Durante un talk organizzato da Lynk & Co e LifeGate a Milano, si è parlato di mobilità del futuro ed elettrificazione dei trasporti.
Trasporto pubblico e sharing mobility, il sud arranca (anche) a causa della pandemia
Il rapporto Svimez: il Pnrr è un’occasione per colmare il gap su trasporto pubblico e mobilità condivisa, ma vanno superati ritardi cronici e incertezze.
Sul fronte del trasporto pubblico urbano e della mobilità condivisa, l’Italia viaggia a due velocità. Il sud non solo resta indietro, ma ha anche subìto in maniera più evidente gli effetti dell’emergenza sanitaria. A fotografare il quadro è il rapporto Svimez 2021 “L’economia e la società del mezzogiorno”, che individua nei fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza un’occasione irripetibile per iniziare a recuperare il gap accumulato negli ultimi anni. A patto di convogliare le risorse verso opere infrastrutturali in grado di trasformarsi in volano economico; e di superare “ritardi, lentezze burocratiche e inefficienze amministrative” oggi non più compatibili con le regole di erogazione delle tranche di finanziamento del Pnrr stesso.
La percentuale di trasporto pubblico è crollata al 3,4 per cento
In tema di mobilità, dal rapporto Svimez emerge come il sud soffra di un duplice livello di inadeguata dotazione: da un lato quella relativa ai servizi del trasporto pubblico nelle aree urbane e, dall’altro, quella dei servizi innovativi e flessibili della sharing mobility. In particolare, nelle città metropolitane del mezzogiorno la quota di persone che usa abitualmente il trasporto pubblico locale non raggiunge il 10 per cento – contro il 19 per cento del centro-nord – per effetto soprattutto di un evidente gap delle reti di trasporto metropolitane. Inoltre la rete ferroviaria locale elettrificata al sud si attesta appena al 22,3 per cento, contro il 52,6 per cento del nord e il 98,2 per cento del centro.
In una situazione già di per sé complessa, si sono aggiunti gli effetti dell’emergenza sanitaria. Nel meridione la percentuale di spostamenti con un mezzo pubblico, già strutturalmente più bassa nel pre-pandemia, si è più che dimezzata, dal 7,5 per cento del 2019 al 3,4 per cento del 2020, a beneficio essenzialmente degli spostamenti a piedi che sono schizzati al 30,7 per cento. L’auto ha sostanzialmente confermato le proprie posizioni, mentre si sono registrati timidi passi in avanti sul fronte del tasso di mobilità sostenibile, l’indicatore che fotografa la quota di spostamenti effettuati a piedi, in bici, con mezzi pubblici o veicoli in condivisione: nel 2020 il dato è salito di tre punti percentuali, ma permangono grandi differenze fra regioni più dinamiche come la Campania e la Puglia e territori in forti ritardo come la Calabria e la Basilicata.
Mobilità condivisa, risorse del Pnrr e valutazioni della Svimez
Il gap è elevato anche per quanto riguarda l’offerta di servizi di sharing mobility, concentrati al sud solo nel 14,9 per cento dei casi. Ad esempio sono soltanto 10 i servizi attivi di monopattini elettrici nel mezzogiorno, con poco più di 4.000 veicoli: nel centro-nord i servizi attivi sono 49, con oltre 30.000 mezzi in circolazione. Analizzando alcuni indicatori di sostenibilità dei trasporti passeggeri rispetto alle emissioni inquinanti, alla sicurezza e all’efficienza delle risorse pubbliche dedicate alla mobilità, il meridione appare quanto mai debole, perché produce costi e inefficienze a carico sia dei cittadini che della finanza pubblica. In questo quadro si inseriscono le risorse del Pnrr che, sommate a quelle del Fondo complementare, destina alle regioni del sud ben 23 miliardi. L’impatto medio sui tempi di viaggio degli interventi per l’alta velocità previsti dal Piano, ad esempio, consentirà di ridurre di un quarto il tempo di percorrenza medio.
Ma la Svimez evidenzia come, al di là dell’imponente mole di fondi stanziati, “appare decisiva l’efficienza complessiva delle procedure e di spesa, al fine di assicurare il salto di modernizzazione delle politiche di investimento nel mezzogiorno”. Per l’associazione sarebbe stato inoltre opportuno nel Pnrr un maggior bilanciamento di risorse a favore delle “reti corte”, della prossimità e del trasporto delle aree urbane; ciò alla luce della crescita della mobilità attiva, della rivitalizzazione della dimensione di quartiere per effetto dello smart working e di una maggiore consapevolezza green dei cittadini. C’è il rischio, dunque, che un indirizzo degli investimenti eccessivamente orientato verso i collegamenti di lunga distanza – per altro verso indispensabili per accrescere l’accessibilità alle destinazioni di viaggio business e turistici, oltre che ai mercati globali delle imprese – non colga in pieno i bisogni diffusi della domanda, lasciando in gran parte irrisolti i nodi strutturali di congestione e bassa qualità dello spazio pubblico nelle aree urbane e locali.
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