Il parlamento della Turchiaha approvato all’unanimità, mercoledì 6 ottobre, la ratifica dell’Accordo di Parigi. La nazione euro-asiatica diventa così la 191esima al mondo ad averlo fatto: tra i pochi che ancora mancano all’appello figurano Iran, Iraq, Libia, Yemen e Etiopia.
La Turchia finora non aveva ratificato l’Accordo di Parigi lamentando iniquità
La scelta di Ankara arriva a poche settimane dall’avvio della ventiseiesima Conferenza mondiale sul clima delle Nazioni Unite, la Cop 26 che si terrà a Glasgow nella prima metà di novembre. Finora, il paese guidato da Erdogan non aveva voluto ratificare l’Accordo a causa della distribuzione a suo avviso iniqua, tra gli stati, dello sforzo necessario per ridurre le emissioni di gas ad effetto serra.
Nel frattempo, però, la Turchia ha aumentato decisamente la quantità di agenti climalteranti dispersi nell’atmosfera: il totale è cresciuto di oltre il 150 per cento dal 1990, ponendo la nazione al quindicesimo posto nel mondo, con circa 450 milioni di tonnellate di CO2 all’anno. Inoltre, il governo conservatore di Erdogan – nonostante un impegno formale a ridurre le emissioni del 21 per cento entro il 2030 – non sembra intenzionato a rinunciare alla produzione di energia elettrica attraverso la più inquinante delle fonti fossili: il carbone.
Gli eventi meteorologici estremi hanno reso centrale il tema del clima
Una serie di eventi meteorologici estremi che ha colpito il territorio turco – con violenti incendi sulle coste mediterranee e inondazioni nelle regioni settentrionali – ha tuttavia portato in primo piano la questione del riscaldamento globale. La Turchia, inoltre, combatte con una siccità persistente, che ha già obbligato alcuni produttori a rinunciare a determinate colture, se non ad abbandonare completamente le loro terre.
Turkey ratifies the Paris Agreement on climate change that seeks to limit greenhouse gas emissions pic.twitter.com/FCJlWfgNYL
L’impegno di Ankara, in ogni caso, non basterà. Le Nazioni Unite hanno già calcolato che, sulla base delle promesse finora avanzate dagli stati di tutto il mondo, la temperatura media globale crescerà di 2,7 gradi centigradi, di qui alla fine del secolo, rispetto ai livelli pre-industriali. Un valore che trasformerebbe la crisi climatica in una catastrofe. Per questo dalla Cop 26 di Glasgow ci si attende uno scatto in avanti da parte dei governi, affinché gli obiettivi di riduzione delle emissioni possano diventare ben più ambiziosi.
Si parla tanto di finanza climatica, di numeri, di cifre. Ma ogni dato ha un significato preciso, che non bisogna dimenticare in queste ore di negoziati cruciali alla Cop29 di Baku.
Basta con i “teatrini”. Qua si fa l’azione per il clima, o si muore. Dalla Cop29 arriva un chiaro messaggio a mettere da parte le strategie e gli individualismi.