
Quante imprese hanno i mezzi per far fronte a un danno all’ambiente? A dare una risposta è la rilevazione di Pool Ambiente su dati Ania.
Le ong ambientaliste presenti alla Cop 22 di Marrakech hanno accolto con timore la vittoria di Donald Trump: “Tenterà di frenare l’Accordo di Parigi”.
L’elezione di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti è arrivata come un fulmine a ciel sereno alla Conferenza mondiale sul clima delle Nazioni Unite (Cop 22). In particolare, le associazioni ambientaliste riunite a Marrakech per il summit internazionale, hanno voluto ribadire immediatamente la loro determinazione a proseguire la lotta contro i cambiamenti climatici. Nel corso della sua campagna elettorale, il neo-presidente americano si era spinto fino ad annunciare l’intenzione di “annullare l’Accordo di Parigi” raggiunto al termine della Cop 21. Una posizione estremamente preoccupante, che è stata suffragata da numerose altre dichiarazioni di Trump nelle quali il miliardario si è mostrato particolarmente incline alle posizioni dei cosiddetti “climato-scettici” (coloro cioè che negano l’esistenza del riscaldamento dell’atmosfera terrestre).
“L’elezione di Trump è un disastro, ma non può rappresentare la fine del processo climatico internazionale”, ha spiegato May Boeve, dell’organizzazione non governativa americana 350.org, che ha lanciato una grande campagna per chiedere la fine degli investimenti nelle energie fossili.
“Il nuovo presidente tenterà certamente di porre un freno all’azione avviata a Parigi – ha aggiunto l’attivista – e questo significa che da parte nostra dovremo premere ancor di più sull’acceleratore”. La stessa Boeve ha quindi lanciato un appello al resto del mondo, “affinché guardi al di là della Casa Bianca negli Usa e lavori con la società civile, con le imprese e con gli enti locali”.
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“Trump dovrà scegliere: o ascolterà la voce del popolo degli Stati Uniti e manterrà gli impegni assunti in tema di lotta ai cambiamenti climatici, oppure sarà ricordato come il presidente che ha aperto la strada del disastro ecologico”, ha tuonato Micheal Brune, della Ong Sierra Club. E se il magnate dovesse scegliere la seconda strada, “gli garantiamo che la nostra sarà una battaglia senza esclusione di colpi”.
Nel frattempo, anche Laurence Tubiana – “ambasciatrice” della Francia, incaricata di fatto di consegnare il testimone dei negoziati al Marocco – ha voluto sottolineare, parlando all’agenzia Afp, che “circa il 60 per cento degli americani ritiene che i cambiamenti climatici siano un pericolo. Il riscaldamento dell’atmosfera è una realtà che non può essere modificata dall’elezione statunitense”. La dirigente si è tuttavia detta ottimista e convinta “che tutti i paesi continueranno a fare la loro parte”.
Occorrerà però verificare le scelte in tema di politica interna che adotterà l’amministrazione Trump. Il miliardario ha infatti proposto di nominare Myron Ebell alla testa dell’Agenzia americana per la protezione ambientale, anch’egli noto scettico sui cambiamenti climatici. Ciò rappresenterebbe un segnale chiarissimo, tenuto anche conto del fatto che Ebell si è da sempre opposto con fermezza al Clean power plan, uno dei pilastri dell’impegno dell’amministrazione Obama per l’ambiente.
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