La Cop16 sulla biodiversità si conclude con pochi passi avanti. Cosa resta, al di là della speranza?
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Dopo nove mesi di vagabondaggio, l’orso, accusato di essere responsabile della maggior parte delle predazioni ai danni del bestiame in Trentino, è stato intrappolato.
Poche settimane fa M49 si rotolava spensierato nella neve, tra le vette del gruppo del Carega, massiccio delle Piccole Dolomiti nelle Prealpi venete. Da oggi invece l’animale, un esemplare maschio di orso bruno (Ursus arctos) di quasi quattro anni di età, trascorrerà il resto della sua esistenza in un recinto, nell’area faunistica del Casteller, poco fuori la città di Trento. Dopo 289 giorni di latitanza, infatti, la sera del 28 aprile gli agenti del corpo forestale trentino sono riusciti a catturare il plantigrado sui monti sopra Tione, nel gruppo delle Giudicarie, nel Trentino occidentale.
Su M49 pendeva un mandato di cattura emanato dalle province autonome di Trento e Bolzano, vivo o morto (nel caso si fosse avvicinato alle persone). L’orso era già stato catturato la scorsa estate, ma dopo poche ore di reclusione riuscì ad evadere, superando una recinzione alta quattro metri ed elettrificata con cavi a 7mila volt e riuscendo persino a liberarsi del radio collare che gli era stato applicato. La rocambolesca fuga gli valse il soprannome di Papillon (in onore di Henri “Papillon” Charrière, fuggito dal penitenziario dell’isola del Diavolo, nella Guyana francese), datogli dal presidente onorario del Wwf, Fulco Pratesi. Dopo l’evasione l’orso girovagò in lungo e in largo, come sono soliti fare i giovani orsi, tra Trentino e Alto Adige.
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Negli ultimi mesi, prima del breve letargo invernale, l’animale ha effettuato ampi spostamenti, ricostruiti sia tramite le osservazioni che seguendo la scia delle sue scorribande. Si è inerpicato sul monte Carega, in Lessinia, ha percorso i monti Lessini verso ovest, ha poi attraversato la valle dell’Adige dirigendosi verso il lago di Garda. Si sarebbe poi diretto verso il monte Stivo, nelle Prealpi Bresciane e Gardesan, ha attraversato la valle dei Laghi, Stenico, la val Algone e, infine, i monti che circondano Tione di Trento. Il suo girovagare, che ci ha ricordato ancora una volta la straordinaria capacità di questi grandi animali di muoversi con cognizione in un ambiente complesso e ricco di pericoli, è terminato laddove era iniziato, nei territori a lui familiari del Trentino.
#M49 sarebbe tornato a casa. Un viaggio incredibile di 9 mesi. La Provincia però vuole ancora catturarlo e richiuderlo pic.twitter.com/vRh5XIpQ3m
— Alessandro Ghezzer (@aghezzer) April 27, 2020
Nel marzo 2020, dopo il risveglio dal letargo, M49, secondo le denunce, avrebbe fatto irruzione in baite e malghe isolate nella zona di Piné, in Vigolana, sul Carega e infine fra Bondo e Breguzzo nelle Giudicarie, in cerca di cibo, e sarebbe stato protagonista di attacchi a diverse arnie. Nella malga Pontara, nel comune trentino di Bedollo, l’orso, constatata l’assenza di cibo, si sarebbe scolato una bottiglia di olio d’oliva, mentre pochi giorni dopo, in un’altra malga, avrebbe razziato un po’ di zucchero e una confezione di uva sultanina.
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Il plantigrado è stato catturato, di nuovo, perché definito un “orso problematico”. Così vengono etichettati gli animali che arrecano ripetutamente danni materiali, come la predazione di bestiame e la distruzione delle arnie, o che utilizzano abitualmente fonti di cibo legate alla presenza umana. Tali situazioni evidenzierebbero che l’orso ha perso la naturale diffidenza nei confronti dell’uomo, rendendolo potenzialmente pericoloso anche per l’incolumità delle persone.
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Nella sua breve esistenza M49 avrebbe causato numerosi danni, fino ad essere giudicato il grande carnivoro più dannoso della regione e attirandosi l’odio di numerosi allevatori. Nel rapporto Grandi carnivori 2018 della provincia di Trento viene riferito che, grazie alle analisi genetiche, M49 fu giudicato responsabile di almeno undici episodi di danno, più di qualsiasi altro orso. Mentre nel 2019 l’orso è stato ritenuto responsabile di 44 episodi, causando danni accertati per 45mila euro.
“La cattura dell’orso M49 è una pessima e triste notizia per la conservazione della natura nel nostro Paese – si legge in un comunicato diffuso dal Wwf -. Nonostante nelle ultime settimane, dopo il risveglio dal periodo di ibernazione, abbia effettuato alcune intrusioni in baite, malghe ed altri stabili (sempre disabitati), Papillon non si è mai reso protagonista di attacchi o comportamenti pericolosi verso l’uomo, al contrario di quanto avrebbe affermato la provincia autonoma di Trento, che oggi spiega che l’intervento è stato reso necessario dal comportamento di M49, pericoloso per l’uomo. La cattura di M49 rappresenta una sconfitta per tutti, e mette in luce la necessità di investire sempre più energie e risorse economiche nella prevenzione dei danni, per lavorare attivamente per la convivenza con l’uomo e evitare che simili episodi si ripetano in futuro”.
M49, che non ha fatto altro che comportarsi da orso, dovrà dunque scontare la sua detenzione nell’area recintata del Casteller. Attualmente, ha riferito la provincia, l’animale è stato immesso nell’area di preambientamento con tana e recinto interno, per consentire un suo inserimento nell’area faunistica per gradi.
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Tra il 1850 e il 1950 la popolazione di orso bruno nelle Alpi, a causa di una feroce persecuzione, precipitò fino all’orlo dell’estinzione e in Trentino negli anno Novanta sopravvivevano appena tre esemplari. Nel corso degli ultimi anni, grazie al progetto europeo Life Ursus, la popolazione di orsi sulle Alpi centro-orientali ha avuto un notevole incremento demografico, causando un conseguente aumento delle situazioni problematiche. Per evitare che questi imponenti animali, che hanno da sempre rivestito un ruolo di rilievo nell’immaginario e nella cultura della nostra specie, scompaiano ancora dobbiamo (nuovamente) imparare a convivere.
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