A Milano un murale intitolato “Respiro” ha l’obiettivo di dare un tocco di verde in più alla città e non solo.
Tvboy. La mia arte è contemporanea, ma è anche un documento per il futuro
Tvboy è lo street artist che ci fa riflettere. Migranti, clima, coronavirus: perché l’arte contemporanea deve lasciare una traccia anche sul futuro.
Le sue opere hanno colpito, emozionato, a volte anche indignato. Quello che più importa, però, è che ora ogni sua azione, ogni sua opera faccia notizia. Com’è giusto che sia quando si parla di arte contemporanea, l’unica in grado di intercettare il momento e trasformarlo in storia. Parliamo di Salvatore Benintende, in arte Tvboy, street artist milanese e barcellonese d’adozione.
Tutti abbiamo negli occhi il bacio tra i politici Matteo Salvini e Luigi Di Maio realizzato ai tempi dell’insediamento del governo “gialloverde”. Oppure il bambino migrante su una barca di carta con la sua pagella in mano (dal titolo European parliament school report). Opere durate poco, ma che sono entrate di diritto nella storia della street art italiana. E non solo. A pochi giorni dall’uscita del libro La calle es mi museo, abbiamo raggiunto Tvboy e gli abbiamo chiesto qualcosa in più rispetto al ruolo e al significato della sua arte.
Come, quando e perché TvBoy?
Tutto inizia nel 1996. Avevo sedici anni e a Milano vedevo i primi graffiti di Dumbo e di Noce. Noce, in particolare, faceva questi graffiti in cima agli edifici. È stato lì che mi sono innamorato della street art. Però poi studiando all’università, al Politecnico di Milano – facoltà di design – sono entrato in contatto con i primi street artist. C’era un tale Abominevole che attaccava dei poster giganti, sono entrato in contatto con vari street artist italiani, ma anche stranieri, soprattutto di Barcellona.
Poi durante un viaggio ho conosciuto tutta la scena degli street artist locali, come i London police e molti altri. In quegli anni si usava avere un personaggio come firma e io avevo inventato Tvboy perché secondo me rappresentava il riassunto della nostra generazione, la generazione cresciuta guardando molta televisione. Oggi forse i ragazzi sono più degli Smartphone-boy.
Sei un italiano trasferitosi in Spagna. Come mai questa scelta?
Soprattutto per motivi personali. È vero che mi sono trasferito per lavoro perché ho trovato lavoro a Barcellona per una casa editrice di riviste di snowboard e skateboard, ma in realtà la scelta è stata per amore. Ho seguito la mia compagna, che adesso è mia moglie e abbiamo una bambina. E poi perché Barcellona è una città bellissima, molto moderna, mediterranea e solare.
Le tue opere più note hanno avuto soggetti politici: Salvini, Di Maio, Trump, Thunberg. Ma anche Clima, migranti, Covid-19.
La politica è un’ispirazione. Io scelgo di parlare della contemporaneità perché l’arte contemporanea per essere tale deve parlare dei nostri tempi, ma anche perché è un documento per il futuro. Se analizzi la storia dell’arte, tutti gli artisti parlavano del proprio periodo, da Vincent Van Gogh con “I mangiatori di patate” a Pablo Picasso con “Guernica”, ma anche andando indietro nei quadri di Diego Velásquez si vedono i vestiti dell’epoca. Quindi l’importante è che l’arte parli del proprio tempo e per questo anche la politica è importante perché è sotto gli occhi di tutti. Ma io in realtà non faccio un’arte politica, ma un’arte satirica, ovvero mi piace andare un po’ a colpire e provocare, generare un dibattito, un dialogo e stimolare in questo modo la gente a porsi delle domande.
Come vivi il momento in cui la tua opera viene cancellata?
È una cosa che all’inizio soffrivo molto, soprattutto quando c’è stato il “bacio tra Salvini e Di Maio” mi sono anche un po’ spaventato per l’azione rapidissima della Polizia. Poi però è una cosa che ho imparato ad accettare, perché vuol dire che in qualche modo hai colpito nel segno, hai provocato e ovviamente quando fai questo tipo di lavoro ci sono reazioni di questo tipo. Poi mi sono accorto che a volte quando l’opera viene censurata acquisisce ancora più forza, una forza di denuncia maggiore, perché il fatto di nasconderla la rende ancora più visibile, anche grazie ai new media, alla possibilità che continui ad esistere sui social, su Youtube e altre piattaforme multimediali.
Più in generale, come ti hanno accolto le città in cui hai espresso la tua arte?
C’è chi mi ha capito. Milano è una città molto ricettiva in questo senso, anche grazie al suo sindaco Beppe Sala. Ho notato che in genere i miei lavori vengono lasciati dove sono. Mentre a Roma è “sopravvissuto” solo quello di Virginia Raggi come Wonder woman, mentre tutti gli altri sono stati cancellati. Però ci sono anche altre città che rispettano la mia arte e Barcellona sicuramente è una di queste. La sindaca Ada Colau mi ha scritto una breve introduzione per il libro uscito il 2 giugno, che si chiama “La strada è il mio museo”. Poi anche in Italia, la città di Sorrento mi ha ospitato per fare un murale che poi è stato inaugurato dal sindaco. E poi Palermo, che è una città a cui tengo molto perché è la mia città natale. Ci sono sicuramente delle eccezioni e delle isole felici. Anche il sindaco di Taormina ha fatto restaurare la “Santa Carola” che era stata cancellata da un simpatizzante leghista. Quindi ci sono dei segnali positivi, c’è speranza che questo tipo di arte venga apprezzato.
Cosa si può ammirare dalla tua arte in giro per l’Italia?
Novate Milanese è la città in cui sono cresciuto, ma lì non ho fatto quasi nulla perché ho sempre preferito che l’opera fosse molto visibile, quindi andavo a Milano. A Palermo c’è “Santa Rosalia”. Non posso rivelare in anticipo le mie future destinazioni, anche perché il coronavirus non sta aiutando molto in questo senso, però senza dubbio la mia è un’arte che vive dell’effetto sorpresa, quindi dare un’anticipazione farebbe perdere tutto l’impatto. Però posso dire che sto lavorando ad un progetto di una mostra molto importante che si terrà nel 2021 e rappresenterà un punto significativo nella mia carriera.
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