La Turchia continua ad opporsi all’ingresso di Svezia e Finlandia nella Nato.
Ankara accusa le due nazioni scandinave di sostenere il Partito dei lavoratori del Kurdistan.
È stato avviato un negoziato tra le parti.
Il rischio è che a pagare il prezzo più alto saranno i curdi.
L’ingresso della Svezia e della Finlandia nella Nato continua ad incontrare l’opposizione della Turchia. La nazione guidata da Recep Tayyip Erdogan ha sin dall’inizio manifestato le proprie riserve, accusando in particolare Helsinki di aver ospitato alcuni membri del Partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk), considerato di matrice terrorista da Ankara. La Svezia, al contempo, è sospettata dalla Turchia di aver foraggiato l’organizzazione curda.
Per accettare nuovi stati nella Nato serve l’ok unanime dei membri attuali
Così, mercoledì 25 maggio le due nazioni scandinave hanno inviato delle delegazioni nella capitale turca, allo scopo di avviare un negoziato che si annuncia tuttavia complesso e lungo. Si tratta di un passaggio cruciale per l’ingresso di Svezia e Finlandia nella Nato poiché, per essere approvato, esso dovrà ottenere un via libera unanime da parte degli attuali 30 membri dell’Alleanza atlantica.
La Turchia, secondo quando spiegato dalla stampa internazionale, pone una serie di condizioni. Tra queste, l’estradizione di alcune persone considerate dei terroristi, nonché la fine dell’embargo sulla vendita di armi che è attualmente in vigore proprio ai danni di Ankara.
Dalle estradizioni all’embargo sulle armi: le richieste della Turchia
Su quest’ultimo punto un portavoce di Erdogan, Ibrahim Kalin, ha accolto con favore quella che ha definito “un’attitudine positiva” da parte degli interlocutori scandinavi, nel corso dei primi colloqui. Ma il governo di Ankara ha anche voluto ribadire la propria risolutezza: “Abbiamo spiegato in modo netto il nostro messaggio: finché la Turchia non otterrà risposte sulle inquietudini che esprime in tema di sicurezza, e ciò con gesti concreti e sulla base di un calendario preciso, il processo non potrà avanzare”.
Discussions between officials from Finland, Sweden and Turkey in Ankara today, dealing with Finland's and Sweden's NATO membership and the security concerns presented by Turkey. It was agreed that the dialogue, conducted in a constructive spirit, will be continued.
La Turchia di Erdogan, dunque, appare inflessibile. Almeno finora. E soprattutto non ritiene urgente l’ingresso nella Nato di Svezia e Finlandia. Che da parte loro stanno tentando di moltiplicare le rassicurazioni: “La nostra nazione non fornisce né armi né denaro alle organizzazioni terroristiche”, ha affermato la prima ministra di Stoccolma, Magdalena Andersson nel corso di una conferenza stampa.
Un negoziato sulla pelle del popolo curdo?
La leader svedese ha anche aggiunto di essere pronta ad affrontare alcune “ambiguità” oggetto delle critiche mosse da Erdogan. Quest’ultimo, da parte sua, punta il dito su un presunto aiuto di 376 milioni di dollari, a favore del Pkk e dei combattenti curdi in Siria dell’Ygp. Nonché su presunte forniture di materiale bellico, “in particolare armi anticarro e droni”.
“Turkey’s treatment of the Kurds is now center stage,” writes @CihanTugal. “But not because allies have woken up to the injustice of Kurds’ systematic oppression.” https://t.co/82nxDChBvm
— New York Times Opinion (@nytopinion) May 27, 2022
C’è da chiedersi se, in tutto questo quadro, verranno considerate o meno le necessità dei curdi. I combattenti in Siria hanno infatti giocato, per anni, un ruolo fondamentale nella lotta contro i terroristi dell’Isis. La minoranza, inoltre, da decenni viene vessata da Ankara: non soltanto nel caso del Pkk ma anche del Partito democratico dei popoli (Hdp), il principale movimento politico filo-curdo della Turchia. Il rischio è che il negoziato tra Turchia, Finlandia, Svezia e Nato possa risolversi sulla pelle del popolo curdo.
È il primo caso di estrazione di un militante curdo come previsto dall’accordo tra la Turchia e la Svezia perché quest’ultima possa entrare nella Nato.
Behrouz Boochani è tornato in libertà nel corso di questa intervista. Lo scrittore curdo è stato tenuto prigioniero per sei anni in Papua Nuova Guinea dal governo autraliano.
Abbandonati dagli Stati Uniti, i curdi presenti in Siria sono stati attaccati dalla Turchia: “Raid intensi: due civili uccisi”. Appello delle Nazioni Unite.