Sette idee per vivere l’atmosfera natalizia tra lo shopping nei mercatini, passeggiate in borghi vestiti a festa e mirabili opere d’arte.
Sahrawi Un canto dal deserto
Mariem Hassan: una voce, una speranza. Un messaggio dolce ma determinato, quello della famosa cantante sahrawi, popolo nomade in lotta per la sopravvivenza.
Nel Sahara occidentale c’è un muro di sabbia lungo 2700
km che da oltre trent’anni divide un popolo antico, tenace e
orgoglioso, quello sahrawi, in lotta per la sopravvivenza e il
diritto all’autodeterminazione. Gente pacifica, con un’antica
cultura, che un tempo viveva nomade e libera.
Nel 1975 il Marocco ha occupato la sua terra con una guerra
ingiusta e mirata soprattutto a distrarre l’attenzione della
popolazione marocchina, già oppressa dal regime monarchico
di Hassan II, da ben altri problemi interni. Oggi, gran parte del
popolo sahrawi vive in esilio e in dignitosa attesa, in campi
profughi situati in una delle aree più aride e inospitali
del sud dell’Algeria. Vive in tendopoli e case di fango e grazie
agli aiuti internazionali. Già due generazioni sono nate
fuori dal proprio paese e non conoscono altro che le pietre del
deserto algerino. Mariem Hassan è la cantante più
rappresentativa di questo popolo fiero e determinato.
Nata nel 1958 da una famiglia di pastori nomadi, nei pressi di
Smara nello Uadi di Saggia el Hamra, ex avamposto coloniale
spagnolo nel Sahara Occidentale, terza di dieci figli, ha iniziato
cantando in famiglia. Nella società sahrawi la musica ha un
forte legame con la poesia ed è molto importante in ogni
ambito celebrativo. Quando c’è un matrimonio o un battesimo
o una festa ci si riunisce per cantare, suonare e danzare. Per fare
musica spesso basta molto poco, qualche tebales (grossi tamburi di
legno su cui è fissata una pelle di capra) e le voci. Se non
ci sono i tebales, si batte il tempo sulle caraffe dell’acqua o con
le mani, e si canta tutti insieme.
Come per gli altri popoli islamici, anche nella cultura sahrawi
c’è una stretta relazione tra musica e religione. Quelli del
Medej, per esempio, sono canti religiosi che appartengono alla
tradizione musulmana, sono dunque dedicati al Profeta. Si tratta di
composizioni molto antiche, alcune delle quali in arabo classico e
altre in hassanìa, la lingua sahrawi. Alcuni canti del
Medej non mancano mai nei concerti che Mariem Hassan e il suo
gruppo tengono in ogni parte del mondo. Mariem è
autodidatta, non ha mai studiato la musica, l’ha imparata dai suoi
amici e dalla sua famiglia, dal suo popolo. Era molto giovane
quando ha cantato per la prima volta in pubblico, ad una festa.
Più tardi, nei campi profughi, è entrata a far parte
del gruppo musicale El Wali che con le sue canzoni rivoluzionarie
ha fatto conoscere la causa del popolo sahrawi in tutto il
mondo.
Oggi Mariem è un’artista affermata e impegnata, che gira
ininterrottamente con il suo gruppo da una città all’altra,
da un paese all’altro. Il suo messaggio è forte e chiaro:
far conoscere al mondo la cultura del suo popolo, tenere alta
l’attenzione sulla causa sahrawi, su un conflitto che dura da oltre
trent’anni e che deve essere risolto dagli organismi internazionali
in tempi rapidi se non si vuole consumare l’ennesimo genocidio. “Io
e il mio gruppo portiamo nel mondo le canzoni di un popolo
rifugiato che è stato allontanato con la forza e con le armi
dalla sua terra trent’anni fa.
Il mio desiderio e quello di tutta la mia gente è che si
sappia dunque cosa è accaduto perchè ognuno possa
fare qualcosa per aiutarci”. Mariem Hassan vive oggi in Spagna,
nei pressi di Barcellona. Quando non è in tournèe si
dedica alla professione di infermiera e sogna di ritornare presto
nel suo Sahara, in quei luoghi di straordinaria bellezza che canta
nella bellissima e struggente “Sahara te quiero”.
Maurizio Torretti
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