Grazie alla tecnologia lidar sono state scoperte migliaia di strutture maya in Messico. Ci sono ancora molte rovine sepolte nella giungla.
Turchia, in Parlamento la riforma che darebbe pieni poteri a Erdogan
Il Parlamento della Turchia ha avviato l’esame della proposta di riforma costituzionale che potrebbe mantenere Erdogan al potere fino al 2029.
Il parlamento della Turchia ha avviato nei giorni scorsi l’esame di una proposta di revisione costituzionale che concentrerebbe la stragrande maggioranza dei poteri nelle mani del presidente. E che permetterebbe in particolare all’attuale leader della nazione euro-asiatica, Recep Tayyip Erdogan di restare al potere fino al 2029.
La Turchia verso un sistema fortemente presidenziale
La riforma instaurerebbe ad Ankara una forma di governo fortemente presidenzialista, con il trasferimento dei poteri attualmente appannaggio del primo ministro alla figura del capo di stato. Si creerebbe in questo modo un soggetto monocratico, nel quale convergerebbero i ruoli di presidente e di capo del governo. “Due comandanti fanno colare a picco le navi: a decidere deve essere uno solo”, ha dichiarato Binali Yildirim, l’attuale primo ministro, di fronte al parlamento.
Il testo della riforma è stato già approvato da una commissione parlamentare alla fine del 2016 e, secondo quanto riportato dall’agenzia di stampa filo-governativa Anadolu, potrebbe ricevere il via libera dei deputati entro un paio di settimane. Un referendum sarà quindi organizzato nei sessanta giorni successivi all’approvazione, ovvero presumibilmente tra la fine di marzo e l’inizio di aprile. Secondo le opposizioni, si tratta di un’accelerazione verso una deriva autoritaria, particolarmente evidente dopo il tentativo di colpo di Stato dello scorso 15 luglio e le purghe che lo hanno seguito. Al contrario, i membri del partito islamo-conservatore Akp di Erdogan si dicono convinti della necessità di introdurre un sistema presidenziale, al fine di assicurare stabilità di governo alla Turchia.
Manifestazioni di protesta delle opposizioni
Una manifestazione di protesta è stata organizzata di fronte al Parlamento nella giornata di lunedì 9 gennaio. La polizia è immediatamente intervenuta per disperdere la folla, utilizzando anche gas lacrimogeni e idranti: secondo quanto riportato dall’agenzia Afp numerose persone sono state ferite, tra le quali alcuni deputati del partito di opposizione Chp (socialdemocratici). Se la riforma verrà approvata, verranno disposte nuove elezioni (legislative e presidenziali) nel novembre del 2019. A partire da quel momento, chi verrà eletto alla guida del paese potrà restare in carica per un massimo di due mandati consecutivi di cinque anni ciascuno. Il che, appunto, consentirebbe ad Erdogan di conservare la propria poltrona per altri tredici anni a partire da oggi. Inoltre, il presidente potrà sciogliere il Parlamento, nominare in autonomia i ministri, dirigere le forze armate, controllare il bilancio dello stato e decretare autonomamente gli stati d’emergenza.
Per essere approvata dal Parlamento della Turchia, la proposta di riforma costituzionale dovrà ottenere una maggioranza di almeno 330 deputati (su un totale di 550). Un traguardo alla portata dell’Akp, tenendo conto che la revisione è sostenuta anche dalla destra nazionalista dell’Mhp: assieme, i due partiti possono contare su 355 seggi.
Siamo anche su WhatsApp. Segui il canale ufficiale LifeGate per restare aggiornata, aggiornato sulle ultime notizie e sulle nostre attività.
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 4.0 Internazionale.
Per molte minoranze il dritto a scegliere tra Harris e Trump alle elezioni presidenziali Usa resta un percorso a ostacoli.
Il partito Sogno georgiano confermato con il 53,9 per cento dei voti. Ma piovono accuse di brogli e interferenze. L’Ue chiede di indagare. Intanto la presidente del Paese invita alla protesta. I vincitori: “Questo è un colpo di Stato”.
Due leggi approvate da Israele a larga maggioranza renderanno di fatto impossibile per l’Unrwa operare a Gaza e in Cisgiordania. La comunità internazionale insorge.
Continua ad aumentare il numero di sfollati nel mondo: 120 milioni, di cui un terzo sono rifugiati. Siria, Venezuela, Gaza, Myanmar le crisi più gravi.
Continua l’assedio israeliano su Gaza nord, dove per l’Onu l’intera popolazione è a rischio morte. Nuovi missili contro l’Iran, mentre in Libano uccisi tre giornalisti.
Nel bacino di Kariba, in Zambia, c’è poca acqua a causa della siccità. Questo non permette di produrre elettricità e il paese è in balia dei blackout.
Dopo tredici anni di conflitto, la crisi umanitaria in Siria è una delle più gravi. Grazie anche al lavoro di WeWorld insieme alla cooperazione italiana, si cerca di dare strumenti agli studenti con disabilità per professionalizzarsi.
María Corina Machado ed Edmundo González Urrutia premiati “per la loro lotta per libertà e democrazia in Venezuela” e contro il regime di Maduro.