Perché la Turchia accusa gli europei di essere “fascisti”

Da giorni le relazioni diplomatiche tra la Turchia e alcune nazioni europee sono pressoché congelate. In gioco c’è la riforma costituzionale voluta da Erdogan.

La tensione è salita in maniera esponenziale nei giorni scorsi tra la Turchia, da una parte, e numerose paesi europei dall’altra. Minacce di sanzioni, accuse reciproche tra capi di stato e ministri bloccati alle frontiere hanno marcato una crisi diplomatica particolarmente profonda, che vede protagonisti, assieme a quello di Ankara, soprattutto i governi della Germania e dei Paesi Bassi. Un’escalation che è culminata domenica nelle dichiarazioni del presidente turco Recep Tayyip Erdogan, che ha parlato di comportamenti che “ricordano il nazismo e il fascismo”.
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La riforma che manterrebbe Erdogan al governo della Turchia fino al 2029

Per comprendere cosa sia successo occorre fare un passo indietro. Dopo il colpo di stato fallito del luglio del 2016 e la successiva violenta repressione del dissenso ordinata dallo stesso Erdogan – con 40mila persone imprigionate, 125mila funzionari sospesi, capi di partito arrestati, giornalisti nel mirino -, il presidente ha proposto una riforma costituzionale finalizzata ad ampliare fortemente i propri poteri. L’idea principale è di trasferire il potere esecutivo dalle mani del primo ministro a quelle del capo di stato. Inoltre, Erdogan potrebbe godere di due nuovi mandati, al potere fino al 2029.
Ma non è tutto: la giustizia, che secondo la Costituzione attuale (in vigore dal 1982) è indipendente rispetto all’esecutivo, verrebbe di fatto parzialmente controllata dal governo del presidente. Quest’ultimo infatti potrebbe nominare, assieme al parlamento, i membri dell’Alto Consiglio dei giudici e dei procuratori. Organismo deputato a nominare e destituire il personale del sistema giudiziario.

Erdogan Germania Berlino
Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan nel corso di un comizio a Berlino, nel 2014 ©Adam Berry/Getty Images

Il peso del voto dei turchi residenti all’estero

La riforma è stata adottata lo scorso 21 gennaio dai deputati turchi, ma sarà sottoposta al vaglio della popolazione attraverso un referendum che si terrà il prossimo 16 aprile. Un voto cruciale, al quale parteciperanno anche i numerosissimi cittadini residenti all’estero. In Germania sono presenti ad esempio ben tre milioni di turchi, mentre ne risultano 650mila in Francia e 400mila nei Paesi Bassi. Per questo il governo di Ankara e il partito di Erdogan, l’Akp, sono particolarmente attivi nel tentativo di convincere gli elettori ad appoggiare la riforma. Le purghe volute dal presidente nei mesi scorsi non sono però piaciute per nulla nell’Unione europea, e i rapporti diplomatici – soprattutto con alcune nazioni – si sono raffreddati fortemente. Fino a convincere alcuni governi ad annullare una serie di manifestazioni di sostegno ad Erdogan organizzate da turchi residenti all’estero.

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In Germania, numerosi meeting sono stati vietati all’inizio di marzo in più di una città. Il ministro turco della Giustizia ha annullato una visita e la reazione di Ankara è stata durissima, evocando appunto l’epoca nazista. Al contempo, in Olanda è stato vietato l’11 marzo l’atterraggio del ministro turco degli Affari esteri, Mevlut Cavusoglu. Anche lui era diretto a Rotterdam per partecipare ad una conferenza per il “sì” alla riforma costituzionale. Sempre nella giornata di sabato, il ministro della Famiglia Fatma Betül Sayan Kaya, ha tentato di entrare nei Paesi Bassi dalla Germania, in auto, ma è stata riaccompagnata alla frontiera: in questo caso il premier olandese Mark Rutte ha giustificato la decisione per “ragioni di ordine pubblico”. Ma la reazione di Erdogan è stata la stessa: “Fascisti”.
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L’Europa divisa sui rapporti con Erdogan

Altri episodi si sono verificati in Austria e Svizzera, dove due meeting elettorali dell’Akp sono stati vietati il 10 marzo (anche in questo caso per ragioni di sicurezza), mentre in Svezia (a fare marcia indietro è stato il proprietario della sala conferenze che avrebbe dovuto ospitare l’evento). Infine, in Francia il ministro degli Esteri della Turchia ha potuto partecipare ad un incontro organizzato da un’associazione, ma il governo di Parigi è finito sotto accusa per aver concesso l’ok.
D’altra parte, gli europei risultano attualmente divisi sulla strategia da adottare nei confronti della Turchia: c’è chi teme che isolarla possa lasciare campo libero all’instaurazione di un governo autoritario. Altri invece chiedono una linea dura, evocando tra l’altro il sospetto che Erdogan non rispetti l’accordo sui migranti firmato un anno fa, che dovrebbe fare della Turchia un “argine” all’ingresso in Europa di profughi in arrivo in particolare da Siria e Iraq.

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