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La tribù amazzonica Yanomami è minacciata da un’epidemia di morbillo
I nativi non hanno sufficienti difese immunitarie e, se non saranno adottate al più presto misure d’emergenza, potrebbero morire centinaia di persone.
La tribù degli Yanomami vive in relativo isolamento, nelle foreste pluviali e sui monti al confine tra il Brasile settentrionale e il Venezuela meridionale, lontana dalla società dominante e da un mondo che non sente proprio. Nonostante la scelta di vivere isolati, perpetuando lo stile di vita dei propri avi, anche per gli Yanomami è difficile fuggire dalla “civiltà”. Il loro territorio è infatti invaso da cercatori d’oro clandestini che hanno portato con sé, oltre a violenza e distruzione, malattie cui i sistemi immunitari degli indigeni non riescono a far fronte. Tra queste una malattia quasi banale, che in diverse aree d’Europa è stata praticamente eradicata grazie alla diffusione della vaccinazione: il morbillo.
L’epidemia che sta decimando gli indigeni
Proprio a causa del loro isolamento geografico, gli Yanomami sono particolarmente vulnerabili alla malattia perché sono lontani dall’assistenza medica. Sul fronte brasiliano almeno ventitré indigeni si sono recati in ospedale, ha fatto sapere Survival International, il movimento mondiale per i popoli indigeni, ma la maggior parte degli ammalati non è in grado di raggiungere gli ospedali. Senza l’adozione di immediate misure d’emergenza l’epidemia potrebbe uccidere centinaia di indigeni, ha messo in guardia l’organizzazione.
L’appello di Survival
Survival International ha chiesto alle autorità del Venezuela di fornire assistenza medica immediata alle comunità remote sul fronte venezuelano. “Quando i popoli indigeni vengono contagiati da malattie comuni come morbillo o influenza, che non hanno mai conosciuto prima, sono in molti a morire. Intere popolazioni possono essere spazzate via – ha commentato Stephen Corry, direttore generale di Survival International. – Queste tribù sono i popoli più vulnerabili del pianeta. L’assistenza medica urgente è la sola cosa che può salvare queste comunità dalla distruzione.”
Un dramma di dimensioni ignote
Le notizie dei primi indiani malati sono iniziate a giungere lo scorso marzo e il numero totale di persone colpite è ancora sconosciuto. Secondo i dati riportati dalla ong venezuelana Wataniba, la malattia avrebbe colpito soprattutto persone di età maggiore ai venticinque anni e di sesso maschile. Abitualmente il morbillo colpisce invece soprattutto i bambini sotto i quindici anni di età. Non a caso gli sforzi di vaccinazione delle agenzie sanitarie statali si sono concentrati sui soggetti tradizionalmente sensibili, i bambini. Questa deviazione dal modello è allarmante perché evidenzia la vulnerabilità di intere comunità.
Un’umanità più povera
Se da un lato è evidente l’urgenza di assistenza medica per le comunità colpite, dall’altro le autorità brasiliane e venezuelane dovrebbero cercare di risolvere la piaga dei cercatori d’oro clandestini, una delle probabili fonti dell’epidemia. Tuttavia, nonostante le ripetute denunce, le autorità hanno fino ad oggi adottato poche misure efficaci per mandarli via. La scomparsa degli Yanomami per un “banale” morbillo sarebbe una sconfitta per l’umanità intera, perderemmo infatti un prezioso tassello della biodiversità umana, custode di un sapere ancestrale e insostituibile.
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