Il percorso verso il primo trattato internazionale sulla plastica è a metà strada: i delegati di 175 paesi si incontrano in Kenya a partire dal 13 novembre.
La tabella di marcia del trattato internazionale sulla plastica
Era il mese di marzo del 2022 quando, dopo anni di pressione da parte di ong, aziende, esponenti della società civile e della scienza, l’Assemblea delle Nazioni Unite per l’ambiente (Unea) ha annunciato che i paesi membri dell’Onu si sarebbero messi all’opera per siglare un trattato internazionale sull’intero ciclo di vita della plastica. Anche la società civile, l’industria e gli altri portatori di interesse possono partecipare nelle vesti di osservatori.
Il percorso è parso da subito molto complesso, tant’è che sono state fissate cinque sessioni. Dopo l’apertura dei negoziati a Punta del Este (Uruguay) a fine 2022, dal 29 maggio al 2 giugno 2023 i delegati si sono riuniti a Parigi. Gli avanzamenti sono stati, a dire il vero, piuttosto timidi. I rappresentanti dei 175 paesi si sono infatti impegnati a stilare una prima stesura entro il 31 dicembre, ma sono emerse fratture tra i paesi che adottano un approccio più interventista e quelli che, invece, premono per regole più morbide.
Quella che si tiene a Nairobi tra il 13 e il 19 novembre 2023, quindi, è la terza sessione. La tabella di marcia prevede di finalizzare il trattato internazionale sulla plastica entro il 2024 e adottarlo formalmente entro il 2025.
Today, #PlasticsTreaty talks restart in Nairobi & we want world leaders to hear our message in every language: End the Age of Plastic!
Le tre strade per ridurre la produzione di plastica
Come spiega il quotidiano inglese Guardian, il summit di Nairobi è stato preceduto dalla pubblicazione di una “bozza zero” che raccoglie le proposte di vari governi e funge da base per i negoziati.
Nella sezione sulla produzione di plastica vergine, questo documento provvisorio presenta tre opzioni. La prima prevede di fissare un obiettivo globale di riduzione, un po’ com’è stato fatto con il protocollo di Montréal del 1987 per eliminare progressivamente l’uso dei gas refrigeranti dannosi per lo strato di ozono. Un accordo che viene universalmente ritenuto come un caso di successo, perché ha permesso di raggiungere l’obiettivo in modo rapido e mirato.
🥤 Plastic may seem cheap, but its impact on our planet is anything but.
The rate at which we generate plastic waste is alarming & communities in vulnerable situations are feeling the brunt of its impacts.
La seconda strada è quella di fissare dei target globali, chiedendo però ai singoli stati di stilare la propria tabella di marcia specifica. Il modello dunque è quello dell’Accordo di Parigi sul clima: un documento che segna una posizione politica forte ma che, al contempo, non è stato seguito da misure altrettanto efficaci, come dimostra il continuo aumento della concentrazione di gas serra in atmosfera.
La terza e ultima ipotesi è quella di lasciare che siano i singoli governi a definire gli obiettivi e le politiche di riduzione. In questo caso, però, i loro interessi economici finirebbero inevitabilmente per prevalere. Per i produttori di petrolio, infatti, la plastica è la strada per restare competitivi anche in un futuro in cui la produzione di energia arriverà prevalentemente da fonti rinnovabili.
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