Clima e sostenibilità, la Francia vuole una moratoria sulle norme europee

Il primo ministro della Francia ha annunciato la volontà di introdurre una moratoria su una serie di direttive in materia di sostenibilità.

Economie che tentennano, troppe imprese in difficoltà, estrema destra che aumenta i propri consensi ovunque. Di fronte a questo scenario, per molti la soluzione è abbandonare i pochi, insufficienti progressi effettuati sul fronte ambientale. La nuova Commissione europea, benché diretta da Ursula von der Leyen, appare orientata verso un’incisività molto meno marcata sulle questioni ecologiche. Il rapporto Draghi, chiesto dallo stesso organismo esecutivo di Bruxelles, ha spiegato che le normative ambientali rischiano di essere un fardello finanziario e burocratico troppo grande per le imprese europee. Ultimo in ordine di tempo – ma particolarmente importante sia per il peso politico della sua nazione, sia per i termini utilizzati – è stato il nuovo primo ministro della Francia, Michel Barnier.

Per il primo ministro della Francia si tratta di regole “pericolose” e “controproducenti”

Il capo del governo di Parigi ha annunciato infatti la volontà di introdurre “una moratoria” su una serie di regolamentazioni. Compresa la direttiva Csrd, che impone a partire dal prossimo gennaio un reporting alle imprese, al fine di rendere note le proprie performance ambientali, sociali e di governance (Esg) e i rischi di sostenibilità a cui sono esposte. E comprese anche le normative necessarie per la transizione ecologica.

La ragione? Secondo Barnier si tratta di regole “pericolose” e “controproducenti”. “Ciò vale in particolare per alcuni testi europei, dei quali conviene riesaminare la portata”, ha aggiunto. Una posizione simile rappresenta un problema enorme, considerato che ad esempio la direttiva Csrd rappresenta un pilastro della trasformazione delle imprese europee, per rendere più sostenibili. Politicamente, inoltre, si tratta della prima volta che un capo di governo francese mette in discussione in modo esplicito il Green Deal europeo.

Un messaggio contraddittorio inviato alle imprese europee

Va detto che dal punto di vista giuridico c’è da chiedersi in che cosa consisterebbe una moratoria. Il diritto europeo prevede infatti che le direttive debbano essere recepite obbligatoriamente da ciascun paese membro, benché a differenza dei regolamenti non si tratta di introdurle tout court: le direttive, infatti, indicano un obiettivo e lasciano poi ai singoli stati il come raggiungerlo. È in questo che potrebbero insinuarsi regole e cavilli, anche se rimane un processo difficile: proprio di recente la Corte di giustizia dell’Unione europea ha avviato procedure contro diciassette paesi membri, proprio poiché non hanno recepito la Csrd.

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Resta però il dato politico. Il rischio è infatti che alle imprese arrivi un messaggio contraddittorio, lasciando intendere che sia giusto scagliarsi contro queste normative. Al contrario, un sondaggio della società PwC ha mostrato che la maggior parte delle imprese europee non considera la direttiva Csrd come una zavorra burocratica, bensì come un’opportunità.

Procrastinare la transizione ecologica significa in realtà aumentare i costi

I cambiamenti climatici, inoltre, impongono un’azione immediata e drastica. Contrastare le normative che impongono una transizione ecologica significa aggravare la crisi che deriva dal riscaldamento globale, gli impatti e anche i costi. Poiché, come noto, il costo dell’inazione sarà certamente più alto del costo dell’azione. Ammesso che quest’ultimo sia davvero solo un’onere e non un possibile volano di una crescita nuova, diversa e più sostenibile.

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