Ha 300 anni e può essere visto persino dallo spazio. È stato scoperto nel Triangolo dei Coralli grazie a una spedizione della National Geographic society.
Trentino, è caccia all’orso che ha aggredito un uomo
Il 22 luglio un uomo è stato aggredito da un orso nella zona della valle dei Laghi. Le condizioni dell’uomo non sono gravi, le autorità hanno subito emanato un ordine di cattura per il plantigrado.
“Vogliamo tornare ad essere padroni in casa nostra”, così la sezione della Lega Nord della Valle dei Laghi ha commentato l’episodio che ha visto protagonista Angelo Metlicovez, 70enne di Cadine, che lo scorso 22 luglio, intorno alle 19, è stato aggredito da un orso bruno (Ursus arctos) nella zona della valle dei Laghi, nel Trentino sud-occidentale. “A casa nostra” dice dunque la Lega, dimenticando, o ignorando, che quelle montagne sono anche la casa degli orsi, che un tempo le popolavano fino a quando l’uomo ha deciso che non voleva più plantigradi tra i piedi, considerati un ingombrante ostacolo al progresso e alla civiltà.
L’antico legame tra uomo e orso
La caccia senza freno ha fatto scomparire gli orsi dalle Alpi e, insieme a loro, è scomparsa l’abitudine a convivere con questi grandi mammiferi, dimenticando quanto appreso nei secoli precedenti e rimuovendo con un colpo di spugna il rispetto che la nostra specie ha sempre tributato all’orso. Per migliaia di anni l’orso ha ricoperto un ruolo centrale nella vita spirituale degli abitanti dell’emisfero boreale, fino a quando, nel Medioevo, il cristianesimo ha preferito eliminare gli antichi rituali legati al culto dell’orso, in poco tempo il grande plantigrado, simbolo di coraggio, rigenerazione e indipendenza, è stato letteralmente eradicato dall’immaginario collettivo.
L’aggressione
Angelo Metlicovez è stato aggredito e ferito dall’orso mentre passeggiava tra i boschi con il proprio cane. Secondo le ricostruzioni l’uomo, che ha riportato ferite ed escoriazioni a braccia e gambe, avrebbe cercato di difendersi per poi gettarsi in un canalone per sfuggire all’animale. A quel punto l’orso è tornato sui suoi passi e Metlicovez ha chiamato i soccorsi ed è stato recuperato dall’elisoccorso. Anche il cane, Kira, è stato recuperato e riporta diverse ferite. In base al racconto dell’uomo sembra che il cane fosse libero (mentre invece andrebbe per legge condotto al guinzaglio) e questo potrebbe aver contribuito ad innervosire l’orso che potrebbe essersi sentito minacciato
Catturate quell’orso
Sul luogo, dopo l’episodio, sono arrivati il soccorso alpino, i vigili del fuoco e il corpo forestale che hanno isolato l’area e iniziato a cercare l’orso con l’ausilio delle unità cinofile. La regione Trentino ha infatti subito emanato un ordine di cattura per il plantigrado ritenuto pericoloso. “Serve una norma per poter eliminare gli esemplari pericolosi – ha commentato l’assessore provinciale trentino all’Ambiente, Michele Dallapiccola. – È urgente che il governo si faccia carico dell’approvazione della norma di attuazione da noi depositata da più di un anno, unica strada che può consentirci di rimuovere gli orsi pericolosi. Le nostre squadre forestali stanno intensificando il monitoraggio della zona teatro dell’incidente. Lo scopo immediato è mettere in sicurezza tutta l’area e raccogliere campioni biologici che ci permettano di identificare il soggetto al fine di decidere sui provvedimenti da adottare”.
Il ritorno dell’orso
L’orso, come detto, era stato sterminato sulle Alpi italiane e vi è tornato grazie al progetto di reintroduzione Life ursus, avviato nel 1996 grazie ai finanziamenti Life dell’Unione Europea e promosso dal parco Adamello Brenta e condotto in collaborazione con la provincia autonoma di Trento e l’Istituto nazionale per la fauna selvatica. A oltre venti anni di distanza il progetto è però oggetto di aspre critiche. “Ormai è sfuggito di mano – ha affermato Claudio Civettini di Civica Trentina – questo evento dovrebbe portare alla definitiva presa di responsabilità politica da parte di coloro che non riescono più a gestire questo piano. La convivenza tra uomo e orso non è possibile, i plantigradi pericolosi devono essere spostati oppure abbattuti”.
Una convivenza possibile
Civettini si augura dunque l’allontanamento degli orsi e ne decreta l’incompatibilità con la presenza umana (senza gli orsi però quelle ritornerebbero ad essere solo montagne), eppure Homo sapiens e orsi convivono da migliaia di anni, seppure in condizioni differenti. Occorrerebbe innanzitutto cercare di prevenire i danni causati dagli orsi e informare i turisti sul comportamento da tenere in caso di incontro con l’orso e sensibilizzarli circa l’importanza di questa specie. Ma soprattutto occorre recuperare la cultura della convivenza coi grandi carnivori. Non si può bollare immediatamente come “pericoloso” o “confidente” un orso che ha aggredito un uomo, non finché non si sa se l’aggressione è stata innescata da un comportamento inopportuno da parte dell’uomo o del suo cane.
Un altro caso Daniza?
C’è chi teme che possa ripetersi il caso Daniza, la mamma orsa uccisa nel 2014 in seguito all’aggressione (per proteggere i suoi piccoli) a un cercatore di funghi. “Benché non sia ancora chiara la dinamica relativa all’aggressione di un escursionista da parte di un orso, i soliti noti, sfruttando una situazione assolutamente confusa, non hanno perso tempo per sollecitare l’adozione di misure di emergenza, quali la rimozione di un non meglio identificato esemplare – si legge in una nota diffusa dall’Enpa. – Insomma è ripartita la grancassa della campagna anti-plantigradi, che poi altro non è se non un riflesso della più generale campagna antiselvatici da tempo in atto nel nostro Paese”.
Il parere dell’etologo
Roberto Marchesini, esperto di zooantropologia e fondatore e direttore della Scuola di interazione uomo animale (Siua), evidenzia l’importanza della convivenza, che va costruita con pazienza e consapevolezza per permettere una coesistenza serena tra uomini e grandi carnivori. “Non si può pensare all’orso nei termini di un’oleografia, una cartolina o un documentario che gli abitanti e i turisti possono ammirare da lontano – ha dichiarato Marchesini. – La convivenza va costruita e implica tutta una serie di prassi che partano dalla considerazione che l’orso è un animale selvatico, che ha esigenze di movimento sul territorio e che può divenire aggressivo se minacciato nelle sue caratteristiche di territorialità e parentalità. Conoscenze etologiche che devono essere poste alla base della convivenza e che devono fare da fondamento a un’altra altrettanto imprescindibile politica dell’educazione di chi vive nel territorio. La popolazione deve essere informata su come ci si debba comportare, cosa va fatto e cosa non va fatto in quei contesti dove l’orso vive”. Proprio ad una scarsa conoscenza dell’orso potrebbe essere imputabile l’attacco. “Non si può pensare di andare a passeggiare in un bosco con un cane senza guinzaglio. Il cane fiuterà le tracce dell’animale selvatico, una volta trovato e resosi conto delle dimensioni impari, tornerà dal proprietario assieme all’orso. Anche in questo caso, l’orso che comportamento ha attuato? Ha difeso la propria incolumità e il proprio territorio. Non si tratta di un orso impazzito o sociopatico, ma di un orso”.
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