, una sfida ? non passare tutto il
tempo a rimuginarci su, a imprecare contro il destino, a metterti
in croce. Cerca invece la soluzione. Prova a usare il 20% del tempo
per analizzare il problema e l?80% per trovare la soluzione.
Di solito facciamo il contrario. Anzi, di peggio. Passiamo l’80%
del tempo non a esaminare il problema, ma a piangerci su. E ci
poniamo domande come “Perché è capitato proprio a
me?”, “Perché sono così sfortunato?”. Oppure ci
colpevolizziamo: “Come ho fatto ad essere così cretino?” A
domande demotivanti corrispondono risposte altrettanto distruttive:
“Perché sei un idiota”, “Perché sei sfortunato”,
“Perché tutti ti sono nemici”. Risposte che ti fanno cadere
le braccia, per non dire altro; che fanno apparire il problema una
montagna altissima, insormontabile.
Prova, invece, a formulare domande diverse: Cosa c’è di
buono in questa sfida? Cosa posso imparare? Come posso
vincerla?
Ponendoti le domande giuste troverai le risposte giuste. “Chiedete,
e vi sarà dato”. dice anche la Bibbia. Chiedi le domande
giuste, e ti sarà data la risposta giusta. Chiedi domande
del cavolo, e avrai risposte del cavolo. .
Fai a pezzi i problemi!
Non sempre basta porsi le domande giuste per risolvere i problemi:
spesso serve anche farli a pezzi. Perché i problemi sono
come una pietra dura: le domande la ammorbidiscono, ma poi ci vuole
uno scalpello che la spacchi in tante parti.
Il tuo scalpello è la tua capacità di spezzare i
problemi grossi, quelli che sembrano troppo grandi per essere
affrontati, in problemini di dimensioni più maneggevoli. I
problemi grossi sono infatti quasi sempre la somma di problemi
più piccoli. Il problema va affrontato come se fosse una
montagna: se punti subito alla vetta rischi di fallire, se invece
articoli il tuo percorso in tappe ce la puoi fare.
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