L’attentato a Donald Trump ha scatenato la tempesta complottista perfetta

L’attentato a Trump è stata l’ennesima occasione per nuove teorie complottiste. Dai più semplici scherzi, ad accuse fasulle, le opinioni di complotto sono uscite ad una velocità supersonica.

Il fallito attentato all’ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump, avvenuto il 13 luglio del 2024 a Butler, in Pennsylvania, è senz’ombra di dubbio un evento epocale. E come ogni evento epocale, è in grado di generare filoni disinformativi e complottisti di ogni tipo, anche di opposto segno politico.

Tra utenti che impersonano l’attentatore, scherzi che sfuggono di mano, accuse fasulle ai democratici e ipotesi infondate di auto-attentato, la sparatoria ha scatenato la fantasia dei complottisti.

Come ha scritto la rivista The Atlantic, “le teorie del complotto sull’attentato a Trump hanno superato la realtà”; e l’hanno fatto ad una velocità supersonica.

L’incredibile vicenda di Mark Violets, il giornalista italiano accusato di essere l’attentatore

Una delle prime teorie, nonché una delle più virali, ha coinvolto, suo malgrado, il giornalista italiano Marco Violi, responsabile del sito romagiallorossa.it.

Nei momenti successivi all’attentato, mentre ancora si cercava di ricostruire la dinamica dell’attentato, che per diversi aspetti è ancora oscura, l’utente @Moussolinho ha pubblicato un post su X con una foto di Violi, descrivendolo in inglese come l’attentatore “Mark Violets, un rabbioso antifa”.

Ovviamente, non era vero: si trattava dell’ennesima trollata ai danni di Violi, che da anni è preso di mira da alcuni utenti del cosiddetto “Twitter Calcio” italiano, ossia una serie di account che trattano di calcio e temi correlati in modo prevalentemente ironico e sarcastico.

Nonostante fosse evidentemente non plausibile, il post di @Moussolinho è stato preso per buono da profili filotrumpiani di un certo peso, con la spunta blu, principalmente perché utile a imbastire una narrazione precisa: a colpire Trump sono stati gli “antifa”, i suoi oppositori politici.

A partire da lì, lo scherzo si è trasformato in una gigantesca fake news globale. La falsa notizia di Mark Violets è stata ripresa un po’ ovunque: da telegiornali negli Stati Uniti e in Messico; da giornali in Uruguay, da corrispondenti camerunensi negli Stati Uniti, e anche dalla Pravda russa.

Alla fine, lo stesso Violi è intervenuto su Instagram per dire che “le notizie che circolano sul mio conto sono totalmente prive di fondamento e sono organizzate da un gruppo di hater che dal 2018 mi stanno rovinando la vita”.

Tuttavia, il giornalista romanista non è l’unica persona a essere stata scambiata per l’attentatore, che nella realtà è il ventenne Thomas Matthew Crooks. Sempre su X, un utente si è addirittura spacciato per il responsabile del tentato omicidio di Trump, dicendo in un video, poi cancellato, di “odiare Trump e i repubblicani” e che “la polizia ha beccato il tizio sbagliato”.

Anche in questo caso si era trattato di una trollata, che però è stata presa per buona dai soliti account con la spunta blu, dai mezzi d’informazione italiani di destra e anche dal senatore di Fratelli d’Italia Lucio Malan.

David e Donald Trump
David e Donald Trump qualche giorno dopo l’attentato © Donald Trump / Facebook

Le teorie del complotto repubblicane su Biden e i democratici

Quelli appena elencati sono soltanto due tasselli di un immenso puzzle cospirazionista, alimentato dal fatto che non c’è ancora un movente credibile, né una ricostruzione definitiva della sparatoria.

In questo vuoto informativo si sono inevitabilmente infilate, per l’appunto, versioni alternative e politicamente orientate.

Dal canto loro, gli ambienti conservatori e trumpiani hanno tirato in ballo il presunto coinvolgimento del presidente Joe Biden e del deep state, lo “stato profondo”, un’espressione molto usata da QAnon e altri movimenti complottisti, nel tentato assassinio di Trump, che sarebbe un disperato tentativo di bloccare il suo ritorno alla Casa Bianca.

Questa tesi non è stata rilanciata solo da account anonimi su X e altre piattaforme, ma persino da diversi parlamentari repubblicani.

Il deputato Greg Steube della Florida, ad esempio, ha scritto su X che “hanno provato a metterlo in galera e ora cercano di farlo fuori”. Mike Collins della Georgia è andato oltre, dicendo che “Joe Biden ha dato l’ordine” perché qualche giorno ha detto di “mettere Trump nel mirino”. Il presidente aveva usato una metafora da campagna elettorale e non lo intendeva certo in senso letterale; a ogni modo, si è scusato di aver evocato quell’immagine.

Il senatore dell’Ohio J.D. Vance, appena nominato da Trump come suo candidato alla vicepresidenza degli Stati Uniti, ha affermato che “non si tratta di un incidente isolato”, dal momento che “il punto centrale della campagna di Biden è che Trump è un fascista autoritario che va fermato a tutti i costi. Questo tipo di retorica ha portato al tentato omicidio di Trump”.

E per finire, l’immancabile deputata ultratrumpiana Marjorie Taylor Greene ha incolpato “i democratici e i media” che “per anni e anni hanno demonizzato Trump e i suoi sostenitori. Alla fine qualcuno ha provato a uccidere il più grande presidente di tutti i tempi”.

Su Truth Social, il social di Trump noto per dare ampio spazio alle teorie del complotto, oltre a Biden sono stati falsamente implicati Hillary Clinton, Barack Obama, George Soros, Bill Gates e la famiglia Rothschild.

Come ha notato il quotidiano New York Times, dal giorno dell’attentato il tono dell’intera piattaforma è diventato molto più feroce e incattivito del solito. Un utente si è rivolto a Trump con queste parole: “Ci lasci sapere se c’è qualcosa che possono fare per lei cento milioni di patrioti americani dal sangue rosso (repubblicano, ndr). Dica solo una parola, signore, soltanto una parola”.

Negli ambienti più radicali, le reazioni all’attentato sono state ancora più incendiarie e violente. Jon Minadeo, leader e fondatore del gruppuscolo antisemita Goyim Defense League, ha lanciato uno Spaces, la piattaforma audio in diretta di X) dal titolo inequivocabile: “Gli ebrei hanno cercato di assassinare Trump!”.

Sul forum TheDonald, uno dei principali spazi online in cui si è istigato e coordinato l’assedio al Congresso del 2021, un utente ha scritto che “vogliono proprio la guerra”. Un altro ha aggiunto: “Sono pronto. Questa è la fottuta goccia che fa traboccare il vaso”. E un altro ha esclamato: “La. Fottuta. Guerra. Civile”.

In un canale Telegram dei Proud Boys, un gruppo suprematista e paramilitare, un membro ha detto che “hanno cercato di far fuori, Trump, da quando è diventato presidente: …ora quelli che ci hanno provato finiranno tutti quanti impiccati in pubblico”.

Le teorie del complotto dei liberal sull’attentato a Trump

Ma le teorie sull’attentato a Trump sono arrivate anche dall’altra parte dello spettro politico, cioè da liberal e democratici.

Come riporta il Washington Post, sono stati avanzati dubbi sul fatto che il sangue di Trump dall’orecchio fosse vero oppure finto; si è detto che la sparatoria è stata una false flag, ossia un’operazione sotto falsa bandiera per incolpare altri di uno determinato evento, organizzata dal servizio di sicurezza in combutta con la campagna di Trump; e infine, si è parlato di una vera e propria “messinscena” a fini elettorali.

In un post visualizzato più di un milione di volte, un utente su X ha scritto che “questa è la cosa più finta degli ultimi tempi. [Trump] sa che perderà le elezioni, così mette in piedi questa roba e urla alla folla di combattere”. Un altro ha avanzato dubbi sul comportamento degli agenti di sicurezza: “Perché gli hanno permesso di alzarsi e fare il pugno? Volete davvero mettermi in croce se penso che questa cosa sia falsa?”.

In realtà, a tal proposito, c’è una spiegazione molto semplice: Trump si è potuto alzare perché l’attentatore era stato ucciso, come si sente dalle conversazioni radio tra gli agenti.

E ancora: il consulente politico democratico Dmitri Mehlhorn ha mandato una mail a diversi giornalisti suggerendo che “la sparatoria potrebbe essere stata una messinscena” orchestrata da “Trump e Putin” per far fare una bella figura al candidato repubblicano. In seguito, dopo che la testata Semafor aveva riportato il contenuto della mail, Mehlhorn è tornato sui suoi passi.

Anche una delle foto scattate subito dopo la sparatoria, quella in cui Trump è accovacciato per terra e circondato dagli agenti, è stata ritenuta fasulla da un influencer democratico. “Il sangue è finto. La bandiera americana è al contrario. Non ci casco. È troppo perfetta”, ha scritto @LakotaMan1 al suo mezzo milione di follower su X.

Questa forma di complottismo liberal è stata definita “BlueAnon” dagli esperti di disinformazione e complottismo. Si tratta di un gioco di parole tra “Blue”, il colore ufficiale del Partito democratico statunitense, e il movimento complottista di QAnon.

Come ha spiegato il giornalista Mike Rothschild, “il paradigma Bene-versus-Male di QAnon si è impadronito del movimento anti-Trump”, spingendo alcuni oppositori trumpiani a credere che “Trump sia talmente subdolo da essere capace di fingere il suo tentato omicidio per dare una spinta alla sua campagna elettorale”.

Perché ci sono state così tante teorie del complotto sull’attentato a Trump

In generale, tutte queste teorie fanno leva su diversi bias, pregiudizi, cognitivi.

Uno di questi è il bias di proporzionalità: un evento di tale portata non può che essere il frutto di un’immensa cospirazione. È impensabile che un anonimo ventenne, di cui si sa molto poco, sia quasi riuscito a uccidere un uomo così potente. In questo senso, le tesi cospirazioniste servono a razionalizzare l’accaduto.

L’altro pregiudizio che ricorre è quello ideologico, che fa interpretare, o distorcere, la realtà in base alle proprie lenti politiche.

E non è affatto sorprendente che succeda con Donald Trump, ossia la figura più divisiva degli ultimi decenni. Lui stesso, tra l’altro, ha sempre infiammato il dibattito pubblico statunitense amplificando svariate teorie del complotto. Questa strategia martellante ha scatenato quello che la testata Vox ha definito una “crisi epistemica”, in cui “molteplici versioni della ‘verità’ sono in competizione tra loro e offuscano la realtà”.

Per finire, gli Stati Uniti stanno attraversando un momento storico di polarizzazione estrema, in cui il ricorso alla violenza il ricorso alla violenza è sempre più accettabile presso fasce sempre più ampie di entrambi gli elettorati.

Insomma: tutti questi fattori hanno contribuito a rendere l’attentato a Donald Trump una perfetta tempesta complottista.

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