Le azience che rilasciano più microinquinanti dovranno coprire i costi del trattamento delle acque reflue. Lo prevede una nuova direttiva europea.
- È stato raggiunto un accordo politico provvisorio tra il Parlamento e il Consiglio sulla direttiva europea sul trattamento delle acque reflue urbane.
- Rispetto alla precedente direttiva, il testo è più ampio e interviene anche sulle emissioni di gas serra.
- Sulla base del principio “chi inquina paga”, le società farmaceutiche e cosmetiche dovranno coprire parte dei costi necessari per ripulire le acque dai microinquinanti.
Chi inquina paga è uno dei capisaldi del diritto ambientale europeo. Lo sancisce il Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, la base del diritto dell’Unione: se un’azienda provoca un danno ambientale, deve ritenersi responsabile e fare tutto il necessario per prevenire o riparare le sue conseguenze. A proprie spese. Ben presto, questo principio sarà allargato anche al trattamento delle acque reflue urbane. Saranno le aziende che rilasciano più microinquinanti, incluse le microplastiche, a farsi carico della maggior parte dei costi aggiuntivi: vale a dire le società cosmetiche e farmaceutiche.
La direttiva sul trattamento delle acque reflue urbane
È quanto prevede la nuova direttiva europea sul trattamento delle acque reflue urbane, sulla quale lunedì 29 gennaio è stato raggiunto un accordo politico provvisorio tra il Parlamento e il Consiglio.
Una direttiva sulle acque reflue esiste già, ma questa revisione vuole ampliarla, innanzitutto imponendo di istituire sistemi di raccolta delle acque reflue per tutti gli agglomerati urbani da almeno mille abitanti equivalenti (e non più duemila, come prevede il testo attuale). Sono previste alcune deroghe e, in ogni caso, ci sarà tempo fino al 2035 per adeguarsi a questa disposizione. L’altro grande obiettivo è quello di rendere questo settore coerente con gli obiettivi del Green deal europeo. Per questo, entro il 2045 gli impianti di trattamento delle acque reflue urbane dovranno produrre energia da fonti rinnovabili, in loco o altrove.
Ora manca ancora l’adozione formale: dopodiché, la direttiva sarà pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea ed entrerà in vigore dopo venti giorni. Gli stati membri avranno tempo fino al 2026 per presentare i loro piani d’azione.
Società farmaceutiche e cosmetiche dovranno coprire parte dei costi
Una delle novità più rilevanti riguarda molto da vicino le società cosmetiche e farmaceutiche. Esistono infatti diverse tipologie di trattamento delle acque reflue: quello secondario prevede di rimuovere le sostanze organiche biodegradabili, quello terziario riduce il carico di fosforo e azoto, quello quaternario invece si focalizza sui contaminanti più difficili, come i composti farmaceutici, altri microinquinanti, le microplastiche.
Entro il 2045, gli stati membri dovranno assicurare che gli impianti più grandi sappiano gestire anche il trattamento quaternario. Tutto questo, però, ha un costo aggiuntivo. E a coprirlo, fino all’80 per cento, saranno proprio le società farmaceutiche e cosmetiche, perché sono loro a generare gran parte di questa contaminazione.
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