Uno degli strumenti che probabilmente utilizziamo di più quando ci spostiamo è il navigatore. Grazie alle immagini satellitari è quindi possibile spostarsi per la città o raggiungere il luogo di vacanza. Con dettagli sempre più precisi alcune immagini satellitari riescono a mostrare dettagli incredibili. Questa tecnologia ha facilitato la vita di tutti i giorni, ma anche la vita dei ricercatori. Infatti, grazie a queste immagini è possibile monitorare gli spostamenti delle specie oppure scoprire nuove colonie in luoghi decisamente remoti, proprio come è successo a Verleger Point, nell’Antartide occidentale, dove è stata scoperta una nuova colonia di 500 pinguini imperatore.
Una colonia di pinguini vista dall’alto
Lungo le coste dell’Antartide qualche giorno fa si è aggiunta una nuova colonia di pinguini imperatori alle 65 già conosciute. Come più della metà di quelle già osservate, anche questa è stata scoperta grazie all’utilizzo di immagini satellitari. In questo caso sono state utilizzate le immagini della missione satellitare Copernicus Sentinel-2 della Commissione europea confrontate con le immagini ad alta risoluzione del satellite Maxar WorldView-3, americano. È da quindici anni che i ricercatori della British Antarctic Survey (Bas) analizzano immagini satellitari alla ricerca di nuove colonie di pinguini – una curiosità: la cosa che cercano maggiormente sono le macchie di guano (la cacca), un segnale rivelatore della presenza di una colonia. Purtroppo, gli scienziati sono preoccupati, poiché questa piccola colonia si trova in una delle zone maggiormente colpite dalle recenti perdite di banchisa.
Scientists have discovered a new emperor penguin colony at Vergler Point, Antarctica 🐧
They used satellite mapping technology to spot the penguins and their guano – visible in this amazing aerial image.
I pinguini imperatore sono gli unici pinguini che per riprodursi preferiscono la banchisa alla terra ferma. Questo rende molto complicato il lavoro degli scienziati che, oltre a questo, devono affrontare aree remote, inaccessibili e con temperature che raggiungono facilmente i meno 60°. La loro preoccupazione è comprensibile. Infatti, il ghiaccio è fondamentale, soprattutto da aprile a settembre, perché in questo periodo i piccoli stanno accumulando energie e se dovessero finire in acqua morirebbero sicuramente annegati o per il freddo. Oltretutto, anche la dimensione della colonia gioca un ruolo chiave nella sopravvivenza. In particolare durante gli ultimi mesi di cova – portata avanti dai maschi – perché più una colonia è grande più, avvicinandosi uno con l’altro, riescono a proteggersi dalle gelide tempeste invernali, portando a termine la covata.
Le previsioni non sono delle migliori
Negli ultimi anni si è già assistito alla perdita di alcune colonie a causa dei cambiamenti climatici. Una a Marguerite Bay studiata fin dagli anni 40, e un’altra a Halley Bay rimasta stabile per oltre cinquant’anni. Dal 2015 la perdita di ghiaccio ha subito un’accelerazione. Secondo gli esperti nel 2022 le condizioni del ghiaccio sono state le peggiori mai registrate e si prevedono numeri ancora più allarmanti per quest’anno. Dalle ultime stime se non arrestiamo le emissioni rischiamo di perdere circa il 90 per cento delle colonie di pinguini. Tuttavia, lavorare su scala locale per proteggerli non è la soluzione al problema poiché qui si sta parlando di una problematica globale. La conclusione triste è che la maggior dei pinguini non vedrà mai un uomo in vita sua, ma a causa dell’uomo rischierà di scomparire.
Ha 300 anni e può essere visto persino dallo spazio. È stato scoperto nel Triangolo dei Coralli grazie a una spedizione della National Geographic society.
Un pomeriggio di confronto sui temi della biodiversità in occasione della presentazione del primo Bilancio di sostenibilità territoriale della Sardegna.