Scavi a Chernobyl: rischio radiazioni per milioni di persone, dicono esperti

A pochi chilometri di distanza dal famigerato reattore 4 di Chernobyl, è in corso il drenaggio del fiume Pripyat per costruire un nuovo canale artificiale.

Avviare un’imponente opera di scavo a un passo dal luogo in cui è avvenuto il peggiore incidente nucleare della storia. Accade a Chernobyl, per la precisione nel fiume Pripyat. In spregio alle raccomandazioni degli esperti che, invece, ribadiscono con forza: intervenire troppo in prossimità del reattore comporta pericoli inaccettabili.

Pripyat, nel cuore del disastro di Chernobyl

Il fiume Pripyat scorre tra Ucraina e Bielorussia per poi confluire nel Dnepr. Il suo corso, lungo poco più di 700 chilometri, attraversa anche la cosiddetta zona di esclusione, cioè quell’area di 30 chilometri di diametro intorno a Chernobyl che è stata interdetta agli esseri umani. A causa del disastro nucleare del 1986, infatti, la zona resterà contaminata per almeno 24mila anni. Pripyat era anche il nome di una città che all’epoca contava 49mila abitanti ed era soprannominata “la città dei fiori” per la fitta presenza di aree verdi. Con l’esplosione del reattore è stata immediatamente evacuata. Oggi restano soltanto gli edifici abbandonati, recentemente trasformati in attrazioni turistiche.

Pripyat, Chernobyl
Quello che un tempo era l’ufficio postale di Pripyat @ Mick De Paola/Unsplash

In corso il dragaggio del fiume Pripyat

A luglio hanno preso il via le operazioni di dragaggio di 100mila metri cubi di sedimenti del fiume Pripyat. Ad aggiudicarsi l’appalto è stata l’azienda ucraina Sobi. I lavori si inseriscono in un vasto progetto infrastrutturale volto a creare una nuova via d’acqua chiamata E40 che collegherà il mar Baltico con il mar Nero, attraversando Polonia, Bielorussia e Ucraina. Secondo quanto riportato dalla coalizione ambientalista Save Polesia, gli scavi sono iniziati in almeno sette punti diversi, cinque dei quali distano meno di dieci chilometri dal reattore 4.

Una scelta in aperto contrasto rispetto all’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Iaea) che raccomanda di lasciare intoccata l’area di esclusione. Le opere di drenaggio espongono al rischio di radiazioni 28 milioni di persone, sostiene uno studio scientifico indipendente condotto dall’organizzazione francese Acro. Per l’operatività del canale artificiale E40 – aggiunge Save Polesia – bisognerà effettuare scavi ogni anno, diffondendo ancora di più le sostanze radioattive. “Questo potrebbe contaminare l’approvvigionamento idrico di otto milioni di persone, inclusa la popolazione di Kiev. L’irrigazione e l’uso dei sedimenti per l’agricoltura, invece, rischiano di contaminare le derrate alimentari da cui dipendono 20 milioni di cittadini ucraini”, continua l’organizzazione.

I punti deboli del progetto E40

“È fuori dubbio che l’Ucraina abbia bisogno di migliori collegamenti con i paesi confinanti e anche con quelli più lontani, compresa l’Unione europea, ma la via d’acqua E40 non è l’unica opzione”, continua la nota di Save Polesia. Oltre al rischio di contaminazione, questa grande opera avrà un impatto diretto su 38 aree naturali protette, inclusi alcuni siti della rete europea Natura 2000.

Già nel primo anno di costruzione si prevede di estrarre 6 milioni di metri cubi di sedimenti dal fiume Pripyat, abbastanza per riempire duemila piscine olimpioniche, modificando il suo ecosistema per sempre. Anche sulla convenienza economica non è ancora stata detta l’ultima parola. Un’analisi indipendente calcola i costi di costruzione in oltre 13 miliardi di euro, almeno un miliardo in più rispetto a quanto previsto dai primi studi di fattibilità.

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