È ancora avvolto dal mistero l’incidente al largo di Trinidad e Tobago che ha provocato un grave sversamento di petrolio. Pesanti i danni ambientali.
- Il 7 febbraio, a seguito di un incidente in mare, una chiatta si è rovesciata al largo di Trinidad e Tobago iniziando a perdere petrolio.
- Le autorità locali hanno avviato un piano di contenimento, ma si temono pesanti danni ambientali.
A quasi due settimane dal disastroso sversamento di petrolio al largo di Trinidad e Tobago, nell’America centrale, la dinamica dell’accaduto è ancora parzialmente da chiarire. Quel che è certo – perché lo mostrano le immagini satellitari di Copernicus – è che il petrolio, dopo avere inquinato le acque e le coste dell’isola di Tobago, si è spostato di oltre 160 chilometri verso est, entrando nell’area marina di Grenada. Potrebbe arrivare fino al Venezuela.
Cosa è successo a Trinidad e Tobago
Era il 7 febbraio quando al largo di Trinidad e Tobago è stata avvistata una chiatta rovesciata che perdeva petrolio. Come ha spiegato il primo ministro Keith Rowley nel corso di una conferenza stampa domenica 11 febbraio, le autorità erano totalmente all’oscuro del proprietario, della provenienza e del contenuto dell’imbarcazione. Dalle indagini preliminari è emerso che dovrebbe trattarsi della chiatta Gulfstream, diretta da Panama alla Guyana: dovrebbe essersi rovesciata a seguito di un incidente con un rimorchiatore che, però, non è stato ancora identificato. Non si sa nemmeno se ci fossero delle persone a bordo.
Seppure con qualche difficoltà iniziale nell’ottenere supporto logistico, l’amministrazione di Trinidad e Tobago ha immediatamente attivato il piano di contenimento. La chiatta rovesciata conteneva, secondo le stime, circa 35mila barili di combustibile che ha continuato a fuoriuscire per diversi giorni. Per limitare i danni, è stata circondata da barriere.
Le conseguenze dello sversamento di petrolio
Il petrolio ha contaminato un’area costiera dell’isola di Tobago estesa su circa 15 chilometri, per poi spostarsi verso Grenada. C’è una certa preoccupazione soprattutto per la laguna di Petit Trou, un ecosistema molto delicato e amato dai turisti, che possono attraversare a piedi una fitta foresta di mangrovie. C’è il rischio che il petrolio soffochi le radici e si mischi con i sedimenti, diventando così molto difficile da rimuovere.
In mare, il petrolio tende a stare in superficie, trasportato da venti e correnti. Può dunque intrappolare gli uccelli marini e altri animali. Quando poi si mescola alla sabbia, sprofonda e rischia quindi di danneggiare alghe e barriere coralline – cruciali, queste ultime, per la biodiversità di Trinidad e Tobago. Le autorità locali hanno già sconsigliato di vendere e consumare pesce pescato nelle aree coinvolte. Ora si teme anche per l’impatto sul turismo: un settore che rappresenta il 25 per cento dei posti di lavoro dell’isola di Tobago.
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