La campagna Vote for animals, promossa da Lav e altre organizzazioni, mira a far assumere a candidati e partiti un impegno maggiore sul tema dei diritti animali.
Guerra in Ucraina, vietato l’ingresso in Italia agli animali provenienti da canili e rifugi
Gli animali domestici dell’Ucraina provenienti dai rifugi e dai canili o privi di un proprietario effettivo non potranno entrare sul suolo italiano.
- Gli animali domestici in arrivo dall’Ucraina non potranno entrare in Italia se privi di un proprietario effettivo.
- Un problema per i cani e i gatti dei rifugi e dei canili del territorio ucraino.
- La decisione del nostro ministero della Salute è stata presa per prevenire eventuali focolai di rabbia.
- La rabbia è una zoonosi, quindi una patologia che può essere trasmessa dagli animali all’uomo.
È ufficiale. Gli animali che arrivano dall’Ucraina non potranno entrare nel territorio italiano se randagi o provenienti da rifugi e canili. Lo ha chiarito una nota del nostro ministero della Salute – ma alla decisione si è allineata tutta l’Europa – indirizzata alle principali associazioni animaliste italiane che dall’inizio della guerra fra Russia e Ucraina hanno attivato corridoi per supportare i profughi in viaggio con i loro animali, senza dimenticare gli ospiti a quattro zampe dei rifugi e dei canili presenti nel paese.
La situazione attuale
Il divieto promulgato dal ministero della Salute colpisce soltanto gli animali che sono sprovvisti di un proprietario e che sono stati prelevati da associazioni e volontari da un canile ucraino o che vagano liberi nel territorio del paese. “In condizioni normali, per poter oltrepassare le nostre frontiere, cani, gatti e furetti devono essere identificati tramite un microchip, essere muniti del certificato sanitario rilasciato da un veterinario ufficiale dell’autorità competente del paese terzo che attesti, oltre all’esecuzione della vaccinazione, anche l’avvenuta attuazione, con esiti favorevoli, della prova di titolazione degli anticorpi neutralizzanti post vaccinali nei confronti del virus della rabbia”, spiega la dottoressa Rebecca Bragadin, presidente dell’Admv (Associazione donne medico veterinario), uno degli organismi che hanno promosso il sito Vets for Ukraine che si occupa, fra le altre cose, proprio dell’accoglienza dei nostri amici a quattro zampe.
Il 1 marzo 2022 il ministero della Salute ha però deciso di permettere agli animali privi di passaporto europeo di viaggiare con i compagni umani ed essere accolti negli stati membri dell’Ue. Il tutto, però, solo a patto di ottemperare ad alcune specifiche condizioni. Ai paesi confinanti con l’Ucraina è stato richiesto, infatti, di comunicare alle autorità competenti le specie e il numero di animali, il nome della persona di riferimento e l’indirizzo di destinazione per informare preventivamente i servizi veterinari territorialmente competenti nella gestione; provvedere a eventuali vaccinazioni mancanti, alla titolazione anticorpale e ottemperare a possibili stati di quarantena. L’obiettivo principale è quello di prevenire la diffusione della rabbia, una delle più temibili zoonosi; al momento è assente dal nostro paese, ma potrebbe riproporsi con un allentamento delle regole vigenti e dei divieti esistenti in merito alla sua profilassi.
I randagi dell’Ucraina e il problema rabbia
La rabbia è una malattia capace di effettuare il salto di specie, che non è presente in Italia da tempo, ma è ancora molto diffusa in Ucraina e in altre nazioni dell’Europa orientale. Secondo le informazioni fornite al ministero della Salute dal centro di referenza nazionale della rabbia dell’Istituto zooprofilattico sperimentale delle Venezie, nell’anno 2021 l’Ucraina ha notificato al Rabies bulletin Europe 132 casi di rabbia nei mammiferi selvatici (volpe in testa) e ben 265 casi negli animali domestici, di cui 109 nei cani e 130 nei gatti. La distribuzione dei casi è omogenea su tutto il territorio ucraino, lasciando pertanto ipotizzare una circolazione diffusa nelle aree selvatiche di quelle zone.
“La rabbia, purtroppo, è una malattia subdola che può rimanere latente nell’animale per un lungo periodo senza presentare sintomi di sorta. E, prima della sua manifestazione, il cane o il gatto possono contagiare altri soggetti contribuendo così al diffondersi della malattia”, spiega Rebecca Bragadin. Un pericolo che pare giustificare le decisioni del nostro ministero della Salute, ma che espone gli animali coinvolti a una situazione difficilissima. Per questo motivo, le principali organizzazioni che si occupano della tutela dei diritti animali nel nostro paese hanno chiesto alle autorità competenti di farsi carico dell’introduzione in Italia degli esemplari provenienti dai rifugi o vaganti sul territorio ucraino, magari al seguito di associazioni regolarmente riconosciute e operanti sul suolo nazionale.
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